Il "girone dantesco" delle carceri di Trapani

Il procuratore Paci ha illustrato i particolari dell'operazione che ha portato all'arresto di 11 agenti penitenziari

20 Novembre 2024 15:32
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Finestre piccolissime dalle quali filtrava appena la luce del sole, cemento e sbarre ovunque. E poi le botte, gli insulti, le minacce, le umiliazioni. Il reparto “blu” delle carceri di Trapani (oggi chiuso) era diventato un vero e proprio luogo di tortura. 

Una “zona franca”, l’ha definita il procuratore di Trapani, Gabriele Paci, illustrando questa mattina nel corso di una conferenza stampa, i particolari dell’inchiesta, durata dal 2021 al 2023, condotta dal Nucleo Investigativo Regionale della Polizia Penitenziaria e coordinata dalla locale Procura, che ha portato all’emissione di 25 misure cautelari nei confronti di agenti della Polizia Penitenziaria in servizio alle carceri Pietro Cerulli di Trapani. 

“Un vero e proprio girone dantesco” ha proseguito Paci, “un luogo degradato, carente sotto il profilo igienico sanitario, con strutture non adeguate”. Nell’agosto del 2023 il reparto venne chiuso su ordine del Ministero, grazie alle denunce dei detenuti e i report delle associazioni, tra le quali “Nessuno Tocchi Caino”, che avevano effettuato tutta una serie di ispezioni all’interno del reparto, utilizzato per l’isolamento. 

Le violenze non risparmiavano nessuno, neanche i più fragili affetti da problemi psichici. Uomini costretti a spogliarsi e poi umiliati, scherniti, utilizzati come bersagli da colpire con ceste piene d’acqua mista a urina.

”Violenze gratuite e inconcepibili per chi riveste un ruolo istituzionale - ha sottolineato ancora il procuratore - atti ripetuti di violenza, violenza che viene qualificata dal gip come tortura, cioè qualcosa di molto più grave, molto più profondo del semplice atto di violenza. Non scordiamoci che all’interno di un carcere la violenza può essere praticata nell’adempimento di un dovere se modulata correttamente di fronte a determinate situazioni. Di certo nessuna norma legittima un operatore ad attivare un meccanismo di sopraffazione, di derisione, di umiliazione del detenuto. Non scordiamo che lo stato di degrado all’interno di un carcere non lo vivono solamente i detenuti ma anche chi opera con la divisa ma questo non legittima a superare il limite previsto dalla norma”. 

Non solo violenze fisiche: le indagini hanno rivelato anche false relazioni di servizio, usate per calunniare i detenuti e coprire gli abusi. “Queste relazioni di servizio, che fotografavano falsamente la realtà, come abbiamo avuto modo di verificare attraverso le intercettazioni e le immagini delle telecamere - ha precisato il comandante del Nucleo Investigativo Regionale della Polizia Penitenziaria - venivano poi convogliate in Procura sotto forma di notizie di reato ai danni dei detenuti”. 

“Il carcere - ha concluso - deve essere un presidio di legalità, una casa di vetro. Oggi raccontiamo ai cittadini che anche quando ci troviamo di fronte a delle realtà tristi e scomode lo Stato c’è e cerca di far rispettare la legge. In tutto sono 46 le persone indagate, circa un quinto del personale in servizio all’interno delle carceri di Trapani. 

“Questo fa riflettere sotto due prospettive diverse – ha detto il procuratore Paci – da un lato che c’è un malessere sul quale bisogna intervenire perché ci sono situazioni di degrado, ci sono evidentemente situazioni di disagio per quanto riguarda sia i detenuti sia chi lavora all’interno di queste strutture". 

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