Bia Cusumano replica alle parole dell'avvocato Lo Sciuto su Lorenza Alagna

Mettere a tacere è la vera mafia afferma la docente

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
22 Gennaio 2023 16:18
Bia Cusumano replica alle parole dell'avvocato Lo Sciuto su Lorenza Alagna

A seguito della nota inviata dal legale di Lorenza Alagna, avv. Franco Lo Sciuto,  che abbiamo pubblicato stamane, la potete trovare a questo link: https://www.primapaginacastelvetrano.it/parla-lore..., la docente e scrittrice Fabiana "Bia" Cusumano, chiamata in causa per le dichiarazionhttps://www.primapaginacastelvetrano.it/parla-lore... fornite ad alcuni giornalisti ha ritenuto di doevr precisare la sua posizione inviandoci una lunga nota che riportiamo di seguito integralmente: "

Sono una docente ormai da 15 anni e vivo ed insegno in una città come Castelvetrano in cui finché il boss Matteo Messina Denaro era ancora latitante, il suo nome non poteva essere neanche pronunciato. Io l’ho sempre pronunciato e ho sempre parlato di mafia e di legalità nelle mie classi. Ovvero ho parlato sempre del coraggio di dire la verità, di non girare lo sguardo altrove e per paura, con un atteggiamento omertoso che non è solo siculo dire : niente so, niente ho visto, niente voglio sapere.

Non si è carnefici solo se si trivella un corpo o lo si fa esplodere con una bomba al tritolo o se lo si scioglie nell’acido, si è carnefici anche se si sa e non si dice. La mafia del silenzio è come la mafia che mistifica le parole, le distorce, le spezzetta, le frantuma, le centellina. Nelle mie classi ho sempre parlato di mafia perché in Sicilia e a Castelvetrano è impossibile non farlo. Ho un dovere etico, morale come docente e non posso far finta di nulla davanti alle nuove generazioni che cresco con una eredità sociale e culturale così difficile da gestire ma con un futuro da costruire non su collusioni, menzogne, vie comode e limbi opportunistici.

Ho avuto il dono e ancora oggi lo reputo tale di incontrare nella mia carriera di docente Lorenza Alagna. Non sapevo che fosse la figlia di Matteo Messina Denaro proprio perché non porta il cognome del padre ma quello della madre, Franca Alagna. Ho visto in Lorenza un esempio per la mia Castelvetrano e i mei ragazzi, perché prendere le distanze nella vita da un padre come Matteo Messina Denaro, è segno incontrovertibile di coraggio. Non ho mai rilasciato dichiarazioni false su di lei, anzi la ricordo come una ragazza studiosa, attenta in classe, ben educata, forte e determinata.

Ho ribadito più volte quello che lei stessa una volta mi disse: per voi può essere uno stragista, un criminale, un super boss, per me resta mio padre. Ho letto dentro queste parole tutto il dolore di una giovane ragazza dimidiata tra la consapevolezza di essere figlia di un boss e l’amore inevitabile e imprescindibile per un genitore, chiunque esso sia, anche un mafioso. Ho sempre permesso a Lorenza di uscire fuori dalla classe quando si toccavano questi argomenti per lei fonte di dolore, mafia e antimafia che io nelle mie lezioni di Letteratura Italiana ho sempre continuato a fare.

Siamo la terra di Giovanni Falcone, Borsellino, Rocco Chinnici, il giudice Terranova, Livatino, Puglisi, Dalla Chiesa, e di tantissimi alti magistrati, giudici, sacerdoti, imprenditori, gente comune ed innocente, uccisi dalla mafia per aver detto: No. Ho sempre invitato i mei ragazzi ad avere coraggio anche ad un prezzo alto, ad essere disposti a non essere collusi con un sistema che vuole e pretende che abbassino la testa e lo sguardo. Perché qui in questa terra così è e deve essere. La vera mafia è anche indurre al silenzio e volere intimorire e insabbiare tutto, capovolgendo i ruoli da carnefici in vittime e viceversa.

Non ho cercato io i giornalisti ma i giornalisti sono venuti da me a farmi delle domande alle quali ho risposto senza paura, perché per me il nome di Matteo Messina Denaro si può pronunciare. Ho invitato i mei giovani a seguire l’esempio di Lorenza, ad essere la Castelvetrano che non ha paura e che sa dire no, ricostruendo perfino dalle macerie. Ho un ricordo bello di Lorenza e di sua madre, una signora composta, elegante, che era sempre presente ai colloqui scuola-famiglia e desiderava che la figlia studiasse e attraverso la cultura prendesse le distanze da una vita fatta di fughe e massacri.

Credo che Lorenza ci sia riuscita grazie alla madre che reputo una donna coraggiosa e grazie alla sua forza di volontà. Se oggi ha un compagno, un figlio e si è costruita la sua famiglia, questo ancora di più avvalora che non ci sia stata mai nessuna collusione con il padre. Non penso che fare il proprio dovere da docente e da scrittrice meriti luci di riflettori. Per me è normale amare i mei giovani, soprattutto quelli con vissuti familiari complessi, difficili da gestire, con famiglie disfunzionali alle spalle e percorsi di vita traumatici.

E’ normale parlare in classe così come di Foscolo, Pirandello, Sciascia o Bufalino, dei giudici e dei magistrati che hanno dato la vita credendo nelle Istituzioni e nutrendo amore e senso di appartenenza ad ideali come verità, giustizia, onestà, correttezza. Non ho mai screditato Lorenza come non l’ho fatto mai con nessuno dei mei alunni. In classe lei è stata amata, rispettata, valorizzata come tutti gli altri miei studenti. Nessun trattamento di favore perché fosse la figlia del boss.

