Altro che ponte sullo stretto! La Sicilia deve riscoprire il valore culturale dell’insularità e della lingua per la rifondazione della civiltà siciliana

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
01 Luglio 2018 09:22
Altro che ponte sullo stretto! La Sicilia deve riscoprire il valore culturale dell’insularità e della lingua per la rifondazione della civiltà siciliana

Perché vedi, Ndrja carissimo, quel flagello là, non è che possiamo stare qua a guardarcelo e vedere che fa...Se lo lasciamo fare, ci ritroveremo che non avremo più niente da farci...Vogliamo rinunciare al nostro modo di vivere?. Eppoi, anche a tentarci, per simbolo, ci servirà lo stesso: il solo fatto di tentarci, gli scalerà agli occhi nostri l'immortalità...Che succede a volte nelle tempeste? Succede che la chiumma si dichiara vinta, tutti piegano il collo e aspettano l'ondata che li annegherà...Ma se non era scritto che ne uscissimo, si scriva se non altro che ci ribellammo.

(Stefano D'Arrigo, "I fatti della fera").   I depositi memoriali del nostro popolo e della nostra terra – parlo, con buona pace di gran parte della classe dirigente regionale, fatta di ascari ignoranti asserviti ai partiti romani - contengono un tesoro; e una smisurata eredità di libertà ci giunge da uomini e donne che spesso non ci hanno lasciato neanche il loro nome e quando l'hanno fatto c'è sempre stato, c'è, un potere che ha provveduto e provvede a cancellarlo. Un potere che inscena uno spettacolo neocoloniale e costringe i Siciliani a vivere dentro una grande bugia.

E' come se ci forzassero a vivere la vita di un altro, a essere altro da quello che - per storia, natura, cultura - dovremmo essere. E’ come un invisibile predatore dalle mille maschere che alimenta la passività sociale e l'egoismo competitivo, sradicandoci dalla nostra terra sacra, dalla nostra lingua antica, dal valore dell'insularità mediterranea, dal nostro diritto di essere e di esserci con competenza e con amore, dalla possibilità di restituire la nostra Sicilia al suo destino di “isola-giardino”.

Non c’è partito, sindacato, scuola, università, chiesa, televisione, rockstar, pornostar... che ponga al centro del suo agire il diritto dei Siciliani alla libertà autentica, all’evoluzione spirituale, all’identità. Ma c'è Fata Morgana nello Scillaecariddhi, c'è un cuore di zolfo che anima questa terra bellissima, ci siamo noi che la amiamo. Malgrado ogni istanza di liberazione delle nostre energie venga sterilizzata da un'ostinata produzione industriale di bugie, sofismi, distrazioni, e sebbene tutto affondi in una palude di intrallazzi, di illusioni, di carriere personalistiche, di dipendenze...

E chi si rompe i coglioni emigra. E per chi resta... c’è sempre un bidone vuoto al quale ci costringono a fare la guardia. Il Ponte è uno di questi bidoni: vuoto, inutile, dannoso... Pur non facendolo, hanno bruciato migliaia di milioni in carte che figliano carte, sbancamenti e movimento terra mostruosi, piloni allucinanti... Non c’entra nulla questo ponte con l’insularità mediterranea dei Siciliani, non c’entra nulla con l’anima di questa terra, non c’entra nulla con lo sviluppo del sistema Sicilia, non c’entra nulla con noi.

Questo ponte, nell’epoca del volo aereo a costi d’autobus e delle autostrade del mare, nell’era della comunicazione satellitare, non unirà nessuno a nessuno. Basterebbe un TGV, un normale treno ad alta velocità - in Giappone li hanno da 40 anni!- per unire Catania e Palermo, Fontanarossa e Punta Raisi, in 50 minuti, Punta Raisi e Birgi in 20. La Sicilia, nel mondo globalizzato, va pensata come un’unica città policentrica... Altro che “corridoio per Berlino”! A Berlino ci vado in un’ora con l’aereo.

Se devo spedire una tonnellata di merce a Barcellona la imbarco su una nave e l’indomani è lì. Se devo andare in Africa, vado a Palermo, parto la mattina e il pomeriggio sono a La Goulette. Se devo andare in America, vado a Monaco da Catania, che mi costa la metà... Ma cosa dobbiamo imbarcare noi Siciliani? Hanno distrutto anche le agro towns della cintura delle arance: ci sono più tossici che agricoltori! Le ninfe sono fuggite dai fiumi e le regole della Casa dell’Idro hanno già canalizzato la privatizzazione multinazionale delle acque siciliane...

