“Un miliardo e 600 milioni di opere per arginare l’emergenza siccità inSicilia che rischiano di diventare vere e proprie cattedrali nel deserto. Una politica completamente sbagliata, fatte salve rare eccezioni, quella portata avanti dal centrodestra al governo nazionale e regionale che non risolverà affatto il problema ma che semmai ritarderà solo di qualche anno il rischio ormai sempre più urgente della desertificazione”.Così il deputato regionale del partito democratico Dario Safina, stamattina a palazzo Cavarretta durante il Consiglio comunale sull’emergenza idrica a Trapani, dopo avere analizzato le opere previste per la Sicilia, inserite nel Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico (PNIISSI) varato dal governo nazionale nell’ambito delle riforme del PNRR.“A ben guardare – spiega Safina - si tratta di ben 49 interventi che nella maggior parte dei casi sirivolgono alla messa in sicurezza o all’ampliamento di dighe, bacini e invasi già presenti sulterritorio regionale, o ancora all’efficientamento di serbatoi idrici per raccogliere e mantenere l’acqua piovana.
Ed è proprio questo il punto: la logica di questo piano di interventi mira alla politica del: “Speriamo che a settembre piova”. E se non piove? Per chi ancora non l’avesse notato, l’ecosistema della nostra isola è cambiato. Secondo uno studio del Centro Studi CambiamentoClimatico di Greenway ed Ecogest la Sicilia rischia la desertificazione di oltre due terzi del territorionei prossimi anni. Nell'ultimo decennio, abbiamo subito ben 175 eventi meteorologici estremi, a unritmo di oltre uno al mese, 25 solamente nel 2022.
Sono gli effetti del cambiamento climatico e delprogressivo processo di riscaldamento, che, anche per la sua particolare posizione geografica,stretta tra i fronti atmosferici africani ed europei, rendono la nostra regione più esposta. Unoscenario allarmante, quello descritto dagli studiosi, che indica la progressiva riduzione dellastagione delle piogge”.“A fronte dell’evidenza però,- continua ancora il deputato Dem - nel Piano per l’emergenza siccitàin Sicilia, non è previsto nessun intervento strutturale e risolutivo che possa realmente cambiare lasituazione.
Non vi è ad esempio nessun accenno sul riuso delle acque reflue urbane depurate chepotrebbero essere utilizzate, dal settore agricolo a quello industriale, nei centri urbani enell’ambiente. Così come non c’è alcun cenno all’utilizzo dei dissalatori. Grazie ai Fondi di Sviluppo eCoesione (FSC) sono stati stanziati i fondi per la riattivazione dei dissalatori di Porto Empedocle,Gela e Trapani, ma la quantità idrica che potranno produrre insieme, va dai 700 agli 800 litri secondo. Ben poca cosa rispetto al reale fabbisogno.
L’impiego di queste nuove tecnologie permetterebbe di preservare le attuali fonti di approvvigionamento idrico e dare il tempo alle falde acquifere di rigenerarsi per i soli usi potabili”.“Le uniche voci di questo PNIISSI che si salvano sono quelle relative agli interventi sulle reti idriche esulle condotte (rinviati da decenni), e su alcune opere di interconnessione tra bacini idrici, anche nel trapanese. Tutte opere però che serviranno a poco o nulla se non individuano, e alla svelta, nuovefonti di approvvigionamento idriche alternative alla pioggia e alle falde acquifere.
Serve subito untavolo tecnico con e cabine di regia nazionale e regionale e discutiamo degli interventi da salvare equelli da cambiare. Altrimenti tra qualche anno saremo costretti a spendere un altro miliardo eforse anche di più”, ha concluso l’onorevole Safina.