Faro di Posizione: ​La valigia di cartone

Bia Cusumano scrive: A tutte le promesse di paradiso, inferno della ferocia disumana del non amore

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
09 Novembre 2024 08:49
Faro di Posizione: ​La valigia di cartone

Eliana, sempre in ritardo!

Era l’ultima seduta di un lungo percorso. Eh sì, era in ritardo come sempre nelle cose della sua vita. O troppo presto o troppo tardi. Non vi era mai stata la possibilità di essere al momento giusto, al tempo opportuno.

“Si accomodi- disse la dott.ssa M. - vi sono altri pazienti, lo sa.”

E la guardò con sguardo accigliato e incuriosito dal suo abito lungo e dalla valigia che teneva nella mano sinistra.

“Che significa, Eliana? Parte? Quindi è davvero l’ultimo saluto. Finiamo qui il nostro percorso e ha deciso di andare via?”

La dott.ssa M. guardò attentamente la valigia e uno strano sorriso affiorò sulle sue labbra. Era una valigia di cartone. Pensò tra sé ma dove vuole andare con una valigia di cartone? Non riuscirebbe a contenere neanche una milionesima parte delle sue scarpe, dei suoi abiti, dei suoi gioielli e dei suoi libri.

Eliana non curante degli sguardi della dottoressa e del sorriso ironico si accomodò sulla poltrona, assaporandosi la scena. Posò a terra la valigia e puntò i suoi grandi occhi scuri dentro gli occhi della dottoressa M.

“Ho portato con me questa valigia, dott.ssa. Ho pensato che il nostro saluto non potesse essere come tanti altri. Il nostro congedo, dopo anni di terapia, doveva pur avere qualcosa di diverso, particolare, se vuole anche bizzarro. Lei lo sa, non sono mai stata proprio la classica paziente, io. Per cui, mi permetta di aprire la valigia e di farle vedere quello che contiene, poi ci saluteremo e buon viaggio ad entrambe.”

Eliana, donna dal cuore nudo, senza filtri, sempre alla ricerca di parole per sedare le sue ferite. Donna di grande fascino che non si riusciva mai a spiegare da dove giungesse. Cinque anni di psicoterapia sono un tempo considerevole per definire la paziente guarita. Guarita dalla bulimia di vita o dalla morte che si sconta vivendo. Quando aveva cominciato il percorso era in fondo, una ragazzina insicura e fragile martoriata dalla spasmodica voglia di essere amata. I suoi genitori erano morti in un terribile incidente stradale e lei, figlia unica, si era ritrovata orfana, senza alcuna famiglia se non una vecchia zia con cui crescere tra regole asfittiche e pochissima cura. Una storia così piena di dolore e ferite laceranti che fu difficile farle comprendere per i primi anni che non aveva nessuna colpa se quel giorno in macchina non c’ era stata pure lei a morire con i suoi genitori. La colpa di essere sopravvissuta l’aveva perseguitata per tutta la sua vita.

“Allora- disse la dottoressa M.- se è il suo modo per salutarci, metta pure sulla scrivania questa valigia, la apra e mi dica tutto quello che vi è dentro. Poi le dirò che penso e ci saluteremo.”

Eliana, ripose con grande garbo la valigia di cartone sulla scrivania e aprì le fibbie laterali.

La dottoressa M., sempre più stranita disse: “Ma è vuota! Completamente vuota questa valigia, Eliana!”

“Oh no- disse Eliana- dottoressa, assolutamente no. Adesso le dirò quello che c’è dentro e lei, esattamente come il mio ex compagno non vede che ci sia.”

-Tremila baci dati con voracità e passione.

-Più di cento candele accese profumo melagrana.

- Centosettanta cene con musica jazz di sottofondo.

-Venti viaggi compiuti con aerei, treni, macchina, autobus, nave.

-Duecento domeniche trascorse a letto a fare l’amore.

-Tre libri scritti e dedicati a lui.

-Ventisettemila carezze calde.

-Centoventi sogni fatti in cui lui mi ripeteva “ti amo.”

-Cento lettere d’amore scritte di notte.

-Mille chiamate partite dal mio numero verso il suo.

