Olivicoltura, aggregarsi è la carta vincente

Redazione Prima Pagina Castelvetrano

L'olivicoltura italiana, e siciliana in particolare, soffre spesso e volentieri per una serie di situazioni che vanno dalle condizioni meteorologiche alle malattie tipiche della coltivazione, dall'importazione di olio di scarsa qualità con il quale spesso "è tagliato" il vero olio extravergine di oliva alla mancanza di aggregazione tra i componenti della filiera. Cosa che invece avviene in Spagna dove la produzione di olio è valorizzata soprattutto a livello mondiale. Il paese iberi è riuscito a sfruttare al meglio l'organizzazione interprofessionale dell’olio d’oliva.

In Italia esiste il FOOI (Filiera Olivicola Olearia Italiana) che però sino ad ora non è riuscita nell'intento della salvaguardia del nostro prodotto. Se il FOOI non è riuscito nell'intento, potrebbero farlo i vari consorzi locali che riuniti, riuscirebbero così ad avere un certo peso sul mercato, agire sui prezzi alla produzione, in termini di commercializzazione nazionale ed internazionale. E' una questione di mentalità che va assolutamente cambiata se non si vuole essere "invasi" da olio estero, costretti a vendere sottocosto e talvolta a dismettere le coltivazioni.

Come sempre l'Italia arriva tardi. In Spagna è dal 2008 che è attiva l'interprofessione olio e nel tempo i programmi intrapresi hanno portato l'olio spagnolo a conquistare una posizione privilegiata nei vari mercati di esportazione. Per aiutare la filiera ad ottobre entrerà in vigore la disposizione sull'estensione per cinque anni delle norme relative all'interprofessione dell'olio. Cosa accadrà in Spagna? Saranno prelevati 6€ per ogni tonnellata di olio: metà a carico degli imprenditori agricoli e dei trasformatori l'altra a carico dell'industria di imbottigliamento e di commercializzazione.

Le somme confluiranno in un fondo che servirà per promuovere l'olio, per la ricerca, per l'innovazione tecnologica, migliorare l'informazione nei confronti del consumatore finale. Per quanto riguarda l'olio prodotto dalla "Nocellara del Belice" manca la forte aggregazione tra imprenditori agricoli ed aziende di trasformazione. E' necessario cambiare, pensare "in grande" lasciando da parte l'individualità a favore dell'unione, cosa che potrebbe anche portare a rapportarsi col Mipaaf alfine di ottenere un prezzo minimo garantito, necessario soprattutto per quelle stagioni in cui la produzione è bassa e che impedirebbe la "svendita" del prodotto ai commercianti.

Elena Manzini