I boss cercavano di riorganizzare la cupola mafiosa, mescolando vecchie tradizioni con nuove strategie. Chat criptate e videochiamate hanno preso il posto dei vecchi “summit”. Niente “pizzini” ma telefoni cellulari nascosti, per comunicare anche dall’interno del carcere. E’ quanto emerge dalle indagini, condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia, che hanno portatom questa mattina all'arresto di 181 persone. Una maxi operazione nel cuore di Palermo, un durissimo colpo inflitto a Cosa Nostra. L’operazione, condotta dai Carabinieri, ha visto impegnati oltre duemila militari. Il maxi blitz ha azzerato quattro mandamenti storici della mafia palermitana – Porta Nuova, Tommaso Natale-San Lorenzo, Santa Maria di Gesù e Bagheria – smantellando anche importanti cellule mafiose a Pagliarelli e alla Noce. L’obiettivo dei boss era quello di serrare i ranghi e riorganizzare la struttura mafiosa per “camminare e ingrandire”, come emerge dalle intercettazioni.
I boss arrestati
Tra i nomi chiave dell’inchiesta emergono: Tommaso Lo Presti, ritenuto uno degli esponenti di vertice della mafia palermitana; Stefano Comandè (Porta Nuova); Francolino Spadaro (Kalsa); i fratelli Nunzio e Domenico Serio (San Lorenzo); Francesco Stagno (San Lorenzo); Guglielmo Rubino (Santa Maria di Gesù); Gino Mineo e Giuseppe Di Fiore (Bagheria). Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsioni, consumate o tentate, aggravate dal metodo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, favoreggiamento personale, reati in materia di armi, contro il patrimonio, la persona, esercizio abusivo del gioco d’azzardo.
I mafiosi detenuti avrebbero a disposizione micro sim e cellulari criptati introdotti illegalmente nelle celle attraverso i quali parlare indisturbati e dare ordini all’esterno. Gli apparecchi sarebbero stati usati per chiamare telefonini destinati esclusivamente a ricevere,
una sorta di telefoni-citofoni: circostanza che rende difficilissimo incrociare i dati. In una occasione Calogero Lo Presti avrebbe commissionato una spedizione punitiva contro un nemico, Giuseppe Santoro. Il boss, nel corso di una lunga serie di telefonate, oltre a scegliere minuziosamente la squadra delegata al pestaggio e a indicare le precise modalità dell’agguato, ha anche assistito in diretta, grazie al video-collegamento telefonico, al massacro della vittima.