Belice o Beli’ce? Impariamo a difendere i nostri vocaboli dalle invasioni linguistiche

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
08 Maggio 2018 07:44
Belice o Beli’ce? Impariamo a difendere i nostri vocaboli dalle invasioni linguistiche

Ogni anno in occasione della commemorazione del tristemente famoso terremoto del ’68 ritorna in auge il nome della valle e del fiume Belìce.  Dell’antico nome greco Hipsa al Bil’ch arabo, al Bilìchis o Bellìsi normanno fino al siciliano Bilìci e all’italiano Belìce   Belìce è il nome di un fiume che attraversa la vasta Valle del Belìce, posta nella Sicilia Occidentale. Il vocabolo Belìce, che in siciliano significa valigia, ha origini antichissime, sicuramente di origine greca, ed è stato usato fino al tristemente famoso terremoto del ‘68.

Fino a quella data tutti scrivevano e leggevano Belìce e così rimase nella parlata locale. Anche Leonardo Sciascia scriveva Belìce. Durante il terremoto arrivarono nella valle giornalisti del Nord Italia che, non conoscendo la parlata locale e la lingua siciliana, hanno   scritto Belice. Da quel momento è sorto il dilemma: “Belice o Belìce?” Capisco che gli italiani, Piemontesi in prima linea, hanno spogliato la Sicilia di tutte le sue ricchezze, ma non possiamo permettere assolutamente che ci rubino anche le nostre tradizioni.

I Piemontesi sono venuti a conquistare la Sicilia quando il fiume aveva già un nome e non ce lo possono modificare. A conferma della mia tesi, voglio aggiungere che oggi, con la globalizzazione, molti vocaboli nuovi provenienti dall’Inghilterra, una nazione più forte economicamente, ma non culturalmente, entrano nella nostra parlata locale. La novità colpisce la fantasia dei giornalisti, che subito l’adottano, gli altri subito seguono il cattivo esempio.   Ebbene, questi vocaboli conservano la loro pronuncia originale inglese.   Visto che siamo tutti italiani è giusto che la lingua letteraria venga usata e rispettata per i  vocaboli di uso corrente.

Qui però si tratta di un vocabolo prettamente locale, che fa parte della lingua siciliana, già in uso prima della così detta unità d’Italia, e prima ancora che sorgesse la lingua italiana. Se la Sicilia è povera di patrimoni materiali, che almeno ci restino quelli virtuali; che il vocabolo Belìce rimanga ancora nel nostro patrimonio. VITO MARINO

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