Agricoltura e non solo: Olive Arabe da podio

Nella sua consueta rubrica Elena Manzini ci parla dei mercati internazionali dell'olivicoltura

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
26 Agosto 2021 08:35
Agricoltura e non solo: Olive Arabe da podio

Otto mercati rappresentano circa l'81% delle importazioni di oli di oliva e oli extra vergini di oliva nel mondo: gli Stati Uniti con il 36%, l'Unione Europea con il 15%, il Brasile con l'8%, il Giappone con il 7%, il Canada con il 5%, la Cina con il 4%, l'Australia con il 3% e la Russia con il 3%.

L'olio italiano si sa essere tra i migliori, non subisce deodorazione e la produzione risulta insufficiente tant'è che forti sono le importazioni. Ora con la mania dei parchi solari, ovviamente le superfici agricole destinate all'olivicoltura sono destinate a diminuire. In Italia diminuiscono mentre in altri paesi le aumentano. E' ad appannaggio dell'Arabia Saudita l'uliveto più grande al mondo, dell'azienda, nata nel 1990, Al Jouf Agricultural Development Company.

Con oltre 5 milioni di ulivi su un’area di 7.335 ettari, produce circa 4mila tonnellate di olio d’oliva all’anno. Numerose le varietà presenti, quasi tutte spagnole: Picual in particolare, ma anche Arbequina e Arbosana. E non mancano quelle greche (Koroneiki). Nessuna cultivar italiana (per fortuna dobbiamo dire). La Al Jouf Agricultural Development Company da lavoro a 1.200 persone, è considerata pioniera nella coltivazione, per la produzione intensiva e l’uso di moderne tecniche sostenibili come l’irrigazione a goccia.

L'Azienda Al Jouf è in continua evoluzione: sta introducendo la produzione di olive da mensa e prodotti per la cura del corpo. Si è dotata di un frantoio che riesce a lavorare 240 tonnellate di olive al giorno. Arabia Saudita, quindi, non solo deserto ma sempre più coltivazioni di ulivi. Si è arrivati ad avere una media di 1.600 ulivi per ettaro tramite le nuove tecniche di coltura intensiva. L'Arabia punta sul fronte olivicolo ad avere l'autosufficienza entro 2030 ed al contempo evitare la desertificazione, difendere l'ambiente con aumento delle entrate economiche.

E l'Italia sta a guardare. In Italia, in talune regioni, si pensa ai parchi solari. Lo si fa per raggiungere l'autonomia energetica o poi alla fine sono sempre le grandi aziende a guadagnarci. Chiedo: "Una volta esauriti i pannelli solari come saranno smaltiti?".

Se avessimo un Ministero dell'Agricoltura Italiano forte e deciso a far valer le qualità del nostro Settore Primario non ci ritroveremmo invasi da merce straniera spesso di pessima qualità. Si aiutano spesso e solo le grandi aziende agricole senza tener conto dei piccoli e piccolissimi imprenditori che in genere offrono un prodotto migliore (non avendo soldi da spendere per ingenti sostanze chimiche atte a prevenire le malattie degli ulivi). A ogni piccolo olivicoltore le informazioni date dai vari enti sono praticamente nulle. Ho assistito ad un webinar sull'olivicoltura: 2h ho resistito, dopodichè ho chiuso perché è stato tempo solo di frasi fatte, di eventuali aiuti ad aziende di determinate dimensioni, di partecipazioni monetarie. Unica cosa condivisibile l'aiuto ai giovani agricoltori, ma chi non è "più giovane" secondo i criteri previsti? Come si suol dire si attacca al tram?

Elena Manzini

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