Pescatori sequestrati a Bengasi. familiari incontrano Conte e Di Maio ricevendo rassicurazioni. Forse non basta, cresce la preoccupazione e la protesta…

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
29 Settembre 2020 18:58
Pescatori sequestrati a Bengasi. familiari incontrano Conte e Di Maio ricevendo rassicurazioni. Forse non basta, cresce la preoccupazione e la protesta…

Un incontro che sarebbe durato una ventina di minuti, non di più, quello avvenuto quest’oggi a Palazzo Chigi fra il premier Giuseppe Conte e la delegazione mazarese composta dagli armatori Leonardo Gancitano e Marco Marrone, e dai familiari dei diciotto pescatori che da quasi un mese si troverebbero in carcere a El Kuefia, a 15 km a sud est di Bengasi; i due motopesca sequestrati si trovano invece nel porto della stessa capitale Cirenaica. Nel corso dell’incontro, alla presenza del Ministro Luigi Di Maio, Giuseppe Conte avrebbe rassicurato le famiglie dei pescatori, mazaresi e tunisine ammettendo però che la trattativa seppur in corso, e con il massimo impegno,  presenta delle difficoltà; Conte e Di Maio avrebbero anche rassicurato i presenti sulle buone condizioni dei marittimi.

In merito allo stesso incontro la parlamentare mazarese alla Camera, Vita Martinciglio (M5S) attraverso una nota ha dichiarato:  “Sin dal primo momento mi sono attivata, di concerto con il governo per risolvere la delicata questione del sequestro dei nostri 18 marittimi in Libia, affinché le loro famiglie potessero riabbracciarli al più presto. Comprendendo le preoccupazioni dei familiari mi sono adoperata affinché potessero ricevere direttamente dal Presidente del Consiglio Conte le informazioni e le rassicurazioni riguardo al fatto che il governo si sta adoperando con il massimo impegno per la risoluzione di questa vicenda.

Il presidente Conte ha confermato che attualmente tutti i canali diplomatici sono aperti e l'impegno da parte del governo italiano è e sarà costante sino alla risoluzione. Tutti i nostri 18 marinai devono ritornare a casa dai loro cari”. “Passeremo qui le notti davanti Montecitorio e i familiari rimarranno incatenati finché non verranno rilasciati i nostri pescatori ed i pescherecci. Il tempo delle chiacchiere, del buon senso, del profilo basso è ormai finito. Ci fermeremo solo se arrivano risultati positivi”.

Chissà che queste parole pronunciate da Leonardo Gancitano e Marco Marrone, armatori dei due motopesca “Antartide” e “Medinea” sequestrati a Bengasi dallo scorso primo settembre, e l’innalzamento dell’attenzione dei media nazionale sulla vicenda avrebbero convinto il Governo ad incontrare la delegazione mazarese che probabilmente si sarebbero aspettati qualcosa di più concreto dallo stesso incontro. Dei pescatori da giorni non si hanno notizie, nell’ultimo contatto telefonico, avvenuto una decina di giorni fa, Pietro Marrone, comandante del “Medinea” chiese, a nome dei suoi compagni di sventura, di fare il possibile per liberarli annunciando la volontà dei libici di  accusarli di traffico di droga; puntualmente dopo qualche giorno circolarono delle foto con degli involucri con della presunta davanti ai motopesca ormeggiati rimasti incustoditi dalla mattina del 2 settembre.

Dopo quella straziante telefonata, ripresa in diretta da una tv nazionale, i due armatori ed un gruppo di familiari dei pescatori, sia mazaresi che tunisini, decisero di partire a Roma. In piazza Montecitorio, davanti al Parlamento hanno esposto degli striscioni con la richiesta di far liberare i marittimi. In questi giorni hanno incontrato diversi esponenti politici, gran parte dell’opposizione, chiedendo a gran voce un incontro con il Premier Conte e con il Ministro Di Maio fino alla decisione di incatenarsi (vedi foto copertina) e di passare la notte all’addiaccio a piazza Montecitorio.

Il Governo dal canto suo ha sempre sottolineato di stare lavorando alla soluzione della vicenda chiedendo massimo riserbo. Una vicenda però che giorno dopo giorno si è sempre più complicata fino alla richiesta del generale Khalifa Haftar, resa pubblica dal Libyan Address Journal, di estradare, in cambio della liberazione dei pescatori, i quattro libici, conosciuti in patria come calciatori, condannati dalla corte d’assise di Catania e poi dalla corte d’appello etnea a 30 anni di carcere con l’accusa di aver fatto parte del gruppo di scafisti responsabili della cosiddetta “Strage di Ferragosto” (2015) in cui morirono 49 migranti.

Molti osservatori sono convinti che le autorità cirenaiche intendano alzare il prezzo della partita sottoponendo ad un processo, probabilmente nei prossimi giorni, i diciotto pescatori accusandoli in primis di esser stati fermati all’interno della ZEE libica che si estende, oltre 12 territoriali, per 62 miglia in acque internazionali. Pertanto cresce la preoccupazione a Mazara del Vallo. Uno striscione con su scritto “Liberate i pescatori di Mazara” da questa mattina campeggia sugli scranni dell’aula consiliare di Mazara che nelle prossime ore potrebbe essere occupata pacificamente in segno di protesta dai familiari dei pescatori sequestrati.

Francesco Mezzapelle

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