L’ELZEVIRO di Giacomo Bonagiuso: Lettera selvaggia a Selvaggia Lucarelli

Sulla polemica scatenata dalla popolare giornalista sulla spazzatura di Noto , Bonagiuso dice la sua con ironia e...

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
18 Agosto 2021 16:20
L’ELZEVIRO di Giacomo Bonagiuso: Lettera selvaggia a Selvaggia Lucarelli

Selvaggia, cara; posso avere il piacere di invitarti a zonzo, senza villa, qua in Sicilia, tra pane cunsato, cannare, teatri di pietra, secolari, come Teatro di Segesta, e teatri giovani, di pochi anni, come Teatro Andromeda a Santo Stefano; tra le tamorre di Alfio Antico e la sua lingua universale, nel suono di Ezio Noto, nel mio teatro in lingua arcaica, in cui aiuti a metterti le sedie e arrotoli i cavi per i tecnici, senza primedonne perché appena provano a diventarci non sono più buone a raccontare nulla se non loro stesse, ed è meglio stiano zitte?

Vieni qui, tra ulivi di mio suocero Carlo, che vuole farci anche il crisma, tra le vigne imperiture, a tirare di zappa, ad aggiustarla con un "cugno" se infradicia. Perché un legno non si butta finché si può accomodare. E non per miseria: ricchi siamo, a sufficienza.Terroni ma benestanti. Mio papà era avvocato, io laureato. Lo saranno i miei figli. Ma le mani nella terra pure se siamo filosofi le mettiamo. E le metteremo sempre. Con o senza lode.

Vieni a scaliare la merda dei cani per vedere se stanno in salute, se gli vuoi bene, e capirai che il meridione è Ballarò. Non puoi rendere ordinato il caos, non puoi regolare le corde d'orologio alla follia di Pirandello e Gorgia, non puoi propendere per odio o amore a tenere fermo lo stoikeion plurale di Parmenide. Plurale. In una Grecia monista, arrivò il girgentano a parlar plurale. Come Gorgia a difendere una donna per tutti "pulla": Elena, causa di guerre e sciagure. Minchia, la Sicilia. Se vuoi vivere la Sicilia devi "accollarti" anche il suo lato disarmonico, il controluce, il disservizio. Senza saresti in una bella simulazione a Milano marittima. Puoi provare il simulatore. Ma per vivere la Sicilia devi mischiare orrore o odore, sapere e sapore come ormai dicono tutti. Devi ficcarti dentro. Non chiuderti in villa, gioia mia.

Perditi in Sgalambro, in Battiato, al massimo. Leggiti 800A di Roberto Sottile... E lascia stare Tomasi di Lampedusa, che è il meno siciliano dei siciliani. E il più turistico, ormai Perditi nella vista assoluta di Tiresia di Camilleri, il cieco. Noi la luce la spegniamo per vederci meglio. Abbiamo inventato le Albe a teatro, dal buio alla luce, con Michele La Tona, e la follia di Ludovico Corrao ha partorito le Orestiadi di Gibellina; abbiamo il Cretto dove la memoria diventa sudario vivo. Le macerie da noi hanno consistenza e spessore. Non le buttiamo giù con la pala. Le facciamo diventare rovine. Memoria in pietra. Abbiamo il lutto, la luce e atlanti che sono libri d'onore, secondo Bufalino.

Se tutto questo non lo hai sentito dentro, vai in uno Starbucks. In Sicilia devi stare "scommira", perché se no non sei in Sicilia. Ma in un simulatore.

Ti aspetto. Ti aspettiamo. Scommira però.

Anzi.

Con una postilla

L'autore si chiede se non debba chiosare questo elzeviro dicendo chiaramente che ê una iperbole volutamente opposta alla iperbole della Lucarelli... Visti i tempi, meglio farlo. Anche se si capisce. L'autore non sta dicendo che amiamo vivere nella monnezza. Nè che sia giusto. Ne approfitta per tracciare la differenza tra pensiero continentale e meridiano. L'autore sta chiaramente provocando il provocatore... Che per fortuna è donna assai intelligente. E si chiede se tale intelligenza non avrebbe dovuto prevedere che i suoi cari followers nordici vomitassero cacca e odio verso la Sicilia e i siciliani. Ciò è molto più mediocre della monnezza.

Giacomo Bonagiuso

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