Pietra d'angolo. Sedici metri: le ali di amianto di Iris
Raccontare il dolore con le parole è una impresa quasi impossibile, perché il dolore è sempre dismisura, traccia di morte nella vita, materia incandescente.
Per questo motivo ho deciso di parlare di Iris, poeta e amica partendo da un volo di 16 metri e dalla scelta precisa che motivò quel volo. “Volevo morire perché così il mio corpo non poteva più essere terra di sopruso, violenza, orrore da parte di nessuno. Volevo chiudere il cerchio del male e della mia coazione a ripetere il copione subìto.”
Un volo dalla finestra del suo appartamento. Sedici metri, sono abbastanza per morire. Invece paradossalmente, miracolosamente non sono bastati. Iris resta in coma sospesa tra la vita e la morte, riportando una lesione al midollo spinale con scoppio della vertebra L2, fratture multiple scomposte ovunque nel corpo, un gomito frammentato. Trascorre sette mesi in ospedale di cui sei in terapia spinale.
È incredibile pensare che in quei sette mesi riesca a scrivere due libri straordinari e che da quell’inferno esca aggrappata alle parole e infine alle stampelle. Ma la scrittura per lei non è autoterapia. È un oltrepassare se stessi, un instancabile lavoro di ricerca, studio, abnegazione totale alla versificazione, alla metrica, alla letteratura dei grandi che la precedono.
La storia di Iris è la testimonianza più vera e più forte che la pietra scartata, abusata, violata è diventata testata d’angolo. La sua vita è intessuta di violenza fisica e psicologica, vita beffarda e ingannevole perché l’amore che Iris ha sempre cercato si è rivelato sempre menzogna, ricatto, abuso, abbandono. “Ero solo una ragazzina di 13 anni - mi dice- avvenne a quell’età il primo abuso che subii”. Una pineta fa da sfondo alla prima violenza sessuale da parte di un ragazzino di poco più grande che a sua volta era stato violentato da un pedofilo.
Una catena di violenza che si ripete senza soluzione, nella vita di Iris, da allora fino al volo di 16 metri,pur con qualche sparuta pausa in cui pare trovare un precario equilibrio in relazioni più stabili.
Chi conosce l’amore tossico, l’amore violento, l’amore che passa dall’abuso, dal sopruso e dalla manipolazione della verità, sviluppa quasi inevitabilmente dipendenza affettiva e sensi di colpa così forti da restarne quasi stritolata. Come se l’amore o fosse violento o non fosse amore. O fosse segnato dalle montagne russe, dagli eccessi spasmodici, dall’adrenalina continua del vortice e degli abissi o non fosse amore. Difficile il cammino da compiere per approdare all’amore sano, a quello che è cura, presenza costante ma non ossessiva, rispetto, libertà, condivisione di bellezza senza competizione subdola e ricatti continui.
Difficile ma non impossibile, perché solo chi vuole si salva. Ed Iris che ha provato cosa siano i T.S.O., diversi tentativi di suicidio culminati nel volo di 16 metri, Iris che conosce lo stigma della “pazzia” e la strumentalizzazione che di questa presunta pazzia, gli esseri umani sappiano fare per giudicare, svilire, sminuire perfino il talento di chi oggi nonostante la giovanissima età ha una laurea magistrale in filosofia e ben tredici libri pubblicati con case editrici di calibro nazionale, Iris ha voluto salvarsi.
Vive con una disabilità al cento per cento, con protesi al titanio in alcune parti del corpo, con un intestino neurologico che la costringe ad una severa dieta alimentare e a tante sofferenze, una gamba destra di cui ha poca percezione, una lesione al midollo che resta a segnarne la vita per sempre eppure si muove nel panorama letterario italiano come poetessa affermata e riconosciuta, continuando a scrivere testi di varia natura, dai saggi alle sillogi, passando attraverso la prosa.
Vive da sola nel suo appartamento e concepisce la scrittura come l’unico modo di stare al mondo. Iris è una donna bellissima e colta che ha saputo reagire al ricatto più subdolo che una donna possa subire da chi le aveva giurato di amarla per sempre. Scegli: “O fai la moglie o fai la scrittrice”. Come se una donna fosse tenuta a dovere chiedere scusa perché è un intellettuale, una testa pensante, una studiosa, una poetessa. Come se il ricatto fosse il lessico dell’amore e che se non fosse accettato passivamente, senza neanche tentare di dire no, dovesse scattare in automatico la punizione, l’accusa infamante, il non amore come la pena da pagare.
Iris ai ricatti non ha mai piegato la testa. Ha sempre sottratto il suo corpo pur con sofferenza immane, ad essere proprietà altrui, terra di dominio. E quel volo di 16 metri non era resa, non era gesto di sconfitta, non era seme di follia. Ho sentito nelle sue parole tutta la forza, il coraggio e la dignità di raccontarsi senza filtri, di mettersi a nudo, di affidarsi al mio ascolto con intima fiducia. Il suo gesto era l’apice di una continua istigazione al suicidio che passava dalle atroci e subdole accuse di essere pazza, di non meritare un amore libero e sano, una famiglia e il riconoscimento pieno del suo talento e della sua intelligenza.
Iris doveva soccombere perché bella, brava, autonoma di pensiero, capace di autodeterminare il proprio destino, nonostante il dolore e la violenza, aggrappata più alla vita che alla morte. E le parole che una psichiatra le rivolse durante uno dei suoi T.S.O., sono state salvifiche per ciò che ha scelto di essere:
“Decidi se vivere da donna libera o da paziente psichiatrica.” Scegli.
Iris nonostante e oltre tutto, nonostante uno stupro, sigarette spente sulla schiena, schiaffi, pugni, dipendenze affettive tossiche e un marito narcisista patologico, ricoveri spontanei e coatti in cliniche psichiatriche, ha scelto. Ha scelto un divorzio, una vita da scrittrice, le cure e il sostegno di chi la ama e la stima senza farla sentire in colpa perché talentuosa, preparata, appassionata e di cuore generoso. Ha scelto e con dignità immensa convive con un corpo invalido ma uno spirito libero di essere pienamente sé.
Ascoltarla è stato un immenso privilegio e potere solo in microscopica parte raccontare della sua vita segnata dalla violenza fin da quando era una giovanissima adolescente, vuole essere un monito di resistenza strenua. Perché l’amore nulla ha a che fare con la violenza, l’abbandono, il giudizio e la condanna. Davanti la mattanza continua e feroce della violenza sulle donne, la storia di Iris merita ascolto e rispetto sommo, perché dall’inferno è possibile uscire attraversando il purgatorio del dolore e dell’abbandono per restituirsi nuovi a sé stessi e al mondo.
Ma chiunque si sia reso artefice di abominevole sopruso e abuso sull’altro, ricordi sempre che la vita paga sempre i propri conti e che il male contienein sé un biglietto invisibile di ritorno.
Esattamente così accade che le pietre scartate, rifiutate, calpestate, tradite, vilipese possano diventare somma e sacra bellezza. Bellezza che resta e resiste.
Bia Cusumano