“L'impatto ambientale della pesca, in termini di emissioni nell'atmosfera, è molto ridotto e decisamente inferiore a quello di imbarcazioni di altro genere o ad attività produttive svolte sulla terraferma”. Ad affermarlo è il presidente nazionale di Unci AgroAlimentare, citando il risultato del progetto di studio e ricerca “La pesca e i cambiamenti climatici”, promosso dall'associazione di settore in collaborazione con altri partner, nell'ambito del Piano triennale della Pesca e dell'Acquacoltura 2022-2024.
Gli esiti del lavoro di monitoraggio, effettuato con il coinvolgimento diretto degli operatori, anche attraverso lo sviluppo di un'applicazione digitale per la raccolta dei dati, sono stati presentati nell'ambito di Divinazione Expo 2024, evento collaterale al G7 Agricoltura, nell'isola di Ortigia a Siracusa, con la relazione della biologa e dottoressa di ricerca, Barbara Zambuchini, alla presenza di rappresentanti istituzionali, della direzione Pesca del Ministero, del presidente nazionale dell'Unci AgroAlimentare, Gennaro Scognamiglio, del presidente dell'Unci, Andrea Amico, del direttore dell'Unci Sicilia, Luisa Tosto, e di altri tecnici ed esperti del settore: Vincenza Cerulo, Santo Alleri e Piero Forte.
Il progetto ha permesso l'analisi sulle emissioni di anidride carbonica (CO2) delle flotte pescherecce nel Mediterraneo, focalizzandosi su alcune aree del Tirreno (GSA 10), dello lonio (GSA 16) e dell'Adriatico (GSA 17-18). È stata condotta un'analisi statistica, esaminando variabili chiave come le caratteristiche dei motori, la potenza, il tipo di alimentazione, il numero di giornate di pesca e i tempi di permanenza in mare. E' stata poi focalizzata l'analisi su tecniche di pesca, quali lo strascico, volanti, lampare, la piccola pesca, compiendo una valutazione oltre che sul rilascio di anidride carbonica, anche sui principali macroinquinanti/gas serra responsabili dei fenomeni di acidificazione ed eutrofizzazione, come il monossido di carbonio, l'ossido di azoto, l'ossido di zolfo, composti organici volatili non metonici, particelle sospese totali (PM10), ed esaminando l'efficacia degli impianti di mitilicoltura nel trattenere CO2, contribuendo così a una migliore comprensione del flusso biogenico del carbonio e delle dinamiche ambientali.
Uno studio sulle emissioni di gas serra nella pesca ha rilevato che ogni chilo di pesce allevato emette 5 kg di CO2, quello pescato da 1 a 3 kg, dati molto più contenuti rispetto ai 59,6 kg emessi per un chilo di carne rossa, mentre per l'agnello si arriva a 24 kg. Anche altri alimenti come il formaggio, principalmente derivato da latte vaccino, oppure il ciccolato o il caffè contribuiscono significativamente all'impatto ambientale. Per quanto riguarda le emissioni in atmosfera, gli alimenti vegetali hanno un impatto ambientale notevolmente inferiore rispetto ai prodotti animali. Per gli impianti di mitilicoltura viene evidenziato il contributo positivo al riassorbimento dell’anidride carbonica da parte dei mitili (cozze), soprattutto per gli impianti privi di fasi di stabulazione.
La pesca con metodi sostenibili e responsabili non solo riduce le emissioni, ma salvaguarda gli ecosistemi marini. Il comparto ha già compiuto progressi significativi in questa direzione, con una riduzione del 50% delle emissioni a partire dal 1990 nell'Ue. Per raggiungere l'obiettivo di zero emissioni entro il 2050 occorre trovare valide alternative energetiche e diminuire la dipendenza da combustibili fossili.
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Comunicato stampa