Trattative per difficile vicenda sequestro pescherecci mazaresi a Bengasi? Dal Governo invito al “silenzio”. Armatori e familiari marittimi incontrano sindaco e vescovo

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
09 Settembre 2020 09:35
Trattative per difficile vicenda sequestro pescherecci mazaresi a Bengasi? Dal Governo invito al “silenzio”. Armatori e familiari marittimi incontrano sindaco e vescovo

“Aspettiamo notizie dalla Farnesina ma ancora non sappiamo nulla”. Lo ha detto all’Ansa Leonardo Gancitano, armatore del peschereccio mazarese “Antartide” sequestrato insieme al “Medinea” dalle autorità libiche a circa 35 miglia a nord di Bengasi la sera del primo settembre scorso. Altri due pescherecci, che navigavano nelle vicinanze, sono riusciti a sfuggire alla cattura, ma a bordo del gommone dei militari libici sono rimasti il comandante dell’”Anna Madre”, Giacomo Giacalone, e Salvo Bernardo primo ufficiale del “Natalino” (motopesca registrato a Pozzallo ma con equipaggio mazarese); i due insieme agli equipaggi dell’Antartide e Medinea , in tutto 18 marittimi, si troverebbero “ospiti” in una villa mentre i due pescherecci ormeggiati nel porto della capitale della Cirenaica, quella parte di Libia sotto il comando del noto generale Khalifa Haftar.

(in foto copertina veduta del porto di Bengasi) “Fonti del nostro governo ci dicono –ha aggiunto Gancitano - che l'equipaggio sta bene, ma noi non siamo riusciti a parlare con i nostri lavoratori”. E’ sconsolato, Gancitano: “stiamo vivendo grandi momenti di angoscia. Chiediamo con forza che la situazione si blocchi al più presto, affinché i marittimi possano essere liberati e tornino a casa”. “Ci affidiamo a ciò che Dio vuole, non abbiamo la forza di parlare”, gli fa eco Marco Marrone, l’armatore del “Medinea”.

Il Ministero degli Esteri, tramite la Farnesina, ha fatto sapere di “stare seguendo con massima attenzione la vicenda dei pescherecci sequestrati in Libia”. Attraverso la stessa nota dell’Agi, fonti della Farnesina dichiarano che “la vicenda richiede massimo riserbo affinché si giunga quanto prima a una soluzione positiva. Siamo in costante contatto con la nostra ambasciata a Tripoli e con la nostra intelligence”. La situazione è abbastanza complessa. Qualche giorno fa abbiamo scritto che, secondo la nostra impressione, in questa vicenda c'entri poco la questione relativa all'annoso contenzioso sulle zone di pesca e la ZEE (istituita unilateralmente nel 2005 dalla Libia e che si estende 62 miglia oltre le 12 territoriali); abbiamo invece avanzato l’ipotesi di una vera e propria “ripicca” da parte dello stesso generale Haftar considerato che il sequestro dei pescherecci era avvenuto poche ore dopo che il ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio aveva incontrato a Tripoli il presidente del Governo libico riconosciuto dall’Onu, Fayez al Serraj.

Per ovvie ragioni questa ipotesi non sarebbe mai accettata dal Governo italiano. Come se non bastasse attraverso una nota diramata lo scorso 4 settembre dell’Agenzia internazionale Nova, che ha corrispondenti in Libia, si legge: “La Marina libica della Cirenaica ha annunciato che il Comando generale dell'autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) di Khalifa Haftar ha ordinato loro di non rilasciare le persone fermate due giorni fa a bordo dei pescherecci italiani Medinea e Antartide intercettati al largo di Bengasi, fino a quando i calciatori libici imprigionati in Italia non saranno liberati.

Il riferimento dovrebbe essere al caso di quattro calciatori libici detenuti in Italia da quasi 5 anni con l'accusa di “tratta di esseri umani e immigrazione clandestina”. Due anni fa diverse veglie sono state organizzate dalle loro famiglie in diverse località della Libia per chiedere la loro scarcerazione. Il 6 dicembre 2015 un tribunale italiano aveva condannato i quattro giocatori libici a 30 anni di carcere”; i quattro calciatori libici sono: Alaa Faraj al-Maghribi, del club Ahly Bengazi, Abdel-Rahman Abdel-Monsef e Tariq Jumaa al-Amami, del club Tahadi di Bengasi, e il giocatore Mohamed Essid di Tripoli.

C’è molta preoccupazione a Mazara del Vallo, c’è coscienza in merito alla gravità della situazione. Molta preoccupazione fra i familiari dei marittimi sequestrati e da parte degli stessi armatori che in questi giorni hanno chiuso poco gli occhi, hanno lavorato freneticamente, hanno incontrato e contattato diversi esponenti politici e diplomatici chiedendo un sostegno concreto per sbloccare la vicenda. Gli stessi armatori ed i familiari dei marittimi sarebbero stati invitati dal sindaco Salvatore Quinci e dal vescovo della Diocesi, Domenico Mogavero, ad un incontro che si dovrebbe tenere nel tardo pomeriggio di oggi presso il palazzo comunale.

Insomma una questione che appare abbastanza intricata e che preoccupa molto anche perché a livello nazionale, a parte qualche testata, non si parla della “detenzione” a Bengasi dei pescatori mazaresi. Forse anche questo dipende dalla strategia del governo italiano di tenere un profilo basso sulla vicenda? Comprendiamo anche che alcune direttive dai vertici siano arrivate anche a livello locale. Ad ogni modo – di questi tempi è sempre bene ricordarlo- è giusto che i giornalisti garantiscano, attraverso il loro lavoro, grazie anche a fonti verificate a disposizione, il diritto all’informazione.

Francesco Mezzapelle

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