I Maturandi del Liceo Pantaleo portano in scena Rapunzel, torna la magia della Rivista

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
23 Novembre 2017 21:18
I Maturandi del Liceo Pantaleo portano in scena Rapunzel, torna la magia della Rivista

Una cosa soltanto riesce ad unire tutti in una città disastrata come la nostra, capace di dividersi anche sulle cose più elementari e di coltivare odi e rancori. Ma che tu abbia 18 anni o che ne abbia 60 appena senti la parola Rivista, non penserai mai ad un periodico da edicola, oppure se qualcuno ti sussurra all’orecchio po po po po non penserai mai alla canzone dei Seven Nation Army diventata famosa in tutti gli stadi. Chi è di Castelvetrano ha capito a cosa mi riferisco, senza ulteriori spiegazioni, per gli altri che ci leggono da fuori i maturandi del Liceo Classico Giovanni Pantaleo nelle giornate di domenica 26 novembre, lunedì 27 e martedì 28 Novembre ore 21.00 al Teatro Selinus di Castelvetrano, con biglietto d’ingresso a 6 Euro e 10 Euro porteranno in scena Rapunzel, il musical liberamente tratto dalla Fiaba dei Fratelli Grimm, per la regia di Giacomo Bonagiuso.

Ed è proprio a lui che lasciamo la scena pubblicando integralmente una lettera che lo stesso ha voluto indirizzare ai giovani attori per un giorno che tanto hanno lavorato per allestire questo spettacolo.   UNA LETTERA PER I MATURANDI DELLA RIVISTA

Per la cinquanteseiesima volta i maturandi del Liceo Classico di Castelvetrano salgono sul palco di un teatro (che negli anni è stato il Palme, il Marconi, il Selinus…) per mettere in scena non soltanto una tradizione che ha visto intere generazioni cimentarsi con i più disparati tipi di spettacoli, ma per realizzare un sogno: festeggiare “l’ingresso in società” tramite un compito. E questo compito è costruire mattoncino dopo mattoncino uno spettacolo. Cercherò di spiegarmi meglio: mattoncino dopo mattoncino significa che dalla scelta del copione, al reperimento delle musiche, alla ideazione dei costumi, delle coreografie alle azioni sceniche, passando per il coinvolgimento dei giovani interpreti, cantanti, ballerini, tutto questo insieme complesso è affidato all’iniziativa di un gruppo di giovani.

Sulle loro spalle non solo l’esito della Rivista – perché in fondo tutte le Riviste sono belle – ma l’esito di una prova.  Così, con la “Rivista”, a Castelvetrano da cinquantasei anni, i giovani chiedono “permesso” al mondo degli adulti, e insieme a loro, ai loro padri e alle loro madri, chiedono alla società tutta un momento di attenzione e di riguardo. Ed io penso che lo meritino, perché portano avanti una tradizione che non si è mai fermata di fronte a teatri chiusi o difficoltà economiche, e che non si fermerà mai, credo, di fronte a nulla.

Ah, Santo Iddio, che meravigliosa tradizione è la Rivista.  Cinquantasei anni fa, o dieci, o tre, avrebbero potuto, questi giovani, dire e pensare come molti imprenditori: “sai che c’è? I bastoni tra le ruote sono tanti. La burocrazia non ci aiuta, anzi… Non siamo considerati se non quasi un disturbo per il teatro civico (eppure siamo gli unici a riempirlo ad uovo mattina mezzogiorno pomeriggio sera il teatro!), alla fine… lasciamo perdere! Organizziamo festicciole di birra e qualche alcolico e basta! Chi ce lo fa fare prendere qualche insufficienza e ogni santo pomeriggio dedicare due ore al… teatro?”.

Eppure i cari giovani (di cui tutti parlano, ma con cui quasi nessuno parla davvero!) non hanno pensato questo e cinquantasei anni fa, dieci anni fa, o tre, hanno proseguito senza demoralizzarsi di fronte ad una pioggia di disattenzione, superficialità, accanimento burocratico… Vi giuro: li ho visti investiti da onde alte tre metri, perché c’è chi ama fare il forte coi deboli, o con gli inesperienti… mi sono vergognato spesso di essere adulto… ho chiesto scusa per questo e, poi, ricordandomi di essere un educatore, oltre che un regista, li ho “cazziati”, spronati, e indirizzati al meglio che la mia natura limitata mi consente, cercando – anche sbagliando – di non compiacerli come se fossero dei cretini, ma relazionandomi con loro in una franca e sincera contesa, una tensione in cui il meglio è il fine, e la ricerca di quel meglio ciò che finita la festa ti porti a casa per sempre.

Il mio premio è il genitore che mi offre il caffè perché suo figlio… Questo mi rende fiero per qualche istante: sì, che grazie alla Rivista e alla mia minima socievolezza, i genitori sono i genitori di… e non, come spesso accade, i figli sono i figli di… Per cui, cara avvocatessa, sei la mamma di Sonia. E cara professoressa, sei la mamma di Ciccio. E non sapete questo quanto mi faccia dormire bene la sera. Certo, a volte, inutile negarlo, la socialità non scatta immediatamente, perché questo maledetto tempo virtuale fa sì che ci si dica le cose su facebook e non là, dove si prova e ci si potrebbe pure abbracciare e piangere.

Ma arriveranno lo stesso le lacrime profonde, e io sarò lì, per la decima…quindicesima volta ..boh…ho perso il conto… a piangere con questi ragazzi. Che Dio vi benedica, figlioli… sempre. Che Dio benedica la vostra ingenuità. E che Dio protegga i vostri passi, sempre. Non si impiccerà il Padreterno delle angherie che avete subito per farla questa Cinquantaseiesima Rivista… ha troppo da fare con cose serie. Ma avrà visto tutto. E io, da amico e regista e padre ed educatore devo dirvi che tanto basta per dormire bene, la notte prima di andare sul glorioso palco del teatro castelvetranese e mostrare il vostro cuore a chi lo merita, facendo orgogliosi i vostri genitori e i vostri amici.

Il teatro è in fondo un pretesto. Il più bello dei pretesti. Il vero tema è l’amore. Sempre. Come Rapunzel dimostra: un sogno è un sogno… non puoi chiuderlo in una torre… produrrà lacrime miracolose… Sempre. Pensateci quando avrete vere salite davanti, ragazzi miei… Che i sogni vincono sempre. Da domani torneranno i vaffanculo e il gergo da borgataro. Perché il teatro è lacrime ma anche polvere. E io tutte e due le cose devo mischiarvi nel piatto.

Il vostro orgoglioso regista

Giacomo Bonagiuso

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