Giunti a pochi giorni dalla tradizionale rivista del Liceo Classico “G. Pantaleo”, apice di gioia per i maturandi e per tutti gli alunni che vi partecipano, da docente che insegna presso il Polo Liceale e donna che da sempre scrive e venera le parole, non posso ancora una volta tacere. Ma non cercherò responsabilità e colpe o muoverò accuse su chi ha promesso, su chi non ha mantenuto, su chi poteva o doveva fare di più, su chi ha alimentato aspettative, su chi ha deluso o ferito. Troppo facile e comodo adesso, a giochi fatti, cercare vittime o colpevoli.
Racconterò una storia che sa invece di bellezza, di passione e tenacia. Una storia che forse servirà o me lo auguro, a toccare cuori, a sollevare dubbi e magari chissà, a potere fare un po' di sana autocritica. Racconto la storia di un sogno che si apre come corolla e ne intreccia altri in un filo rosso che segna appartenenza. I nostri ragazzi e li chiamo nostri, perché figli della nostra città, desideravano ardentemente mettere in scena, insieme al regista, Giuseppe Fontana e la coreografa Eleonora Rizzo, la loro commedia presso il teatro Selinus nel cuore storico della città di cui frequentano il Liceo.
Città in cui molti sono nati, cresciuti e vivono. Il sogno era più che legittimo, direi sacrosanto, siglava appartenenza ad un territorio, il loro. Siamo Castelvetranesi, desideriamo che la nostra rivista sia messa in scena presso il nostro Teatro. Si vedevano, da visionari sognatori quali sono gli adolescenti, già su quel palcoscenico, la sala gremita di genitori, parenti, amici, fidanzati, docenti, preside, primo cittadino, tutti lì ad applaudirli, a fare festa con loro e per loro, sentendo che il loro successo sarebbe stato il successo di una intera istituzione scolastica e di una intera comunità.
Non era vanagloria, non era presunzione, non era egocentrismo, era un sogno e come tutti i sogni, innocente, puro, autentico. Così non è stato e il sogno si è sminuzzato in tante briciole amare. La delusione ha alimentato polemiche, conflitti, colpe scaricate come proiettili. Il dolore forse è diventato più cocente ma la tenacia e la forza dei nostri ragazzi è diventata ancora più grande. Sono stati un po' esuli come Dante e un po' raminghi come Ulisse, peregrini in cerca di Itaca.
Così, parlando con il giovane regista Giuseppe Fontana, ho ascoltato la storia in religioso silenzio: “Non ci dormivo la notte - dice - e come me, tutto l’intero comitato studentesco. Non sapevamo dove andare. Il teatro Selinus da sogno promesso, svaniva come fosse una chimera, settimana dopo settimana. Abbiamo provato a chiedere ospitalità, per mettere in scena la nostra commedia, ispirata a quella di Aristofane ma riadattata in molte parti e riscritta da me e dai ragazzi con inserti anche in lingua siciliana, un po' ovunque.
Abbiamo chiesto al Sindaco Castiglione per avere messo a disposizione il cineteatro Olimpia ma non vi erano più i tempi burocratici necessari. Abbiamo chiesto all’Amministrazione Comunale di Gibellina, insomma ovunque ma era tardi, troppo tardi. L’unica soluzione era andare presso il Cineteatro Rivoli, dove si svolgeranno le altre riviste. Ma i ragazzi del comitato studentesco desideravano che la loro rivista fosse messa in scena nella loro città. Il loro sogno è diventato il mio. Non li abbiamo lasciati soli, né io né la coreografa, li abbiamo compresi e sostenuti. Sembrava però un sogno impossibile per i tempi che si accorciavano e per la difficoltà estrema di trovare un luogo agibile ed idoneo ad uno spettacolo teatrale.
Ad un certo punto la scelta era obbligata: riadattare tutto, scenografie e coreografie pur di restare nella propria città o seguire la scelta degli altri liceali e andare a Mazara. I ragazzi hanno deciso di restare e resistere. Abbiamo chiesto la disponibilità al Cineteatro Marconi. Stiamo riadattando scenografie e coreografie perché il palcoscenico del Marconi è meno grande di quello del Selinus ma abbiamo scelto di restare a Castelvetrano. Non ci importa del successo teatrale fine a se stesso.
Sicuramente sarebbe stata più spettacolare e con maggiori effetti scenici, la nostra commedia rappresentata presso il teatro Selinus o presso il Rivoli, è vero, ma ci importa il principio ovvero l’ideale che c’è dietro questa scelta, restare a casa. Essere nella nostra città. Rivendicare appartenenza ad un territorio in cui siamo nati e cresciuti. Noi tutti, io da regista e i ragazzi da attori novelli ma straordinari abbiamo lottato per un sogno e questo per noi conta di più perfino del successo.” Così conclude, Giuseppe Fontana, raccontando con passione la storia di un sogno di resistenza e resilienza.
“Poi - aggiunge - sappi Bia che era il sogno della mia vita mettere in scena la rivista del Classico, come già aveva fatto mio padre tanti anni fa, realizzando le scenografie di una precedente rivista del Liceo Classico”. Ci salutiamo con Giuseppe Fontana che definirei un giovane regista, paziente, tenace e custode di un sogno che ha difeso strenuamente fino alla fine, comprendendo che il sorriso dei suoi giovani attori vale molto di più del successo stesso dello spettacolo. Fin qui, è la storia di un sogno nonostante tutto a lieto fine.
