Tra le frasi tipiche del sicilianismo, come la etichetterebbe bene una certa moda sciasciana, c'è anche questa: "amunì cucì, a mia mi lu po' diri"; forse questa non è tra le più pericolose immagini, ma di certo tra quelle che rivelano un'indole, una appartenenza, un codice, una sociologia dei valori. Un risvolto della predica buona che non rivela affatto una pari intenzione di vita. Ma ê una frase banale, tra le tante banali, si dirá il caro lettore... Non proprio. Essa esprime una certa esperienza della Sicilia, e facendo le pulci ai nessi, proveremo, scherzando, ma non troppo, a dilatare il filo .
La frase, a mio avviso, presuppone tre cose. 1) "A mmia". L'ego di chi non si ritiene in media con tutti gli altri - ma anzi si ritiene eccentrico, a parte, privilegiato - esplode in tutta la sua sconfinata freschezza. In quell'esclusivitá che elegge se stesso a confessore, padre, amico stretto, voce della coscienza, grillo parlante e badante, riposa la stessa indole siciliana che vuole le regole sempre valide per gli altri. Traduco. Se a me, solo a me, a me che ho capito tutto, mentre gli altri no, tu puoi rivelare ciò che a nessuno può essere chiaro, se non come versione ufficiale, quindi falsa, io divento il termine linguistico non solo della confessione, ma la misura della vera verità.
Quella che per tutti gli altri è "la verità da bere", per me invece è un'altra, un diversivo, un abbaglio, una ipocrisia. Io ho capito tutto, ecco perché puoi dirmi la verità. Tutti gli altri no. Gli altri non capiscono una mazza. 2) "Me lo puoi dire": la certezza di una versione segreta, una non ufficiale, una verità più vera che non si può offrire a tutti, ma solo a quell' "A mmia" che ha capito tutto, mentre il mondo no. In questa concessione esclusiva risiede tutta la potenza del linguaggio siciliano.
Non dici a tutti, non devi o non puoi, mentre "a mmia" che sono unico conoscitore del Secretum che ti abita, tu "puoi" dire la verità. Che tra l'altro ho già capito. Quindi il tuo potere non è vincolante sulla verità. Io già so. Tu "puoi" confermare. Ma io già so. 3) "Amunì, cucì". Sembrerebbe una fase di stile, rituale. Invece in quell'invito alla prossimità quasi parentale risiede tutta la elezione di chi si sente come te, tuo pari e anzi, tuo affine. In virtù di una cuginanza universale vengono apparentati i furbi, coloro che hanno compreso, e si crea il loro legame come "famigghia", contro tutto il resto del mondo.
Lo stesso mondo che si deve accontentare delle versioni ufficiali, risibili. Perché la verità è, appunto, sempre altrove, nel losco, nel grigio, nell'ombra. La Sicilia che lotta contro se stessa, potrebbe stare tutta in questa trinacria di pulci, intorno ad una semplice frase. Giacomo Bonagiuso