-Miliardi di molecole di sudore impinto tra la mia pelle e la sua.

-Settecento tisane preparate ai frutti di bosco con biscotti integrali.

La dottoressa M. guardando Eliana sempre più consapevole dell’incredibile e struggente bellezza dell’elenco preciso e dettagliato di un amore immenso, trasformato in un bizzarro inventario come quello di una casa messa in vendita, la interruppe con tenerezza materna.

“Eliana, che ne farà di questa valigia di cartone?”

“Deciderò durante questo nostro ultimo incontro- disse- perché questo elenco folle di un amore altrettanto folle non racconta niente altro che la donna che sono. Anzi, racconta esattamente tutto l’amore che sono capace di dare ed essere. E sa, lo devo a lei, dottoressa, se ad un certo punto, l’ho capito. A fine percorso, per carità, ma l’ho capito. Ognuno di noi ha una valigia di cartone, quando finisce un amore. Gli altri non la vedono ma noi ce la portiamo appresso. All’inizio crediamo sia piena di errori, disastri, fallimenti, disperazione, soprattutto se come nel mio caso abbiamo avuto la sorte di innamorarci perdutamente di un narcisista che ci massacra.

Per questo sono venuta da lei. Non soltanto per superare quell’orribile senso di colpa d’essere sopravvissuta ai miei. Io venni da lei, per superare la ferita del non amore. Quel vuoto che ti prende allo stomaco, quel buco nero che ti trascina in basso perché per quanto amore tu dia non è e non sarà mai abbastanza. E più ami con devozione, fedeltà, presenza costante, cura, totale abnegazione più ti senti svuotata e mai bastevole. Potresti fare la qualsiasi, dare la qualsiasi, amare senza mai tregua ma ti senti sempre inadeguata, mai in equilibrio, mai pienamente in pace, sempre terribilmente sbagliata, eccessiva, sbilanciata in un domani che esiste solo per te.

Io venni con il cuore massacrato, sventrato, trivellato dai colpi del non amore. Venni vestita a lutto. Un lutto devastante pari alla morte dei mei genitori. Nel mio viso vi erano solchi profondi, la mia voce disperatamente affranta. Le mie lacrime rintuzzate dentro per orgoglio e incapacità di viverle. Giunsi qui da lei, incredula che l’amore possa diventare un inferno. Non sapevo, non potevo sapere che certe anime siano dei grandi predatori incapaci di qualsiasi autentica reciprocità.

E che il sogno di quell’amore che chiamavo la promessa del paradiso fosse stato solo mio. Avevo creduto fosse un amore condiviso, un amore immenso, la mia Itaca, il mio approdo, la mia grazia, la mia salvezza e alla fine invece più davo più mi svuotavo, smarrivo, sperdevo, naufragavo, morivo in una gioia fittizia fatta solo del mio immenso bisogno d’ amare senza limiti, misure, argini, confini. Ora ecco, per anni mi sono sentita sempre fuori posto. La donna che non è riuscita a meritare l’amore che desiderava più al mondo.

La donna che forse l’amore non lo meritava affatto. La donna che doveva accontentarsi di briciole strappate con le unghie e con i denti. La donna che pretendeva un amore che nella realtà concreta non esisteva. Ora, a conclusione di questo percorso ho raggiunto la profonda consapevolezza che non è così. Per cui ho deciso di mettere dentro questa valigia, l’amore di cui sono capace e guardarlo attentamente. E in ogni gesto, in ogni parola, in ogni sogno, visione, carezza, bacio, cena preparata con cura, tempo dedicato annullando i miei bisogni e le mie necessità, in tutto questo amore infinito e profondo, adesso sono in grado di vedere chi sono io.

Finalmente vedo non l’amore negato, rifiutato, respinto al mittente, svilito, mortificato, ma l’amore pulsante, autentico, vero, viscerale che ho dato e sono capace di provare. La valigia quindi non è vuota ma piena, pienissima, dottoressa. Anzi non ci entra nemmeno tutto l’amore del mondo che ho saputo dare. L’immagine di questa valigia di cartone la porterò sempre appresso, in ogni possibile altra potenziale storia. Me ne vado a cuore nudo ma non più bucato. Me ne vado ringraziandola per avermi permesso l’inventario più importante della mia vita.

