Storia della nascita della normativa per contrastare le infiltrazioni mafiose nelle istituzioni (III parte)

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
21 Aprile 2018 08:30
Storia della nascita della normativa per contrastare le infiltrazioni mafiose nelle istituzioni (III parte)

Continua il viaggio della nostra Elena Manzini nella storia della nascita della normativa per contrastare le infiltrazioni mafiose. La prima puntata è stata pubblicata il 14 aprile, la trovate a questo link: https://www.primapaginacastelvetrano.it/storia-della-nascita-della-normativa-per-contrastare-le-infiltrazioni-mafiose-nelle-istituzioni-i-parte/ la seconda puntata è stata pubblicata il 18 aprile, la trovate a questo link: https://www.primapaginacastelvetrano.it/storia-della-nascita-della-normativa-per-contrastare-le-infiltrazioni-mafiose-nelle-istituzioni-ii-parte/ Oggi vi proponiamo la terza parte: Il potere di scioglimento da parte dello Stato è previsto allorchè ricorrano due situazioni: - i collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata; -  le forme di condizionamento degli amministratori, ovvero quando le suddette forme di condizionamento risultino "tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica".

L’art 143 del TUEL esige, perciò, una  consequenzialità tra l'emersione, da un lato, di una delle due situazioni suddette e dall'altro, di una delle due evenienze, l'una in atto, la compromissione della libertà di determinazione e del buon andamento amministrativo, nonché del regolare funzionamento dei servizi; l'altra conseguente ad una valutazione di pericolosità, espressa dalla disposizione impugnata con la formula: “tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”.

Vi è altresì da mezionare l'intervento della giustizia amministrativa che ha precisato quanto segue: "lo scioglimento temporaneo di un Consiglio comunale ex art. 15 bis, l. 19 marzo 1990 n. 55, per infiltrazioni mafiose, costituisce una misura di carattere straordinario che non ha finalità repressive nei confronti di singoli, ma concerne piuttosto la salvaguardia della p.a. di fronte alla pressione ed all’influenza della criminalità organizzata e, quindi, si giustificano gli ampi margini d’apprezzamento non traducibili in addebiti personali, ma tali da rendere plausibile, nella concreta realtà contingente, e in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi della possibile soggezione degli amministratori locali alla criminalità stessa”, "il sindacato sulla legittimità del decreto di scioglimento di un Consiglio comunale o provinciale per infiltrazioni mafiose e la valutazione delle acquisizioni probatorie in ordine a collusioni e condizionamenti non può essere effettuata estrapolando dal materiale acquisito singoli fatti ed episodi, al fine di contestare l’esistenza di taluni di essi ovvero di sminuire il rilievo di altri in sede di verifica del giudizio conclusivo sull’operato dell’organo consiliare.

In presenza di un fenomeno di diffusa criminalità, gli elementi addotti a riprova di collusioni, collegamenti e condizionamenti vanno considerati nel loro insieme, giacché solo dal loro esame complessivo può ricavarsi la ragionevolezza dell’addebito mosso al Consiglio comunale di incapacità, nel determinato contesto ed a prescindere da responsabilità dei singoli, di esercitare l’attività di controllo e di impulso cui è deputato per legge” (Consiglio Stato, sez. IV, 6 aprile 2005, n.

1573). Il giudice amministrativo (Consiglio Stato, sez. V, 4 maggio 2005, n. 2160) che l'art. 143 del . lg. 18 agosto 2000 n. 267, conferisce alle massime autorità istituzionali  potere  ed "ampiamente" discrezionale che non necessita dell’accertamento di quei presupposti di fatto della responsabilità dei singoli amministratori che per essere provati in modo certo e conclusivo richiedono lo svolgimento di procedimenti giurisdizionali o assimilati.  Inoltre i presupposti per l’esercizio di detto potere devono essere valutati non con riguardo a singoli episodi e vicende amministrative ma nel loro insieme, e per la loro idoneità ad esprimere un reale pericolo di infiltrazioni mafiose nelle amministrazioni locali.

Altro requisito necessario per lo scioglimento degli organi elettivi degli enti locali  costituito dall’attualità del pericolo alla libera determinazione degli amministratori locali nella gestione della cosa pubblica. La  sentenza n. 3386 del 21 giugno 2002 della V sezione del Consiglio di Stato un principio fondamentale in materia: "“per lo scioglimento di un organo consiliare di un comune per infiltrazioni mafiose non occorre che vi siano prove in senso giuridico o circostanze tali da giustificare l’applicazione di misure di sicurezza essendo in realtà sufficiente che le motivazioni del provvedimento si basino su fatti e circostanze plausibili ed adeguatamente risultanti dagli atti”.   Gestione commissariale Il provvedimento di scioglimento degli organi elettivi (effettuato tramite decreto del Presidente della Repubblica, dopo la delibera del Consiglio dei Ministri e su proposta del Ministro dell'Interno), in un certo senso viene "subito" dal popolo che percepisce di essere coinvolto in una sorta di girone dantesco della criminalità, che però non è certo il fine della legge.

Nasce una sorta di "risentimento" verso il potere centrale dello Stato (condivisibile viste alcune gestioni commissariali) capace di mostrare solo il suo lato autoritario. Cosa che da come una sorta di imput alla strumentalizzazione da parte delle cosche mafiose.  Si evince quindi che eccesso di autorità e decisioni "da lontano" non sempre danno i frutti sperati. Anzi generalmente vengono ad acuirsi problemi atavici e se ne creano di nuovi e forse peggiori. Emergono quindi gravose responsabilità che ricadono sia su chi ha l'onere di disporre interventi sia su chi, incaricato della gestione dell'Ente, ha il compito, prioritario, di ripristinare la legalità, ma deve, nel contempo, dare risposte concrete alle necessità dei cittadini, soprattutto sul versante dei servizi che, spesso nella maggior parte dei comuni sciolti per mafia risultano essere carenti se non del tutto assenti.

Servizi che però, in alcune occasioni, sono risultati ancora più scadenti dopo le gestioni commissariali. A livello gestionale e grande ostacolo delle Commissioni Straordinarie è l'inadeguatezza della burocrazia locale: scarse professionalità, affidabilità, quando non vero e proprio inquinamento del personale (reclutato su base clientelare. Come non pensare al voto di scambio, alle parentele...). Sarebbe opportuno quindi si potesse far ricorso a personale esterno, qualificato e non implicato in "amicizie clientelari", prevedendo misure tempestive di mobilità.

Amministrare un Ente, sciolto per mafia, con i medesimi funzionari, talvolta concausa dello scioglimento è assurdo (ma accade più spesso di quanto si pensi). Il I° comma dell'art. 145 del TUEL da la possibilità all'inserimento di personale di altre Amministrazioni, ciò però non basta, soprattutto per la carenza di professionalità disponibili a mettersi in gioco in realtà sociali ostili.   Elena Manzini Fine Terza Parte Continua

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