È da alcuni anni che la stampa italiana parla di crisi economica mondiale e si sta accorgendo anche, forse per motivi politici, che l’italiano medio, sta economicamente male e che il più povero, addirittura, è costretto a consumare qualche pasto caldo presso le mense pubbliche, dove esistono, o a recarsi alla Caritas per approvvigionarsi di un po’ di vestiario o d’alimenti. In compenso ci sono i grandi evasori che, malgrado qualche spolverata negli occhi da parte della guardia di finanza, per far contenti i contribuenti, continuano ad ingrossare il loro patrimonio.
Oggi il 10% della popolazione possiede il 50% delle ricchezze italiane. Chi si trova in brutte acque, difficilmente riuscirà ad aumentare le entrate, pertanto, bisogna che pensi a diminuire le spese. Infatti, prima di effettuare una spesa dovremmo riflettere; ci potremmo così accorgere che una buona fetta degli acquisti, è costituita da spese voluttuarie ed inutili. Il consumismo, che cammina dietro al benessere, stimolato dalla pubblicità, dal sistema di vendita “merce vista e gradita” arrivata da noi con i supermercati, e con la vendita rateale agevolata, stimola il consumatore a comprare oltre le effettive necessità ed a spendere oltre le effettive disponibilità economiche.
Il consumatore s’innamora perdutamente degli articoli di marca, non pensando che costano più del loro valore reale, perchè le spese della pubblicità martellante, vanno a gravare sul costo di produzione del prodotto. I nostri nonni si facevano sempre guidare dai proverbi; uno consigliava di “non fare il passo più lungo della gamba”, un altro in dialetto, dallo stesso significato diceva “stenni lu peri nzina chi lu linzolu teni”. Il noto proverbio: “Mangiare per vivere e non vivere per mangiare” dimenticato durante il periodo del benessere, deve tornare d’attualità per pareggiare il bilancio familiare, ma anche per evitare le malattie del benessere.
Nel passato e fino agli anni ’50, durante la scomparsa civiltà contadina, si pensava al risparmio; nelle scuole c’era la giornata del risparmio con il tema in classe; i proverbi incitavano al risparmio “sparagna la farina quannu la maidda è china, picchì quannu è vacanti nun servi cchiù lu sparagnu” oppure “di lu sparagnu ti veni lu varagnu”. Il boom economico, iniziato in Italia intorno agli anni ’60 ha creato una generazione di giovani, i così detti “figli del benessere”, che vivono per il semplice piacere di consumare.
Oggi, malgrado si parli di crisi, la gente continua a servirsi della macchina anche per fare pochi metri: specialmente fra i giovani non esiste la cultura del camminare a piedi; ancora non si vuole rinunciare alla seconda macchina o al motociclo per il capriccio di usarlo nelle belle giornate. Anche le nostre industrie e gli artigiani potrebbero risparmiare sui trasporti. Per la Sicilia le spese di trasporto incidono moltissimo sia negli acquisti che nella vendita dei prodotti da e per il nord. E’ noto che il trasporto su rotaia o marittimo, costa circa la metà che sul gommato, ma con una ferrovia attualmente fatiscente, bisogna aspettare tempi migliori, come la costruzione del famoso ponte “Berlusconi” sullo stretto e l’alta velocità.
Un’altra spesa sicuramente inutile è la così detta acqua minerale: L’acqua minerale imbottigliata, frutto di una pubblicità capillare, è diventata così di moda, da soppiantare “l’acqua del sindaco” anche nei posti dove la natura fornisce acqua da bere ottima, fresca e abbondante. Un altro spendaccione è lo Stato Italiano, che oltre a dare il cattivo esempio, sperperando il pubblico denaro in lavori pubblici spesso inutili e più spesso lasciati incompleti o finiti e mai utilizzati, lascia ancora in funzione tutte le Province che, con l’entrata in vigore delle Regioni, dovevano essere soppresse.
Ciò non è stato fatto, anzi sono sorte recentemente molte nuove Province per sistemare qualche altro politicante a spasso. Quando il bilancio statale piange, i nostri governanti non riducono le spese militari per una guerra non nostra e non rinunciano alle spese inutili; essi pensano a risparmiare sempre sulle pensioni e sulla sanità fruiti dai cittadini . Le spese del parlamento, comprese le pensioni d’oro ai signori onorevoli, spettanti solo dopo pochissimi anni di servizio, non si toccano mai.
Oggi più di ieri, con la crisi economica e la mancanza di lavoro, deve essere il cittadino a protestare per chiedere una sana gestione del denaro pubblico. VITO MARINO