Storia della ricostruzione di Selinunte- seconda parte

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
24 Gennaio 2018 07:51
Storia della ricostruzione di Selinunte- seconda parte

Dieci anni dopo, intorno al 1854, quando presidente della Commissione era il Principe di Galati, ritornò in auge l'idea della ricostruzione di un tempio di Selinunte. Del progetto vennero incaricati gli architetti Giuseppe di Bartolo e Rosario Torregrossa. Dal progetto scaturì l'innalzamento di 12 colonne del Tempio C, cosa che non ebbe seguito, ancora una volta, per la mancanza di fondi che furono dirottati al "restauro del restauro" al "fuso della vecchia". Un vero e proprio intervento di anastilosi Selinunte lo avrà solo nel 1867 ad opera di Francesco Saverio Cavallari.

Trattavasi dell'elevazione di una delle colonne di fronte al Tempio F. L'intervento, non andò a buon fine: al momento clou, quello del posizionamento del capitello et voilà ancora una volta i fondi cessarono. Ed il capitello è ancora là, a far bella mostra di se, come lo lascio lo stesso Cavallari, senza che nessuno si sia preso la briga di terminare l'intervento. Quattro anni dopo il Cavallari (a quanto pare uno dei pochi che compresero l'importanza di un sito come quello di Selinunte) improntò un massiccio scavo nella cella del Tempio G (che però non è rintracciabile in nessuna carta o pubblicazione).

Da metà '800 fino all'inizio del '900, la ricostruzione dei templi selinuntini ha una battuta d'arresto. Solo Giuseppe Patricolo e Antonino Salinas mostrarono un seppur lieve interessamento soprattutto per la Malophoros, dove nel 1890 circa, fu risollevato parte del muro del peribolo e qualche anno dopo il grande altare (dove però i blocchi del tempio principale non saranno affatto toccati e rimessi in opera, tant'è che osservando con attenzione si potrà notare la posizione tipica da "caduta" e distribuiti attorno all'edificio).

Nel 1913, dopo la morte di Anonino Salinas, Ettore Gabrici fu chiamato a dirigere il Museo di Palermo ed a sovrintendere eventuali opere a Selinunte. Periodo, per così dire morto, fintanto che il 28 settembre 1924 non entra a gamba tesa Benito Mussolini tramite una lettera a Paolo Orsi in cui intima di "far rivivere, sotto la luce dell'arte, uno dei templi di Selinunte". Seguendo i dettami di Mussolini, Paolo Orsi decise l'anastilosi del Tempio C, unitamente a Francesco Valenti. Se da una parte il Governo Mussolini finanzia, i contributi arrivarono anche per mano privata ad opera di Felice Lora, che destinò per le sue opere di filantropia, ben 250.000 lire al Governo italiano.

Paolo Orsi, benché vi fosse il diktat governativo, scrisse alla Direzione Generale di Antichità e Belle Arti, facendo risaltare come un intervento di anastilosi a Selinunte richiedesse un esame delicato e studi approfonditi sul terreno. La Direzione però rispose che un progetto di anastilosi era da portare a termine nel più breve tempo possibile, vista l'intenzione di Benito Mussolini di chiedere al Ministero delle Finanze lo stanziamento di fondi speciali che si affiancassero a quelli del Lora, affinché il Ministero comprendesse che non poteva fare meno dei privati in tema di monumenti.

"Decoro Nazionale" per Mussolini l'anastilosi di Selinunte. Cosa che ebbe grande eco non solo in Italia ma all'estero che produsse lodi soprattutto da parte di Bernard Berenson. Fine seconda parte- continua domani Per chi si fosse perso la prima parte di questo dossier lo potrà trovare qui https://www.primapaginacastelvetrano.it/lanastilosi-selinunte-storia-ricostruzione/ Elena Manzini

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