Sicilia Occidentale: la ceramica nell’Età Islamica (II e ultima parte)

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
26 Agosto 2018 08:09
Sicilia Occidentale: la ceramica nell’Età Islamica (II e ultima parte)

Altri oggetti particolarmente interessanti sono le tegole. Dalla bibliografia apprendiamo che dai tipi di epoca bizantina e caratterizzati da un pettinatura sulla superficie superiore datati dal V secolo in poi, si passa ad esemplari con vacuoli prodotti dalla combustione della paglia, che dovrebbero essere di epoca islamica. Ma a quanto pare i risultati sono più complessi: tegole con vacuoli sono state datate già nell’VIII secolo in diversi contesti della Sicilia orientale, mentre quelle pettinate risulterebbero già residuali .

In alcune zone, invece, sono documentati esemplari ibridi, che presentano al tempo stesso sia la paglia che la pettinatura e che si potrebbero collocare tra le due produzioni. Non sappiamo se tra le due metà della Sicilia ci siano sfasamenti cronologici, ma al momento sembra che almeno in alcuni dei siti indagati, le tegole pettinate compaiano in associazione al repertorio di materiali  datato a partire dal X secolo, in assenza di sigillate tarde o di altri materiali di VII secolo o successivi.

I materiali di VIII secolo sono praticamente sconosciuti e le tegole  potrebbero risultare associate anche a materiali che per motivi stocastici. Pertanto si può ipotizzare che:

  1. a) le tegole bizantine pettinate fossero diffuse ancora in epoca islamica, assumendo come termine finale una datazione al X secolo, considerando anche la possibilità che in epoca islamica fossero in circolazione altri materiali di tradizione bizantina;
  2. b) considerare le tegole pettinate come indicatori di fasi del VII e dell' VIII secolo quando in esse non siano associate esclusivamente alle ceramiche del V-VI secolo.

    Questa seconda ipotesi implicherebbe la revisione della cronologia iniziale delle tegole con vacuoli di paglia, ma anche quella di individuare i materiali delle fasi tardo bizantine associati sia alle tegole pettinate che a quelle con paglia, tenendo conto che i materiali associati alle tegole con vacuoli di paglia potrebbero non essere necessariamente di epoca islamica.

A questo proposito le tegole ibride, pettinate e con vacuoli di paglia, potrebbero risultare dirimenti, perché assumerebbero il ruolo di un fossile guida nell’individuazione di quei siti in cui può essere osservato il passaggio e la sua cronologia.

Nelle ricerche emerse nella Sicilia Occidentale colpisce la varietà morfologica dipendente sia dalla destinazione d’uso di ogni singola forma, come suggerito che da trasformazioni nel tempo. Molti elementi e nuovi ritrovamenti fanno comprendere l’ampliarsi della produzione agricola e che i prodotti trasformati fossero commercializzati nel porti del Tirreno e della Tunisia, dove le anfore di produzione siciliana si datano dalla fine del X e durante l'XI secolo. Le merci trattate sono soprattutto prodotti di qualità come miele, pesce salato, zucchero e frutta secca, ma anche grano e probabilmente vino.

Le anse, contraddistinte spesso da una solcatura mediana, risultano un elemento particolarmente che caratterizza questa produzione. Alcune anfore di epoca islamica hanno decorazioni dipinte ed il tipo di decorazione è un indicatore cronologico importante. Gli esemplari più antichi (quindi prima metà del X secolo) sono caratterizzati da decorazioni a bande larghe e spirali di colore rosso-bruno. Tali decorazioni saranno in uso sino alla prima metà del XII secolo. la produzione successiva sarà invece caratterizzata da bande brune più sottili e da un tratto che appare affrettato.

L’introduzione di questo tipo di anfore dipinte presuppone una differenza rispetto alle anfore tardoantiche. Osservando la situazione della Sicilia orientale, anche in questo caso si può notare come via sia stata (a Taormina per esempio) una circolazione di anfore con decorazione a cappi e bande nell’VIII e IX secolo ed anche di anfore provenienti dal mediterraneo orientale. Esiste anche in questo caso una differenza  tra la Sicilia orientale e quella occidentale a partire dal IX secolo.

Ascrivibili all’VIII secolo in un contesto bizantino solo le lucerne a ciabatta, rinvenute negli scavi di Cefalù ed in alcuni siti nella zona di Segesta (due in località Pontebagni e uno a Canichiddeusi). Tipica del periodo islamico è la lucerna «a coupelle» realizzata al tornio. Nella metà del X secolo fu sostituita da quella con becco allungato invetriata. Dalla fine dell’XI secolo – inizio del XII si diffonde quella a vasca aperta (Segesta), appartenente ad un contesto normanno. Questa forma inizia a circolare in concomitanza dell'epoca islamica, soprattutto nella parte occidentale dell'isola.