Ma non ve ne era bisogno perché Lorenza studiava, si appassionava alle lezioni di letteratura e voleva conoscere. Sì, la animava una profonda sete di conoscenza e una sana curiosità intellettuale. Lo ha dimostrato iscrivendosi all’Università, dopo la maturità liceale e il rapporto di stima e di fiducia che si è venuto a creare tra noi lo dimostra proprio il fatto che fu lei a chiamarmi su quell’autobus verso Palermo sul quale entrambe ci ritrovammo. Un saluto, uno sguardo di profonda dolcezza, un abbraccio tra le persone.

Uno scambio fugace di parole. “Professoressa, non mi riconosce? Sono Lorenza - e i suoi grandi occhi luminosi -sto andando a Palermo perché frequento l’Università, voglio studiare.” In quelle parole, la mia vittoria da docente. L’aver seminato nel suo cuore come nel cuore di tanti ragazzi la voglia di cambiare vita, attraverso la cultura. Perché la vera Antimafia è la cultura, il coraggio della verità e la consapevolezza della forza delle parole. Più efficaci dei proiettili. Su questa vicenda so bene che forze più grandi di Lorenza si muovono e si agitano, se così non fosse non si spiegherebbero i trenta anni di latitanza.

Se ognuno avesse fatto il proprio dovere, non ci sarebbero stati tutti questi morti ammazzati che oggi pesano sulle nostre coscienze ancora di più, davanti l’appello di avvocati di tacere, stare zitti e dimenticare tutto. Se ognuno avesse fatto il proprio dovere, oggi Lorenza non dovrebbe neanche averlo un legale che diffonde note invitando tutti a stare zitti. Io so in coscienza di avere fatto il mio dovere da docente e da scrittrice, di avere rispettato il sentire doloroso di Lorenza, di averla amata e di averle sempre fatto credere che ognuno è artefice del proprio destino.

Che si può cambiare vita, che si può andare avanti, essere migliori, costruire un futuro anche in una città così complessa e omertosa come Castelvetrano. Reputo Lorenza una vittima del sistema, non una ragazza vendicativa o ancora peggio collusa. Lo hanno dimostrato le sue scelte. Ho difeso la sua intelligenza, il suo amore per lo studio, il suo esempio di donna giovane e coraggiosa. In lei vedo la possibilità che altri giovani possano trovare uno sprone, uno stimolo, un esempio a cambiare vita, a non aver paura, a resistere e a lottare con passione e tenacia anche a costo di scelte che costano un prezzo alto, altissimo.

Chi dice la verità è sempre scomodo alla mafia. Chi ha il coraggio di dire no, altrettanto. Si è passati dalla mafia delle stragi alla mafia del silenzio. Ovvero ad una mafia che vuole zittire, mettere il bavaglio a tutti i costi. Uccidere dentro con accuse infamanti e infondate, mistificando e distorcendo il senso delle parole. Non penso che la fama di un docente possa essere raccontare la verità e aiutare i propri ragazzi ad essere protagonisti e artefici dei propri sogni, desideri e del proprio progetto di vita, ben lontano da logiche di collusioni e raccomandazioni.

Bisogna avere la forza di essere protagonisti di un processo di crescita interiore che si chiama assunzione delle proprie responsabilità. Essere adulti significa non mettere la testa sotto la sabbia perché fa male vedere ma guardare in faccia la verità, accettarla, attraversarla, rielaborarla per essere uomini migliori. L’amore che ho seminato in questi anni di insegnamento e la passione per la cultura e il bello me lo hanno restituito loro, i mei alunni che pur dopo anni in cui, per vicende di vita, ci siamo persi di vista, continuano a fermarmi per strada e a farsi riconoscere e a volere parlare con me, raccontandomi che sono andati avanti, hanno scelto di proseguire gli studi e molti oggi sono dei professionisti di cui sono molto orgogliosa.

Essere docenti ed intellettuali oggi richiede il coraggio della verità che è sempre eretica, sovversiva e destabilizza le logiche del potere. Perché o esiste la Mafia o esiste lo Stato, vie di mezzo tra la morte e la vita, non credo ce ne siano. Io ho scelto l’amore per le Istituzioni, per lo Stato, per chi ha dato la vita per lo Stato. Io ho scelto la verità, senza offendere, massacrare e ferire nessuno. Rispetto il dolore altrui, soprattutto quello dei mei alunni che vedo come figli, figli a cui nessuno deve rubare il sorriso o spegnere la luce sul volto.

I giovani di Castelvetrano non lo meritano. Ne conosco tanti ragazzi coraggiosi e orgogliosi di essere castelvetranesi. Non siamo solo la città di Matteo Messina Denaro, siamo anche la città di Gentile, di Titone, di Diecidue, di Pardo, di Centonze. Siamo la città di chi è stanco e saturo del lessico delle colpe, dei ricatti, dei soprusi, delle intimidazioni, delle vendette. Siamo la città di chi è stanco di avere paura. Siamo una città sfibrata, logora e massacrata oggi più che mai dai mass media, ma siamo anche una città che può se vuole cambiare vita rinascendo dalle macerie. Vorrei che i riflettori si accendessero non su chi fa il proprio dovere con senso di responsabilità e deontologia professionale ma su chi non lo ha mai fatto e induce subdolamente a continuare a non farlo.

Cito le parole di Gesualdo Bufalino: “ Se un giorno la mafia sarà sconfitta, sarà sconfitta da un esercito di maestri elementari.” Ecco io ci credo e continuerò a crederci nonostante ancora una volta il prezzo da pagare sia alto."

Prof. Fabiana Cusumano

Ti piacciono i nostri articoli?

Non perderti le notizie più importanti. Ricevi una mail alle 19.00 con tutte le notizie del giorno iscrivendoti alla nostra rassegna via email.

In evidenza