Lo sport italiano ed in particolare il mondo del calcio è in lutto per la morte, nell'Ospedale di Gorizia dove era ricoverato, del grande Bruno Pizzul, maestro edicona del giornalismo sportivo. Era nato a Udine l'8 marzo 1938. E' stato per anni il commentatore delle partite della Nazionale fino al 2002, continuando poi a collaborare e a commentare le vicende calcistiche e sportive in generale. Negli ultimi anni era tornato a vivere nel suo Friuli, nel suo ambiente natio con il quale non aveva mai interrotto i rapporti. Bruno Pizzul era l'ultimo rappresentante di una dinastia di giornalisti che hanno raccontato - prima alla radio, poi in televisione - pagine di storia dello sport e di calcio in particolare. Da Niccolò Carosio a Sandro Ciotti, da Nando Martellini ad Enrico Ameri e Alfredo Provenzali, le loro voci 'leggevano' gli avvenimenti e li porgevano al pubblico, sopperendo magistralmente ai moderni mezzi tecnologici.
Chi ha qualche anno in più non potrà mai dimenticare il suo Baggio, Baggio, Baggio, Baggio prima di un gol capolavoro contro la Bulgaria ai mondiali del '94 , o il suo Schillaciiiiiiiiii dopo il gol che sbloccò la partita con l'Austria ai mondiali del '90 o l'amarezza dei rigori nella finalissima di Pasdena nel '94 che non cosntorono di vincere quel mondiale che avrebbe meritato di raccontare.
Nato a Cormons (Udine), Pizzul avrebbe compiuto 87 anni sabato prossimo. Da giovane aveva alternato gli studi all'attività sportiva, dedicandosi in particolare al calcio. Raccontava di un provino sostenuto nel 1958 con il Catania, allora in serie A, insieme ad un altro ragazzo friulano: "I dirigenti siciliani si trovarono davanti ad un bivio e sbagliarono strada. Scelsero me perché ero 'fisicamente più prestante'. Ma l'altro si chiamava Tarcisio Burnich". La carriera calcistica - nel ruolo di centromediano - é però breve, interrotta da un infortunio.
Maturità classica, laurea in giurisprudenza, quindi l'insegnamento di materie letterarie nelle scuole medie, fino all'assunzione in Rai del 1969, dopo aver partecipato al concorso nazionale per radio-telecronisti. L'8 aprile 1970 commentò la sua prima partita (Juventus-Bologna, spareggio di Coppa Italia disputatasi sul campo neutro di Como): iniziò a partire dal 16' minuto perché ... era arrivato in ritardo. La prima vittoria di una squadra italiana annunciata in diretta ai telespettatori in una finale di coppa europea fu, invece, quella del Milan in Coppa delle Coppe ai danni del Leeds Utd, a Salonicco il 16 maggio 1973. Il 29 maggio 1985 era il commentatore della finale della Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool.
Doveva essere un evento gioioso, si trovò a raccontare la strage dell'Heysel. "E' stata la telecronaca che non avrei mai voluto fare - disse anni dopo - Non tanto per un discorso di difficoltà di comunicazione giornalistica, ma perché ho dovuto raccontare delle cose che non sono accettabili proprio a livello umano". La sua lunga storia professionale lo porterà a raccontare con la sua voce inconfondibile le gesta della Nazionale in cinque Mondiali e quattro Europei tra il 1986 - quando succede a Martellini - ed il 2002.
Era un'Italia che si sentiva grande e legittimamente sognava di conquistare un trofeo. Non sarebbe successo in quei 16 anni. Così Pizzul, pur descrivendone alcune delle pagine più importanti, non riuscì ad incrociare mai l'Italia campione. Da conduttore ha guidato per la Rai trasmissioni iconiche come la 'Domenica Sprint', 'Domenica Sportiva' e 'Sport Sera'.
In tv ha coniato alcune espressioni ("tutto molto bello", "ha il problema di girarsi") entrate di diritto nel vocabolario, così come la sua scelta di chiamare soltanto per nome Dino e Roberto Baggio, compagni di squadra in Nazionale. Al cinema ha interpretato se stesso con alcuni camei nei film 'L'arbitro' del 1974 ed in 'Box office 3D' del 2011. Non aveva mai preso la patente "per pigrizia" e preferiva spostarsi in bicicletta. Appassionato di tresette, biliardo e bocce, ricordava di quando c'era un rapporto diverso con i calciatori e, seguendoli nei ritiri, si finiva per ritrovarsi a giocare con loro, a conoscerli senza filtri, oltre quello che esprimevano in campo.
La sobrietà era il marchio di fabbrica di Bruno Pizzul. In una recente intervista aveva detto: "I telecronisti di oggi sono bravi, ma parlano troppo".
Se ne va un pezzo di storia del Paese, una voce inconfondibile che ha raccontato l'Italia.