Certo un plauso non può che andare a Salvatore Vaccarino che ha dovuto riadattare la programmazione di film già previsti per mettere a disposizione il Cineteatro, la mattina per gli studenti e la sera per gli adulti. Un plauso va al suo senso di accoglienza e solidarietà, per aver compreso e senza giudizi o critiche, avere semplicemente detto sì. E’ stato quel sì a cambiare la storia di questa vicenda. E a Salvatore che stimo e apprezzo da sempre come uomo e professionista non può che andare anche il mio grazie.
Ma oggi più che mai il plauso va alla forza, alla tenacia instancabile, alla passione, alla resistenza dei nostri ragazzi che non hanno accettato vie sicuramente più comode o agiate, che non si sono fermati ai no, alle difficoltà logistiche, alle lungaggini burocratiche, provando e riprovando senza resa, finché il loro sogno avesse diritto di cittadinanza. I nostri ragazzi hanno imparato molto più in questi mesi che chissà in quante ore in aula, nulla togliendo alla qualità di insegnamento, all’amore e alla cura di noi tutti docenti nei loro confronti.
Hanno imparato a resistere e a trovare soluzioni lì dove vi sono ostacoli e porte sbattute in faccia. Hanno trasformato i no in possibilità di ricerca. Hanno imparato quanto costa caro difendere e custodire un sogno, un ideale, un desiderio. Hanno già vinto con i loro occhi sognanti e fieri. Al muro della resa non sono rimasti incollati e impotenti. Hanno creato alternative, opportunità e sono rimasti coesi, uniti, dalla stessa parte fino alla fine.
Ecco, hanno imparato cosa significhi non avere Itaca e poi approdare sfiniti presso casa, hanno imparato un po’ cosa ha provato Dante ad essere ramingo ed esule. Hanno sperimentato sulla loro pelle quanto il mondo degli adulti sia molto spesso deludente e codardo. Sono loro la nostra grande lezione e lo dico con l’orgoglio di docente che li ha visti crescere. Lo dico con l’orgoglio di cittadina castelvetranese che sa quanto sia difficile costruire bellezza nella propria città e non arrendersi nonostante tutto e tutti.
Lo dico ricordando le parole di Franco Arminio che parla di scoraggiatori militanti, quelle persone che ti inducono a rinunciare, a lasciar perdere, ad arrenderti perché nulla cambia e cambierà. I nostri ragazzi hanno cambiato il destino della loro rivista. La metteranno in scena a Castelvetrano fin dal 10 gennaio. Hanno cambiato la storia del loro Sogno, con la loro inguaribile tenacia e passione. Nessuno strumentalizzi questa storia, nessuno la saboti o la inquini più con discorsi che sanno molto di altro e poco di ciò che realmente è successo.
Si alzino gli adulti in piedi, imparino a riconoscere il coraggio e la passione. Prendano esempio da questi giovani liceali che sono l’orgoglio della nostra città. Loro sono i semi di bellezza di una Castelvetrano che vuole rinascere qui e non altrove. Qui, tra queste strade, queste mura, queste case, perfino tra queste buche e tutte queste mancanze o cocci di sale. Una Castelvetrano che non vuole starci al muro della resa, che vuole urlare la sua voglia di fare e costruire con dignità e forza.
Questa è la storia che ha senso raccontare oggi, non quella delle polemiche e delle condanne. Cercando colpevoli non si trovano soluzioni. Cercando ragioni non si raggiungono traguardi. Cercando vittorie a tutti i costi, non si realizzano sogni. E tutto questo lo hanno insegnato a noi adulti, professionisti, rappresentanti di Istituzioni, un gruppo di giovani liceali. Ancora una volta come scrissi molto tempo fa, i veri immaturi siamo noi adulti. Avevo promesso di raccontare un sogno. Lo avevo promesso al comitato studentesco del Liceo Classico e al giovane e tenace regista, Giuseppe Fontana.
Spero di esserci riuscita. Spero di avere dato un senso alla loro fatica, alla loro gioia, al loro entusiasmo, alla loro resistenza ad oltranza, perché per me e per molti di noi, loro hanno già tutti gli applausi che sognavano ricevere. Per me e per molti di noi, loro ci hanno insegnato molto più di quanto noi abbiamo avuto la presunzione di insegnare loro. Bravi ragazzi miei, sono orgogliosa di tutti voi e in questo voi, stringo Giuseppe Fontana, Eleonora Rizzo, Salvatore Vaccarino, le famiglie, i docenti e tutte le persone che vi hanno sostenuto e incoraggiato a non demordere.
Tutti quelli che hanno creduto in voi, da dietro le quinte, nel silenzio delle loro stanze o dietro le loro scrivanie. Il sipario quella sera sarà impinto e intinto dei vostri sguardi e dei vostri sorrisi. La vostra rivista sarà un successo perché sa di una bellezza che non si può spiegare ma solo sentire: la bellezza dell’appartenenza e della resistenza.
Fabiana Cusumano