L'Elzeviro di Bonagiuso : Nessuno si salva da solo

Nel suo consueto pezzo il prof. Bonagiuso ci parla di Nuovi e antichi cristianesimi oggi e di tanto altro

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
08 Agosto 2021 09:00
L'Elzeviro di Bonagiuso : Nessuno si salva da solo

Kant traccia con grande chiarezza l'argine che separa, anzi che rende incompatibili, contraddittorie, la libertà e l'arbitrio. Oggi noi siamo confusi nel confonderle. Ci sembra che essere liberi significhi fare quello che ci pare e piace, ci conviene e ci dá un effimero tornaconto. Ma oggi l'orizzonte del tornaconto è mutati. Cosa è utile spesso ha un sapore amaro come lo sciroppo che placa la tosse. O la puntura che fa passare la febbre.

C'entra sempre la contemporaneitá che ha sempre più reso impopolari i no, creando spesso degli irresponsabili libertini, incapaci di scelte scarificanti, e movimentando una incredibile onda intorno all'onnipotenza dell'uomo. Eppure cadiamo come le mosche se un virus ci attacca!

Sarebbe una analisi interessante da fare, non solo per scopi accademici, quella che provasse a capire il perché di questo trionfo/tonfo dell'Ego, quanto per ritrovare le leve, tutte, di quel che è successo tra fine 900 e alba del terzo millennio, al fine di correggere questo egotismo fulminante che, se inscritto in una società, rischia di devastarne nessi, corresponsabilità, condivisioni, e spazi, soprattutto. La Koinè, appunto. La Koinonìa.

Recentemente Galimberti ha ragionato sulla fine della comunità, mentre Agamben, sul filo rosso della im-munitas, ha sposato da tempo immemore la battaglia per un io biologico cui nulla può essere imposto. Galimberti ha recentemente addotto la crisi della comunità al dilagante cristianesimo che ha nella salvezza dell'anima individuale la cifra del paradiso. Ci si salva da soli, dunque?

Un giorno un sacerdote a Castelvetrano, dal pulpito, Padre Gioacchino, disse con chiarezza che essere cattolici e non essere cristiani sarebbe un abominio. Un controsenso. Intendeva credo rilanciare il nesso tra salvezza e Cristo che è facile esemplificare nei Vangeli con il nesso Prossimo-Dio. Non è difficile da cogliere il cristianesimo teologico... Quasi impossibile da praticare in modo semplice proprio perché, direi a Galimberti, ne esistono due di cristianesimi, almeno. Uno che puoi desumere facilmente dai Vangeli che dice: inutile che ti genufletti, implori, batti il petto, adori se il tuo cuore non è puro. E per renderlo puro e accedere al Padre, devi passare dal Figlio, e per passare dal Figlio devi trovarlo... nella vedova, nell'orfano, nel diseredato, nel povero, nel carcerato.... Non insomma ad una riunione della Goldman Sachs o ad un Happening in giacca e cravatta.

Insomma il Figlio, che è la porta per il Padre, è nelle galere, tra la prostitute, nella sofferenza e nel dolore. Non in stato di gloria mondana, nè in banca probabilmente. Non in un bel palazzo nobiliare. Non nella gloria del mondo che si bea immobile di se stessa.

Chi ha studiato i Vangeli per favore mi smentisca. Ma il nodo Padre, Figlio, alterità sofferente mi parrebbe scontato nel cristianesimo. Altro che salvarsi da soli, dunque, caro Galimberti. Con gli altri, ultimi, e sopratutto per gli altri, per i diseredati di cui ci sarà chiesto il conto, il giorno in cui il Pastore separerà il grano dalla pula. Dove eravamo noi mentre si soffriva? Al circolo vela? Umh... E non importa se hai il vestitino Armani alla moda, oppure la Maserati. Al Padre importa se sei passato dal Figlio. E il Figlio dov'è? Solo in chiesa o in sagrestia? O piuttosto dove c'è sofferenza, differenza, diffidenza, dolore, guerra, lacerazione... Difficilmente dove c'è opulenza. Benessere.

