L’anastilosi a Selinunte, storia di una ricostruzione.

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
23 Gennaio 2018 09:27
L’anastilosi a Selinunte, storia di una ricostruzione.

La ricostruzione dei templi di Selinunte è l'argomento che ha interessato ed interessa tutt'ora coloro che a vario titolo sono chiamati ad operarvi. Quindi Vittorio Sgarbi non è che abbia detto chissà quale cosa. Certo è che grazie a lui Selinunte ha avuto indirettamente una forma di pubblicità mai conosciuta negli ultimi decenni (anni ’70 a parte). Nell'arco degli anni, dal 1777 circa sino ad arrivare agli anni '70 del 20esimo secolo, nella prospettiva dell'antropologia culturale, si evidenzia come un sito, un paesaggio archeologico può essere visto nella sua ricostruzione, in maniera differente in base alle epoche, agli individui che intervengono ed alle loro culture.

Selinunte è un caso particolare: è modellato fisicamente in base allo sguardo dei suoi visitatori. Analizzando il periodo suindicato appare chiaro che l'anastilosi dei templi selinuntini sia da circoscriversi solamente al tempio C negli anni '20 ed al tempio E negli anni '50 e soprattutto basata su articoli di giornale, rapporti orali, senza che vi sia alcun riferimento alla natura degli interventi, a tutti quegli aspetti di identificazione di persone ed organi posti alla tutela degli stessi. 1 agosto 1778: il principe di Torremuzza veniva nominato primo Regio Custode delle Antichità della Valle di Mazara.

A Torremuzza era risaputo del saccheggio dei templi di Selinunte (1756): le pietre dei templi furono asportate per riparare il ponte sul fiume Belice. Saccheggiata e quindi relegata ad un ruolo di secondo piano. Le furono "preferite" Segesta ed Agrigento e fu solo dopo il restauro dei loro templi che il Principe di Torremuzza volse lo sguardo anche a Selinunte. Nel 1789 (28 aprile) inviò al Governo la proposta di rimettere in piedi il tempio G. Almeno qualcuno ci pensò. Nell'800, periodo successivo alla custodia di Torremuzza, il sito fu trascurato dagli organi competenti, senonché nel 1823, in modo del tutto imprevisto vi fu la scoperta delle metope dei templi F, E e C grazie agli architetti inglesi William Harris e Samuel Angell.

Quattro anni dopo, 1827, grazie all'interesse del Duca di Serradifalco ed alla istituzione della Commissione Antichità e Belle Arti, le cose iniziarono a prendere una piega diversa. Già si parlava di Commissari....i quali, nel 1830, dopo un sopralluogo decisero di dare il via a due campagne di scavo affidate a Valerio Villareale e Francesco Saverio Cavallari. per prima cosa si pensò al recupero delle metope del tempio E, quindi agli interventi inerenti altri due templi della collina orientale e dell'Acropoli.

La Commissione si occupò del restauro del tempio G, "in calce" del "fuso della vecchia". Importante, però, fu l'intervento sul tempio B: furono ricostruiti elementi pertinenti al tempio (erroneamente posizionati) dell'angolo sud ovest della cella e una parte delle fondamenta della scalinata. Nel 1841, la Commissione propose al Governo di intraprendere nuovi scavi e di elevare qualche colonna di qualche tempio. E come accade spesso, causa mancanza di fondi non corrisposti dalla Provincia di Trapani, si continuò con carte bollate per 3 anni fino a non farne nulla.

Fine prima Parte –  continua domani Elena Manzini

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