Pescatori liberati grazie al cuore e alla forza delle loro donne: eroiche. Una lezione di Amore a tutto il mondo

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
22 Dicembre 2020 10:20
Pescatori liberati grazie al cuore e alla forza delle loro donne: eroiche. Una lezione di Amore a tutto il mondo

Sono state subito in prima linea, fin dal primo giorno, quel caldo 2 settembre quando era ormai ufficiale il sequestro dei 18 pescatori (8 italiani, 6 tunisini, 2 indonesiani e 2 senegalesi) e dei due motopesca “Antartide” e “Medinea” a Bengasi. Madri, mogli e figlie hanno iniziato la loro lunga battaglia per la liberazione dei loro uomini e molte di loro fin dall’inizio sentivano che non sarebbe stata breve; sentivano, come sole le donne riescono, che i loro pescatori, nonostante le rassicurazioni da parte del Governo, stavano vivendo un vero e proprio calvario nelle diverse lugubri e sporche prigioni del distretto di Bengasi, un vero e proprio passaggio fra i vari gironi dell’inferno.

Quanto da loro sentito nei loro cuori e nella loro testa è stato poi confermato dai racconti degli stessi pescatori una volta liberati. Una battaglia quella della donne dei pescatori durata tanto, fin troppo: 108 giorni! Non smetteremo mai di sottolineare che visto l’epilogo e i retroscena per la liberazione chi poteva doveva fare molto di più e molto prima. Ma questo ed altre aspetti legati allo stesso sequestro li affronteremo prossimamente. Oggi vogliamo invece plaudire e sottolineare il grande “coraggio in rosa” che ha permesso di portare a qualsiasi livello la vicenda del sequestro e di far sentire la voce delle famiglie nonostante il colpevole “silenzio” che fin dai primi giorni qualcuno ha voluto imporre sulla vicenda facendo presagire, illudendo, una sua soluzione rapida.

In copertina una foto (scattata poche ore dopo la notizia della liberazione dei 18 pescatori) con il sottoscritto insieme ad alcune fra le principali protagoniste di questa lunga battaglia per la difesa della dignità dei loro lavoratori e del diritto internazionale ma soprattutto una battaglia fatta di sentimenti: da sx Marika Calandrino (moglie di Giacomo Giacalone), Rosetta Ingargiola (madre di Pietro Marrone), Cristina Amabilino (moglie di Bernardo “Dino” Salvo), Nuccia Giacalone (madre di Giacomo Giacalone) e Anna Giacalone (madre di Fabio Giacalone).

Ognuna di loro (e ovviamente il discorso è esteso alle donne degli altri 14 pescatori) ha combattuto e vinto alla fine la lunga battaglia. Lo hanno fatto ognuna alla loro maniera, secondo il proprio carattere, secondo quanto nei molti difficili momenti si sentivano di esprimere. Hanno promosso numerose iniziative, a Mazara del Vallo, a Roma per alzare l’attenzione su una brutta vicenda fatta di soprusi, angherie e violenze. Non staremo qui ancora a sottolineare (lo abbiamo fatto progressivamente in tutti i 110 giorni della stessa vicenda) quanto dichiarato e fatto da Rosetta Ingargiola (che già 24 anni fa ha perso un figlio a causa di un naufragio di un peschereccio), da Cristina Amabilino divenuta la portavoce delle famiglie dei pescatori sequestrati, da Anna Giacalone con il suo “J’accuse” alle Autorità  italiane per l’assenza di notizie, da Marika Calandrino che ha raccontato della crescita della sua piccola Gaia che quando Giacomo Giacalone era partito (dopo ferragosto) non camminava e parlava e che dopo 4 mesi è corsa ad abbracciare il suo papà.

Questi soltanto degli esempi,  ma vi abbiamo anche mostrato il grido di dolore e l’appello in arabo di Monia (moglie di Mohammed Ben Haddada), e come non parlare di Any Anysham (moglie del pescatore indonesiano Indra Gunawan imbarcato sull’Antartide) che da molto lontano ha seguito con trepidazione la vicenda. In questi quasi quattro mesi tanti politici e vari rappresentati hanno voluto incontrare e raccontare la loro ai familiari dei pescatori, e probabilmente chissà per ancora quanto.

Una cosa però è certa, anzi certissima: senza l’azione persistente ed il sostegno continuo delle loro donne nella battaglia dei 108 giorni, i 18 pescatori sarebbero stati dimenticati. Se la Città di Mazara del Vallo ha potuto finalmente accogliere i suoi pescatori lo deve principalmente a queste “donne coraggio”. Le vogliamo pertanto abbracciare idealmente e ringraziare, tutte, per questa grande lezione di Amore. Francesco Mezzapelle

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