Della petrolchimica poi, che saccheggia ogni cosa, non ne parliamo proprio, come non parliamo degli orridi “parchi” eolici (potenza ipocrita delle parole!) che hanno sconvolto i nostri panorami senza arrecare alcun serio beneficio. Ma la civiltà siciliana esisterà ancora, finché qualche indios di Trinakria continuerà a trarre la sua forza spirituale dall’anima di questa terra per alzare uno sguardo siciliano sul mondo. La Sicilia, 25.460 kmq di terra emersa che si manifesta in contrastanti paesaggi, per un quinto di montagna, "questo mondo in riassunto" (Shakespeare), configurando svariate bioregioni, si distende sotto lo sguardo di Aitna, ‘a Muntagna, il vulcano che ne costituisce il perno mentale e l'asse ontologico, fucina d'armi per gli dei e motore inquieto.

La Sicilia è la più grande Isola del Mar Bianco Centraleal Bahr al Abyad al Mutawassat, il Mediterraneo. L'Etna è la cima, fisica e metafisica, di questo mare di luce meridiana. Nella foto Antonio Gaudì Il celebre architetto Antonio Gaudì rende quest'idea in maniera semplice e chiara, quando dice che la virtù sta nel punto medio: "Mediterraneo vuol dire in mezzo alle terre. Lungo le sue rive la luce media è a 45 gradi ed è la luce che meglio definisce i corpi e mostra le forme.

Non è un caso, dunque, se proprio qui sono fiorite grandi culture artistiche: al loro formarsi non è stato certamente estraneo questo particolare equilibrio di luce. Né molta, né poca. Perché, sia l'una che l'altra accecano e i ciechi non vedono. Nel Mediterraneo si impone la visione concreta delle cose, nella quale si mostra l'arte autentica. La nostra forza plastica è costituita da un particolare equilibrio fra la logica e il sentimento". (Franco Nocella, Terra e Liberazione, 1993).

In lingua siciliana la ragione si chiama ‘u sintimentu, chè il cervello e il cuore fanno l'amore nella sera dei miracoli. La Sicilia è la sua geografia, il suo mare. Il mare è il suo elemento quanto l'inquietudine geologica è la sua fluida condizione d'esistenza... E il mondo è di chi impara a camminare sulle acque, a dare forma all'informe caos. L’Isola, grande nave di pietra, "luogo di accumulo" per la potenza marittima, punto fermo nella dialettica degli spazi immensi è il suo mare.

Nel mare, pianura d’acqua e sale, è il suo destino. Grandi montagne, sommerse dal tempo. Altipiani di pietre e vento sul tetto degli abissi: solo le isole hanno un cuore nel cuore di questo corpo celeste. Un cuore come un nodo di nervi e di storia. Se muoiono le isole muore il mondo. Un mondo al quale l'isolano cosciente è legato in modo speciale. La Sicilia è la sua lingua, le sue decine varianti che non impediscono a un trapanese di capire uno di Catania, che custodiscono, inuditi, la memoria di una storia complessa, originale, che produce un Popolo.

Lo storico francese Henri Bresc ha definito la Sicilia “mosaico di culture e nazione ribelle”. E’ una bella definizione. Solo il Siciliano radicato in questa terra con l’amore che nasce dalla conoscenza, può vivere questo splendore, malgrado lo spettacolo neocoloniale che lo oscura. Ricostruzione della verità storica, riscoperta del valore culturale dell’insularità mediterranea e della lingua nostra, sono il fondamento per la rifondazione della civiltà siciliana. Questo cammino, i suoi passi pratici, si realizzano a partire dal sé, da ciascuno e ciascuna, dalle relazioni solidali che costruiamo, dalla chiarezza di quello che riusciamo a fare.

Da questo cammino nasceranno i movimenti civili che raddrizzeranno il corso delle cose. Accadrà. Forse sta accadendo anche a Castelvetrano, metafora sciagurata dello sfascio, ma al contempo laboratorio di idee e di rinascita. Altro che ponte! Francesco Saverio Calcara

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