La ceramica invece da mensa, o da consumo (individuata soprattutto nell'area dei Monti di Trapani) è costituita principalmente da catini invetriati, che sono anche la forma meglio conosciuta. La produzione avveniva probabilmente n foraci a barre (vedi Mazara del Vallo). Dai tipi con bassa parete verticale e carenatura accentuata (X secolo) si passa a quelli con parete verticale più alta, talvolta con orlo bifido (fine X secolo inizi XI), quindi quelli con calotta emisferica. Nel corso del XII i catini sono caratterizzati dal bordo che diventa più spesso esternamente, da una leggera carenatura esterna e da una calotta emisferica interna leggermente schiacciata.

La l'invetriata monocroma e la solcata sotto vetrina. Esiste però una sfasatura di circa 50 anni tra le varie produzioni. Sfasatura che si può ricercare in Ifrı¯qiya, dove la tecnica dell’invetriatura è testimoniata già dalla seconda metà del IX secolo, così come nella penisola iberica dove le prime sperimentazioni su ceramica da fuoco nei siti di Pechina e Malaga risalgono alla metà del IX secolo. Il catino è un piatto da portata e da servizio comune, mentre non sussiste documentazione relativa a servizi da mensa individuali a partire dal X secolo sino alla fine del XII.

La diffusione di tale forma indicherebbe un importante processo di acculturazione nella Sicilia occidentale. Se la popolazione islamica ce abitava la Sicilia nel X secolo non produceva servizi singoli e consumava i pasti in comune da un unico piatto da portata (usanza ancora attuale) è possibile che la popolazione che conquistò la Sicilia nel IX secolo usasse catini invetriati. La diffusione capillare di ceramica fine da mensa indica la presenza di centri di produzione specializzati (Palermo, noto anche come centro di distribuzione), una rete commerciale che permette anche ai contadini di acquistare beni di qualità, la circolazione di moneta e quindi un'economia di mercato.

Gli studiosi, confrontando un campione di materiali proveniente da Mazara del Vallo e un altro del sito di Casale Nuovo, nonostante le somiglianze, affermano che emergono alcune differenze che permettono di comprendere i circuiti di approvvigionamento e diffusione dei centri urbani e rurali. L’insediamento di Casale Nuovo sembra avere prodotto localmente solo le ceramiche da cucina, importando grandi quantità di vasellame dal mercato palermitano, più che Mazara. Mazara del Vallo invece sembra avere avuto un’importazione ridotta vista la  capacità produttiva sufficiente a soddisfare il fabbisogno interno e non quello delle aree vicine.

Da questo risulterebbe un migliore inserimento del piccolo centro rurale nelle reti di scambio di medio raggio e interne alla Sicilia e la capacità di penetrazione nel tessuto commerciale di questa parte dell’isola della produzioni palermitane. Mazara al contrario risulta un centro artigianale con capacità sufficienti all’autoconsumo e al mantenimento di una produzione di ceramica di lusso. In ambito rurale si osservano campionari ceramici accostabili agli standard urbani, comunità contadine con un alto grado di benessere e inserite in reti commerciali articolate.

Oggi si può con certezza affermare che  alcune differenze emergono in maniera chiara tra la Sicilia orientale e quella occidentale. Per la metà orientale si può affermare che «il terremoto politico connesso alla conquista nel corso del IX secolo» non abbia portato «ad una cesura netta e pienamente percepibile nella cultura materiale dell’Isola, partecipe di un processo di cambiamento già in atto»,  che potrebbe avere manifestato i suoi primi effetti a partire dall’VIII secolo. Per la parte occidentale il panorama è meno chiaro, ma si sa che è parzialmente diverso da quello della Sicilia orientale.

È possibile che ci siano delle differenze cronologiche tra le due metà, una censura con l'islamizzazione. Vi è poi il caso dei "vasi da noria" che forniscono informazioni in merito ai cambi culturali in atto in epoca altomedievale. Alcuni frammenti di questa forma sono stati rinvenuti a Palermo databili tra il IX e il X secolo. L'uso di tali vasi nelle periferie della città già dalla fine del IX secolo testimonia la presenza di ruote idrauliche per l’estrazione dell’acqua, la pratica dell'irrigazione in ambito agricolo tramite manufatti idraulici, l'introduzione di nuove coltivazioni, conoscenze sufficienti per un'agricoltura irrigua ed una società capace di garantirla.

Tutto ciò porta a pensare di un cambio culturale rilevante a Palermo già alla fine del IX secolo. Come le norie anche gli anafres o i tannures, potrebbero fornire informazioni interessanti sui cambiamenti culturali. Forme di questo tipo mostrerebbero dove, all’interno della koinè mediterranea, vi siano gli elementi di novità e di cambio culturale. Elena Manzini Fine

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