Da simbolo di incuria e degrado a simbolo della memoria di una città. Davanti alla Prefettura di Trapani, in piazza Vittorio Veneto, questa mattina è stata inaugurata l’opera d’arte realizzata da Massimiliano Errera con ciò che resta della Fiat 132 blindata del giudice Carlo Palermo.
Un’auto distrutta, consumata dal tempo e dalla ruggine, è diventata oggi un monumento alla memoria, un simbolo di verità che riemerge dal silenzio. Per anni era rimasta dimenticata all’autoparco comunale, circondata dai rifiuti. Poi qualcuno – un artista e un’amministrazione che hano creduto nel valore della memoria – ha deciso di restituirle dignità. “Questa macchina per trent’anni è rimasta tra i rifiuti – ha raccontato Errera – nel 2021 abbiamo deciso di recuperarla e farne un monumento. L’ho vista nuda e cruda, come è stato l’attentato di Pizzolungo. Quell’attentato ha lasciato un segno profondo in questa città. La mafia può uccidere, ma non può cancellare la verità.”
Intorno all’opera, le autorità civili, religiose e militari, Salvatore La Porta, uno degli ex agenti della scorta del magistrato, tanti cittadini e studenti. E c’era lei, Margherita Asta, figlia e sorella delle vittime di quella mattina di aprile del 1985. Aveva solo dieci anni quando la madre Barbara Rizzo e i suoi fratellini Giuseppe e Salvatore, di sei anni, morirono nell’esplosione che doveva uccidere Carlo Palermo.
“Quest’opera rappresenta tutto – ha sottolineato – la bruttezza di ciò che è accaduto e la speranza. La ruggine c’è, e ci sarà sempre, perché la verità piena non la conosciamo ancora. Ma oggi dobbiamo guardare alla speranza, alla possibilità che ricordare serva a cambiare.” Il 2 aprile 1985 una carica di tritolo esplose sul lungomare di Pizzolungo, colpendo la vettura sbagliata:, la Scirocco di Barbara Rizzo, che viaggiava assieme ai suoi figlioletti, fece da scudo all’auto blindata del giudice. Palermo si salvò, ma la tragedia distrusse un’intera famiglia. Oggi quella stessa città, ferita ma non piegata, ha voluto restituire voce a quella storia.
“Di questa macchina rimangono solo i resti – ha detto il sindaco Giacomo Tranchida – ma dentro c’erano uomini che servivano lo Stato: l’autista Di Maggio e gli agenti della scorta. Non si tratta di teatralizzare il dolore, ma di renderlo memoria viva, consapevole, parte della nostra identità.” Il prefetto di Trapani ha aggiunto parole che sanno di monito e di speranza: “Questa vettura non deve indurre curiosità ma riflessione. È simbolo di memoria, affinché ciò che è accaduto non si ripeta più. Quei fiori accanto ai rottami sono un segno di speranza: Trapani oggi dice che vuole stare dalla parte della legalità.”
E poi, tra gli applausi e il silenzio, la voce di Carlo Palermo, in collegamento da Trento: “Fin dall’inizio fu palese che su quei fatti pendeva un’altra verità, più nascosta di quella che la magistratura ha sinora cercato. La ruggine dell’opera rappresenta quel risentimento, quella memoria che non si cancella. È la materia viva della nostra storia, la traccia di ciò che non dobbiamo dimenticare.”
Così, tra la luce fredda del mattino e gli occhi commossi di chi c’era, la Fiat 132 ha compiuto il suo ultimo viaggio: dal buio dell’abbandono al centro della città. Non più relitto, ma simbolo. Non più silenzio, ma parola. La memoria di Pizzolungo ora abita qui, nel cuore di Trapani, dove la ruggine racconta il dolore, ma anche la forza di rinascere.