Capisco che riferire il Cristianesimo per quel che è può dar fastidio alle combriccole "cristiane" al caviale, ma questo ê. Impossibile forse, come diceva Kierkegaard, troppo fuori misura per l'uomo, come affermano molti mistici cristiani, ma il cristianesimo nudo e crudo questo è. Un inno alla comunità, un inno a sconfiggere la solitudine. Che sia diventato un inno a se stessi è quel che Nietzsche ha ampiamente scardinato. E che da Mounier a Lèvinas ancora accende dibattito.

Credo che la comunità cristiana avrebbe dovuto rafforzarsi in questa consapevolezza. I dodici avrebbero dovuto diventare duemila, duecentomila non per certificato battesimale, ma per opere verso la sciagura e il dolore. Contaminate, non bonifico a distanza insomma.

Eppure non è andata così. Forse la cristianità vincente ha promosso l'individuo, che se riesce e diventa miliardario, esibisce il segno dell'amore di Dio in gioielli e jet privati. Che strano questo Dio che al Figlio regala chiodi arrugginiti e all'uomo benedetto tesori e potere. È il cristianesimo allora da ripensare, o l'uomo? Con un clamoroso passo indietro non è forse l'uomo a doversi rivedere allo specchio?

Un grande Papa diceva "tornate a Cristo". E in quell'appello che fa tremare i polsi c'è tanto significato da leggere per oggi. Oggi vorrebbe qualcuno salvarsi da solo, e esibire ragionamenti bizantini, scambiando la copertura umana di un vaccino per prepotenza. Sarebbe l'unica cosa cristiana da fare, invece. A mio avviso. Perché non solo nessuno si salva da solo, ma la porta del Figlio al Padre è fatta da domande: io ero malato tu dove sei? Ero in galera e tu? Perché hai laccato la nuova Rolls Royce mentre io non avevo neanche il pane? Altro che salvezza del singolo. Il virus non teme muri, non teme valli e fossati. Cammina negli uomini e solo gli uomini possono, insieme, fermarlo. Non è una malattia individuale. È sociale, collettiva, della koinonía.

Forse è tempo di fare meno festicciole e di dedicarsi più alla lettura dei testi di una cultura che avrebbe potuto cambiare il mondo. Si muore troppo presto per pensare solo ai soldi. In fondo lo sfarzo, la potenza, la gloria hanno poco da condividere, la conoscenza invece è di per sè amore. Perché il senso di una scoperta, è quello di essere per ogni uomo.

Ora che gli ultimi siamo noi tutti, quel 'liberaci dal male' assume un nuovo senso. Altro che Lucifero, principe di non precisate schiere maligne. Comodo questo caprone diabolico cui delegare ogni nostra schifezza. Il diavolo siamo spesso noi stessi, il nostro ego sconfinato.

L'uomo riuscirà ad essere umanità almeno di fronte all'inesorabile che lo minaccia di annientamento? O resterà convinto che il suo cancello, il soggiorno, il mobiletto nuovo ê tutto il suo tutto?

Io un po' ci rifletterei. Perché la libertà è collettiva. L'arbitro ê egoismo ed egotismo. E sul mio groppone è sempre posta, per il Figlio e per il Padre, la responsabilità dell'ultimo morto.

Ma "tantu Diu Perduna a Tutti", dice il ventre del mondo... Probabile. L'amore che castiga è amore? E penso a mio padre, che sì mi amava molto, ma usava le sberle. Non ho altri modelli. Il Padre lassù è ineffabile e mi chiede di emulare il Figlio. No, nessuno si salva da solo, proprio per il vero cristianesimo. Nessuna libertà è arbitrio.

Giacomo Bonagiuso

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