In occasione della prima giornata della memoria collettiva per le oltre centomila vittime da covid riceviamo una riflessione dalla nostra affezionata lettrice la professoressa Francesca Mandina. La "Giornata nazionale in onore delle vittime da covid" è legge. È stata proclamata la prima giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia da Coronavirus. Un anno fa, il 18 marzo 2020, si spegnevano migliaia e migliaia di vite umane lasciando nel vuoto i propri cari.
Tante sono state le famiglie colpite, ancora terribilmente distrutte dal dolore, mentre l'Italia guardava in diretta tivù quelle bare portate via da grossi camion militari che sfilavano sotto gli occhi di tutti. È tata una guerra, ma contro un nemico invisibile, guerra che ancora oggi, purtroppo, continua. Per sempre ci si separava dai propri cari colpiti dal covid e nessuno avrebbe mai pensato di non rivederli più. La sofferenza è stata grande perché non si poteva più avere un contatto con la persona amata che veniva ricoverata.
Si sentiva addosso solamente un grande dolore fisico per quello strappo improvviso. Era l'ultimo legame avuto con i propri cari. Chissà quante cose in quel momento ci si voleva dire, quanti abbracci, quanti sguardi c'erano ancora da scambiare. Sì, il covid ha strappato pure l'umanità. È stata grande la sofferenza di chi non ha potuto più essere vicino, di chi non ha potuto abbracciare figli, madri, padri, amici. Davvero la pandemia ha distrutto l'esistenza di tantissime persone devastate da lutti troppo forti.
Tutto questo, ora e per sempre, rimarrà nella memoria collettiva. Nessuno può dimenticare. Francesca Mandina