​Siccità. Legambiente critica la recente direttiva della Regione sulla riduzione degli sprechi

Si limita agli usi dei cittadini, senza intervenire sulla riconversione di molti cicli produttivi ad altro spreco di acq

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
08 Aprile 2024 09:05
​Siccità. Legambiente critica la recente direttiva della Regione sulla riduzione degli sprechi

Cifre astronomiche per opere altrettanto esagerate. Riproposizione di progetti vetusti e di logiche superate ampiamente da decenni. Ad oggi nei diversi invasi artificiali siciliani l’acqua contenuta è di gran lunga sotto la soglia delle prossime necessità e non pare ci sia modo di affrontare serenamente l’estate. Con buona probabilità sarebbe stato meglio se, quando Legambiente, che da anni si occupa di clima, aveva già lanciato l’allarme, fossero state messe in atto misure progressive di riduzione dei consumi e, soprattutto, degli sprechi.

Oggi persino il prelievo della rimanente acqua invasata nei bacini appare complicato. Infatti, la presenza di milioni di metri cubi di materiali solidi depositatisi al fondo dei laghi, non di rado impedisce di pescare le acque di livello più basso. Diverse dighe hanno le paratoie di fondo inceppate e l’unico modo per pescare l’acqua è attraverso l’uso di zattere che aspirino la stessa dal pelo dell’invaso. Lo si fa già, ad esempio alla Nicoletti, e secondo quanto dichiarato dal Commissario nazionale questa modalità andrebbe replicata in diversi invasi siciliani. Ma lo svuotamento totale degli invasi è un grave errore e causerebbe a regime più danni di quanti se ne vorrebbero risolvere nell’immediato.

Occorre ricordare che l’acqua è una risorsa limitata per definizione, non solo per l’aspetto quantitativo ma anche per quello qualitativo: molta acqua di cattiva qualità pregiudica ogni uso. Lo dimostrano le fioriture algali in alcuni bacini come il lago Arancio e la loro conseguente inutilizzabilità.

Per questo bisogna scongiurare il totale svuotamento delle dighe, occorre mantenere un minimo invaso vitale, evitare morie di pesci, garantire le funzioni ecologiche e quelle di autodepurazione considerato peraltro che in molte giungono scarichi urbani e agricoli.

Poi deve suscitare grande allarme la serie di “proposte progettuali”, la ripresa di infrastrutture dimostratesi fallaci già tempo addietro come il Gibbesi, il Cimia, il Blufi e il Pietrarossa, madre di tutte le opere malprogettate e peggio realizzate. Centinaia di milioni di euro che rischiano di finire nel calderone dei grandi appalti per il bene di tutto un settore industriale che, come dicono le cronache siciliane e non solo, è sempre stato un terreno privilegiato dalla criminalità organizzata.

Troppo spesso le opere idriche sono state pensate come mere opere edilizie il cui unico fine era costruirle a prescindere dalla loro funzionalità, grandi appalti a favore di grossi gruppi imprenditoriali e lucrose parcelle per progettisti e burocrati regionali. Nel frattempo manca del tutto una seria politica volta a assicurare la corretta depurazione dei reflui, in troppi casi o non depurati o depurati male. Reflui che potrebbero, invece, rappresentare una risorsa eccezionale soprattutto per il mondo agricolo.

E ancora, troppe aree e centri urbani siciliani sono serviti da reti idriche colabrodo, con perdite percentuali maggiori della quota distribuita, con gravissime lacune nella esazione dei pagamenti e sprechi quotidiani.

Non si fa nulla sulla modifica dei consumi. La recente direttiva della Regione sulla riduzione degli sprechi, anche se contiene indicazioni condivisibili, si limita agli usi dei cittadini, senza intervenire sulla riconversione di molti cicli produttivi ad altro spreco di acqua.

Inoltre, si continua a far passare l’idea che i fiumi siano semplicemente dei canali, atti a far scorrere quanto più velocemente possibile l’acqua verso il mare e, quindi, da sottoporre a “pulizie” e rettificazioni che sono l’anticamera del disastro idrogeologico. I fiumi vanno non solo rispettati e tutelati ma, anzi, lungo essi va mantenuta e fortificata la presenza di fasce ripariali vegetate. Va seriamente ripresa la Rete Ecologica Siciliana che nei fiumi vedeva il disegno dei “corridoi ecologici” e va compreso e incentivato il ruolo di ricarica delle falde acquifere che fiumi ed aree umide hanno sempre avuto.

Non va, infine, dimenticato che molti dei bacini artificiali costruiti dal dopoguerra ad oggi sono diventati importanti stazioni naturali sostituendosi alle tante zone umide che la Sicilia aveva perso precedentemente a causa di scellerate politiche di bonifica. Oggi laghi come il Pozzillo, l’Ogliastro, il Piana degli Albanesi, l’Ancipa, il Ponte Barca sul Simeto, l’Olivo, sono Siti Natura 2000 con lo status di Zone di Conservazione Speciale. Su essi ogni azione, anche emergenziale, va valutata constatando l’incidenza ambientale di ogni aspetto, garantendo la sopravvivenza della flora e della fauna in essi contenuta e da essi supportata.

Bisogna mantenere le condizioni per il funzionamento dei meccanismi naturali, ciò che in altri termini si definisce come “servizi ecosistemici” che la natura svolge anche in favore delle attività umane come dimostrano a ricarica delle falde e autodepurazione.

L’ufficio stampa Teresa Campagna 

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