Sogno di una notte di quasi inverno

Bia Cusumano prova a trasformare in una fiaba una vicenda di cui si è parlato anche troppoe che proviamoa chiudere qui

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
05 Dicembre 2021 18:32
 Sogno di una notte di quasi inverno

Sulla vicenda degli alunni meritevoli e sugli errori di comunicazione commessi dall’Amministrazione abbiamo  ampiamente parlato, ospitando anche i contributi di diversi liberi pensatori. Nulla da dire sulla meritoria azione e sul bel gesto di ospitare degli studenti gratuitamente, grazie anche alla disponibilità di Ars Nova che ha organizzato gli eventi, probabilmente la vicenda andava gestita in maniera diversa evitando di sottolineare quel meritevoli che, seppur giusto nella sostanza, nella forma ha scatenato un putiferio mediatico.

Abbiamo accettato di ospitare un ultimo intervento, per chiudere il cerchio, da parte della consulente del sindaco Fabiana Cusumano, che con la sua sensibilità artistica ha cercato di sdrammatizzare tasformando la vicenda in un racconto dai toni fiabeschi. A chi dalle pagine dei social ci ha accusato di non dare adeguato spazio ad altre problematiche, come i mancati pagamenti dei tributi, o delle demolizioni o di vicende di mafia, raccomandiamo maggiore attenzione e lo invitiamo a fare una ricerca sul nostro giornale, dove troverà decine di pezzi sugli argomenti predetti, noi possiamo andare a testa alta questo novello Catone il censore, non crediamo possa dire lo stesso del suo operato visto che stranamente alcuni argomenti o alcune tematiche di pubblico dominio non sono mai state da lui tratatte, e ci piacerebbe sapere il perchè, anche se in fondo un'idea ce la siamo già fatti.

A.Q.

Ho fatto un sogno in una fredda e piovosa notte d’inverno. Lo racconto perché non voglio dimenticarlo. D’improvviso mi ritrovavo in una sala grande, con appeso al soffitto un lampadario di cristallo antico e tutto intorno una musica leggera e armonica riecheggiava, di una dolcezza struggente. Poi una luce s’accendeva e al pianoforte, su un palcoscenico nudo, suonava una giovane pianista dai capelli lunghi, di seta. Era bella e raffinata nel suo tocco gentile sui tasti. Le sue mani scorrevano sensuali e sapienti sul pianoforte in quella antica sala.

La pianista suonava ma in platea ero solo io ad ascoltarla. Non vi era nessuno altro. Poi da lontano voci di bimbi iniziavano a giungermi e mi giravo e rigiravo per vedere dove fossero. I bimbi volevano entrare nella grande sala ad ascoltare la pianista ma vi erano degli uomini goffi e alti a trattenerli fuori al freddo in quella notte piovosa. Erano tutti vestiti con dei maglioncini bianchi e i loro sguardi erano come scintille di stelle nel cielo d’inverno. Mi sono alzata allora, lasciando la pianista sola ma il richiamo di quei bimbi era più forte di quella stessa suadente musica.

I bimbi mi guardavano impauriti, quegli uomini goffi, alti, robusti, non li volevano fare entrare. Uno dei bimbi mi corse incontro, forse il più piccolo, il più esile, che riuscì a passare sotto le gambe di uno di quegli adulti con lo sguardo torvo. Il bimbo mi disse: “Signora ma perché se la festa è lì dentro a noi bimbi non vogliono farci entrare? Sentiamo una musica bella e a noi piace tanto la musica, sa la studiamo a scuola. Nelle nostre classi studiamo tanti strumenti e ci sono tante maestre buone che con tanta pazienza ci insegnano a suonare anche il pianoforte.

