La mafia non esiste! seconda parte

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
23 Novembre 2017 06:22
La mafia non esiste! seconda parte

 Era facile trovare, allora, chi si meravigliava di tutto questo dibattere di mafia: immersi com'erano in una realtà che non prevedeva alternative, non capivano quale fosse il problema.Molti, seguendo la più tradizionale filosofia delle tre scimmiette, ne negavano l'esistenza, intuendo che per “altri” non era una cosa tanto buona e consapevoli che l'omertà allunga la vita. C'era anche allora chi, come me, viveva dolorosamente e criticamente questa piaga sociale, pur senza impegnarsi in prima persona specificamente contro la mafia.

L'impegno anti-mafia era allora una prerogativa del partito comunista, l'unico dalla parte dei contadini nella lotta contro i potentati appoggiati dalla mafia. L'unico che annoverava nelle sue fila sindacalisti e contadini uccisi dalla mafia. Riina, che s'intendeva di politica oltre che di stragi e acido, al processo Scopelliti, lo disse al giudice chi erano i responsabili di questa caccia alle streghe di cui lui era “vittima”:Sono i comunisti che portano avanti queste cose: il signor Violante, il signor Caselli da Palermo.

C’è tutta una combriccola, c'è il signor Arlacchi che scrive… che cosa scrive il Signor Arlacchi? Tutte cose comuniste me lo lasci dire … loro portano avanti queste cose. Il governo si deve guardare da questi attacchi comunisti”. Altro che dalla mafia.  In quel contesto la Democrazia Cristiana e la mafia crebbero insieme nel nuovo assetto repubblicano e democratico. Tutti sapevano che i voti della mafia andavano a quel partito e che in quel partito militavano politici vicini ai mafiosi.

Tutti sapevano chi era Ciancimino, chi era Gioia, chi era Lima, chi erano i Salvo e i loro referenti. I Salvo,  con i loro intrallazzi, alleanze mafiose e entrature alla Regione, per decine d'anni s'arricchirono a spese dei Siciliani, che dovevano versare nelle tasche di Nino e Co. 10 centesimi ogni euro di tasse (10 lire ogni cento) quando la media  nazionale era del 2,5%. Nell'anno dopo il sequestro, ad opera di Totò Riina, di Corleo, suocero di Nino Salvo, morirono ammazzate diciassette persone in qualche modo legate al sequestro, tranne i mandanti.

Mi ricordo della mano birichina di un Castelvetranese, dotato di senso dell'umorismo, il quale, sui manifesti che annunciavano un comizio  di Salvo Lima, al nome a caratteri cubitali dell'”onorevole” aveva fatto precedere la scritta Tutti onesti Salvo Lima. La Democrazia Cristiana non aveva solo l'appoggio della mafia, ma anche quello della Chiesa, che vedeva in essa il baluardo indispensabile contro l'avanzata degli atei comunisti. Non suona strana, allora, la straordinaria consonanza, con quelle di Riina succitate, delle parole che il Cardinale Ruffini, ossessionato dal mangiatore di bambini comunista, scrisse in risposta a una

lettera di Angelo Dell’Acqua. Il sostituto della segreteria di Stato del Vaticano invitava il Cardinale ad una azione più incisiva contro la mafia e ad un'opera di dissociazione più chiara della mentalità della cosiddetta “mafia” da quella religiosa. Queste le parole  di risposta del Cardinale: “È una supposizione calunniosa messa in giro, specialmente fuori dall'Isola di Sicilia, dai socialcomunisti, i quali accusano la Democrazia Cristiana di essere appoggiata dalla mafia, mentre difendono i propri interessi economici in concorrenza proprio con organizzatori mafiosi o ritenuti tali”. Il Cardinale Ruffini, lombardo, ebbe diversi meriti nei suoi anni palermitani, soprattutto sul versante sociale, tranne quello di capire il fenomeno mafioso. Per lui più pericolosi della mafia erano il romanzo di Tomasi di Lampedusa “Il gattopardo” e Danilo Dolci, anche lui del Nord Italia, ma “comunista”.

La DC ebbe il ruolo decisivo e deleterio per la Sicilia di fare da catalizzatore nell'aggregazione di interessi che non potevano essere più distanti, apparentemente.  Naturalmente, già, nei '60 e '70, la Mafia era un fenomeno conosciuto e anche combattuto. Anzi quello fu un periodo caldo, di guerre di mafia e di guerra alla mafia. La strage di Ciaculli nel 62, la strage di viale Lazio nel 63 e poi gli omicidi del tenente colonnello Giuseppe Russo, dei commissari Beppe Montana e Antonino Cassarà, di Piersanti Mattarella, Pio La Torre e Michele Reina, Peppino Impastato,  e poi l'omicidio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, del capo della mobile Boris Giuliano, del professor Paolo Giaccone, l'omicidio del giudice Cesare Terranova. Purtroppo il caso del Cardinale Ruffini, uomo colto del nord, vittima di un abbaglio rovinoso nella sua sottovalutazione del fenomeno mafioso, non era isolato.

La classe politica, la magistratura, la stampa stessa non avevano, o non volevano avere, esatta contezza della gravità del fenomeno mafioso.

Fine seconda parte

Franco La Rocca N.B. Se volete leggere altri pensieri e riflessioni del nostro opinionionista Franco La Rocca potrete anche consultare il suo blog personale che troverete all’indirizzo: https://tongueofsecrets.blogspot.it/

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