Me ne vado leggera e a testa alta. E dove andrò non importa, importa che finalmente a quasi 40 anni, io sappia chi sia. Ho ancora più desideri che ricordi. Questo si chiama salvezza. Si chiama capacità di fare pace con il mio cuore bizzarro ma vero. Significa che posso farcela senza più elemosinare un incontro che viene procrastinato di giorno in giorno, una chiamata che non giunge mai, un messaggio che non riceverò, un grazie che non mi sentirò mai dire. Significa forse che ho lasciato andare la pretesa egoistica di essere amata così come ho amato io.

Significa che la saluto, dott.ssa M. Lei è stata il più bell’incontro dei mei 40 anni su questo pianeta.”

“Eliana, un giorno ci scriverà un libro sulla valigia di cartone?” - disse la dott.ssa- e lo disse con profonda ammirazione verso quella donna che tra le sue pazienti non avrebbe dimenticato mai. Forse lo disse per curiosità, perché sapeva che aveva avuto in cura una scrittrice, forse lo disse perché sapeva che era stato un viaggio prezioso quello compiuto con Eliana e sperava ne restasse traccia fuori da quella stanza di analisi.

Eliana, chiuse la valigia di cartone. Si alzò, ricomponendosi i capelli rossi, il lungo abito verde smeraldo: “Certo- disse- ho cominciato ieri notte. Volevo scrivere al mio ex una lunga lettera, poi ho pensato che le parole sono creature preziose e vadano donate a chi sappia accoglierle e amarle per come meritano. Un giorno forse il mio ex si troverà ad entrare in una libreria e leggerà sotto il mio nome e cognome questo titolo e sì, sarà un libro. Ma non il quarto scritto per lui. Il primo scritto per me.”

“Arrivederci Eliana, buon viaggio per il mondo. Sarò sicuramente io la prima lettrice di questo suo futuro libro.”

“Arrivederci dottoressa, farebbe l’ultima cosa per me?”

“Certo- disse la dott.ssa M.- cosa?”

“Io non ho genitori, non ho figli e la zia non c’è più. Non ho un compagno. In realtà non ho nessuno se non le mie parole e la mia capacità di amare. La terrebbe lei la mia valigia di cartone? Diciamo in custodia, se vogliamo, in affidamento temporaneo. Un giorno tornerò a riprenderla. Le cose belle vanno condivise e donate a chi sa custodirle con cura e altrettanto amore.”

La dottoressa M. sporse le mani e afferrò con tenerezza quelle di Eliana.

“Sì, la custodirò io la valigia, Eliana. Non importa quanti anni ci vorranno per venire a riprenderla. Io aspetterò sempre che lei varchi quella soglia con il suo sorriso seduttivo, il suo sguardo profondo, il suo cuore immenso e venga a riprendere la valigia di cartone. Grazie per questo dono di fiducia immenso. Gliene sono e sarò sempre grata.”

20 ottobre 2004

Titolo di giornale in prima pagina: “Trovata senza vita, giovane donna. La polizia indaga sulle dinamiche del decesso. I sospetti cadono sul suo ex compagno. Una chiamata era giunta la notte prima sul cellulare della donna. Forse l’uomo aveva chiesto un ultimo incontro dopo una lunga e tormentata relazione conclusasi senza una apparente ragione. In stato di fermo l’ex compagno. Si attendono ulteriori aggiornamenti.”

La dott.ssa M. rabbrividì, tramortita dalla notizia brutale, pronunciò tra sorde lacrime un nome: Eliana. Prese l’auto e corse come una scheggia impazzita allo studio. “La valigia di cartone- blaterava- devo prendere la valigia di cartone. Devo salvare tutto l’amore del mondo dal massacro insensato e feroce.”

Bia Cusumano

.

Ti piacciono i nostri articoli?

Non perderti le notizie più importanti. Ricevi una mail alle 19.00 con tutte le notizie del giorno iscrivendoti alla nostra rassegna via email.

In evidenza