Siamo stati bravi, sa, abbiamo studiato tanto tanto per arrivare qua stasera, a volte abbiamo anche rinunciato a giocare con i nostri compagni e amici ma lo studio ci hanno detto sarà il vero premio, nella nostra vita. Noi ci abbiamo creduto e stasera siamo qua e vogliamo entrare, sederci, ascoltare la pianista e poi fare festa, perché è la nostra festa. Lei pensa che può convincerli, questi omaccioni grossi che noi non abbiamo fatto nulla di male per essere tenuti qua al freddo mentre la pianista suona lì dentro sola? Signora, non abbiamo fatto nulla di male ad essere bravi, a studiare tanto, ad amare la musica e stasera è la nostra festa. E poi tutti contenti vogliamo dire alla pianista che è stata brava e che avrà dovuto studiare tanto per arrivare lì su quel palco, chissà quanti sacrifici, quante ore al pianoforte, quanto impegno e rinunce… pure noi vogliamo fare così come la pianista dai capelli di seta”.

Il bimbo mi guardò con i suoi occhioni grandi e pieni di luce. “Anche io disse da grande voglio fare il pianista, la prego li convinca lei, questi omaccioni che non è una colpa studiare tanto ed essere bravi ed essere qui a teatro. Guardi ci siamo vestiti tutti eleganti, abbiamo messo un fiocco rosso, ora arriva il Natale e forse noi bimbi per questo Natale non avremo niente, viviamo in una città povera, così ci dicono sempre i nostri genitori, e forse non avremo alberi, luci, Babbo Natale e regali. Forse non avremo tante cose ma la prego ci faccia entrare. E poi perché non vogliono? Cosa abbiamo fatto di male ?”.

E mentre il bimbo mi diceva tutte queste cose, la pianista sola in quella grande sala antica continuava a suonare. Poi girandomi intorno per cercare aiuto, vidi le maestre trattenute pure loro, come fossero inchiodate al pavimento. Avevano paura. Avevano in mano dei doni per i bimbi. Anche loro volevano entrare e senza parlare, un po' come fanno gli adulti a differenza dei bimbi, che non hanno paura di farlo, desideravano sedersi con i loro alunni e ascoltare la pianista dai capelli di seta.

Pensai che non vi era proprio nessuno che potesse aiutarmi a convincere quegli uomini che non vi era alcun motivo perché tutti restassero fuori al freddo e la pianista suonasse sola. Cercai di parlare ma la voce non mi usciva fuori dalla gola. Quegli uomini però non mi facevano paura. Provai solo una infinita tristezza e tanto tanto sconforto per quei bimbi tenuti lì fuori mentre la pianista dai capelli di seta continuava la sua splendida esecuzione. Poi una donna si avvicinò e mi strinse la mano.

Mi disse che anche lei era lì fuori ad attendere e con pazienza e dolcezza mi spiegò tante cose. Le chiesi aiuto, lei capì il mio desiderio autentico e il mio amore disperato per quei bimbi. Allora con coraggio, mano nella mano abbiamo detto ai bimbi di fare una lunga fila e che quegli uomini erano solo delle sagome disegnate su dei cartoni, non erano veri adulti, perché mai nessun adulto avrebbe impedito loro di entrare a teatro per sedersi ad ascoltare una pianista dai capelli di seta.

E che sì erano stati bravi, si meritavano tutta quella festa, poi la foto, poi i doni. Non dovevano avere paura e se non avessero avuto paura quegli uomini sarebbero scoparsi. Erano soltanto brutte ombre, come uno scherzo, e nessuno avrebbe negato loro quella serata in quella notte di inverno, fatta di allegria, musica, arte, doni e tanta gioia. Fu così. I bimbi non ebbero più paura, né le maestre, né gli altri adulti che a poco a poco iniziarono a materializzarsi lì accanto ai bimbi.

Tutti entrano in quella grande sala antica, si sedettero composti, con i loro vestiti eleganti e i loro fiocchi rossi e ascoltarono la pianista dai capelli di seta. Certo è solo un sogno ma forse meritava di essere raccontato. In fondo nella vita, il vero premio è lo studio mi ha insegnato quel bimbo ma anche il coraggio. Ed è strano come un sogno possa dire il vero più della realtà, perché nella città in cui vivo gli adulti non permetterebbero mai ai nostri bimbi di sentirsi in colpa perché bravi e mai e dico mai negherebbero loro una serata d’inverno a teatro ad ascoltare una pianista dai lunghi capelli di seta.

Bia Cusumano

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