Sicilia un isola che ha una storia piena di ponti

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
11 Aprile 2018 09:47
Sicilia un isola che ha una storia piena di ponti

Senza dover scomodare "illustri ingegneri" che propinano ad ogni tornata elettorale il Ponte sullo Stretto (in sostanza un modo come un altro per intascare finanziamenti pubblici per una delle tante opere che rimarrebbe incompiuta), possiamo risalire fino alle metà del XVI secolo, quando vi fu, pur senza un disegno complessivo strategico, una occasionale costruzione di ponti. A prendere l'iniziativa erano stati le "universitates" ovvero i comuni, vescovi, feudatari, sudditi ed anche il potere regio.

Di ponti si era piu volte occupato anche il parlamento del regno, al momento di decidere l'importo delle tassazioni e la destinazione delle somme da raccogliere. Nel 1508 l'assise parlamentare richiese a Ferdinando il Cattolico di poter riparare i ponti esistenti, stanziando la somma di 5000 fiorini. Il re concesse il placet ma disposizione non ebbe alcun seguito di rilievo. Un po' come accade oggi...Il capitolo venne replicato nel 1514 e se ne chiese quindi la conferma a Carlo V nel 1519.

Nel frattempo andava avanti l'usura dei pochi ponti esistenti e continuavano, specialmente al tempo di vernata, gli annegamenti di sventurati che tentavano il guado. Nel 1555, finalmente, il Parlamento votò uno speciale donativo di 48.000 fiorini da riscuoterei in tre anni e destinato specificamente alla costruzione e riparazione di ponti.  Altro donativo venne destinato alla costruzione di torri. Da quel momento la fabbricazione e la manutenzione dei ponti dislocati lungo le principali vie della Sicilia (e delle torri litoranee) divenne compito di uno speciale organo, la Deputazione, un’emanazione del Parlamento.

La costruzione di ponti, oltre che di torri, divenne in Sicilia a meta ‘500 un problema generale, 'strategico' e si impose come una attribuzione propria dello Stato. Le assise parlamentari siciliane successive al 1555 confermavano ad ogni scadenza i donativi per costruzione e manutenzione di ponti (e di torri), talvolta con notevoli tagli. Ecco cosa deliberò il parlamento del 1615 di fronte alla richiesta del rinnovo del donativo dei ponti presentata dal vicere de Osuna: "E discussa e ben considerata la detta proposta si risponde a Vostra Eccellenza che il bisogno che questo fidelissimo Regno tiene di ponti alli luoghi che si son conclusi farsi si ha conosciuto, poichè li pericoli che ogni dì patiscono li regnicoli e forastieri viandanti chiaramente li dimostrano, li quali non possono discorrere per il Regno per l'apparenti disaggi che han successo e succedono, il che causa diminuitione del commercio, tanto necessario a detto regno, e prima al servitio di Sua Maestà ...

E perciò detti tre bracchii ... hanno votato, accordato e concluso che di nuovo s'havessero offerto li fiorini quarant'otto mila a questo effetto, da pagarsi per tutto il Regno in tre anni, di terzo in terzo ... d'anno in anno ogni quattro mesi una tanda. Il denaro riscosso ut moris est veniva depositato nella tavola o banchi della città di Palermo o nella città di Messina nel banco o tavola d'essa città, a nome delli deputati, per conto delli ponti del Regno, e non possano ricevere di contanti e fuori d'essa tavola e banchi, né convertirsi, né spendere ad altro effetto, per qualsivoglia urgente et urgentissima necessità, se non nella fabbrica de' ponti d'esso Regno ...

li quali danari s'habbino d'essigere e distribuire per polisa delli deputati, li quali non sian obbligati dar altro conto, ma tantum demostrare le partite dell'introito et essito. " La Deputazione si occupava quindi allo stesso tempo della costruzione e del restauro dei ponti, della erezione, sorveglianza, restauro ed armamento delle torri costiere. Implicito che i tecnici della Deputazione dovessero intendersi tanto di architettura fortificata che di ingegneria della viabilità.

  Di fatto, tra la fine del '500 ed i primi anni del '600, al servizio della Deputazione vi furono spesso i migliori architetti-ingegneri allora in attività, passando con disinvoltura e maestria dalla costruzione di ponti a quella di torri ed altre opere fortificate. Il nome di Camillo Camilliani basta da solo a qualificare il livello tecnico e culturale delle fabbriche della Deputazione alla fine del ‘500. L'istituzione del donativo di torri e ponti comportò, a partire dagli ultimi anni dell'età di Carlo V, un notevole impulso all'edilizia pubblica in Sicilia.

Durante il viceregno di Juan de Vega, oltre ad iniziarsi la costruzione di alcune torri, fu eretto il ponte di Capodarso, sul fiume Salso (o Imera Meridionale) nei pressi di Caltanissetta. Il ponte, ad un solo arco, fu inaugurato nel 1553 e subito ritenuto una delle meraviglie della Sicilia (ben diverso da quello inaugurato in tempi recenti e crollato poco dopo). L'inaugurazione del ponte fu celebrata con una scritta in latino: "Carolo V imperatore, Johannes de Vega prorex ad itinerantium commoditatem Achatem fluvium, ponte publica impensa constructo decoravit.

Fuit edificatus a duobus Magistris venetis anno MDLIII pro mercede unciarum bis mille expensis totius Trinacriae Regni. Extat altitudo palmorum octuaginta, latitudo vero palmorum centum et tresdecim". La costruzione venne affidata a due magistri non siciliani ma veneti. Probabilmente in Sicilia difettavano (e forse difettano ancora) le professionalita o, vista la difficolta dell'opera da realizzare, il vicere volle affidarsi a specialisti di comprovata abilita e perizia.

Si chiamarono infatti esperti da fuori per la realizzazioni di alcune opere, soprattutto   dalla Lombardia, come Ferramolino da Bergano o dalla Toscana, come Tiburzio Spannocchi e Camillo Camiliani. Gli ultimi 25 anni del XVI secolo ed i primissimi anni del XVII, furono caratterizzati da notevoli attività di elevazioni di ponti e torri.   Elena Manzini Fine Prima parte La seconda parte verrà pubblicata domani

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