L’Elzeviro di Bonagiuso: Discorso scortese sulla società di massa

Redazione Prima Pagina Castelvetrano

Io, di persona personalmente, ho sempre pensato un gran male della società: non della massa in sè, ma della società come massa sì, senza ritegno nè vergogna. Devo proprio riconoscerlo. Da bambino tutti scrivevamo il famoso temino su quanto la società è massificata, brutta, invidiosa e rapace. Se facciamo uno sforzo di memoria nessuno di noi ha mai scritto un tema sulla meraviglia delle abitudini sociali. E, a bocce ferme, se chiedi anche al più vanitoso dei vanitosi, tirerà fuori il solito - e quello sì standardizzato - malloppo sulle brutte abitudini del branco, sulla moda che ci rende tutti uguali, sulle sparate degli opinion-leader (o influencer come usa dire oggi) che sono dettate da convenienze individuali, etc...

  Eppure, tutti pronti a giudicare le scarpe sbagliate, o i capelli antichi, i pantaloni che non si usano oggi, perché oggi si usa altro... Tutti pronti a costruire piccoli tribunali di vanità dove dare sfogo allo sport più facile, quello che a parole tutti consideriamo volgare, ma al quale altrettanto volgarmente aderiamo. E su cosa può basarsi uno sport facile se non sulla mera apparenza? No, non l'estetica, che è cosa seria e ignota in questo tempo di frivolezze, ma sulla mera apparenza.

Che non è neanche la buccia delle cose. Pure la buccia è buona e bella, dicono piena di vitamine. No, l'apparenza è più perversa, perché è il riflesso della sola buccia negli occhi di chi guarda con occhiali allineati ad una media, ad un fattore di omologazione stringente che mira a piallare ogni divergenza, ogni eresia, ogni devianza, ogni sporgenza.   E che erano belli i tempi in cui la pialla si accaniva sulle idee, sui comunisti, sulle ideologie, sull'estetica marxista, su Horkheimer, su Adorno, su Rilke e il passatismo.

Il 90% di chi legge, perdonate la sincerità, manco lo sa cosa è una estetica del secondo Novecento. E forse manco cosa sia il secondo Novecento sa... Però di scarpe e foulard, delle tinte che vanno e soprattutto di quelle che non vanno, magari sa tutto. Ora, ve la immaginate la violenza piallatrice della moda applicata al rigido sapere contemporaneo? Una moda di Burioni, o di Cacciari, o di Eco come influencer e un popolo di frustrati, piallati, umiliati non per le scarpette, ma perché si ignora il meccanismo dell'Rna o perché si scambia la semeiotica con la semiotica (già vedo Wikipedia in tilt!), o perché non si ha idea delle quintalate di idee che ci hanno preceduto, e così si crede di essere dei piccoli geni…   Ma che volete che sia, se per fare un semplice logo basta copiarlo, mentre ai miei tempi, a scuola, copiare era una specie di onta e una vergogna di disappropriazione.

Ma che volete che sia se per creare una campagna di comunicazione basta farla uguale a quell'altra, perché tanto, a chi vuoi che gliene freghi non tanto dell'originalità, quanto della decenza. Sì, così un popolo può condividere meglio fake-news e reputare sempre qualche altro (spesso nero, o obeso, o sfigato, o povero, o menefottista) degno di un odio pervicace. Odiare non costa nulla, e alleggerisce l'animo, almeno quello semplice di chi giudica il mondo dall’apparenza. Gente chde avrebbe scaraventato Cristo fuori da un convegno cattolico, perchè vestito male, o Francesco d’Assisi perchè straccione… Ma tornando a noi, senza spaziare troppo, che se no ci perdiamo il filo e il segno, bisognerebbe davvero rifletterci a fondo su questa cosa della società di massa, che, pure ha portato a laurearsi anche quelli che sì vabbè, ma peggio, sta ormai da 50 anni circa, livellando verso il basso le aspettative etiche, morali, gnoseologiche, cognitive e comportamentali.

Verso il basso, non perché Aristotele, Eco e Burioni siano l'alto e le scarpette con gli strass sono il basso, no. Non per questo. Ma perché la moda delle scarpette è facile facile, ed evita alla mente di esercitarsi su quello che le è proprio, delegando ad una pletora di nessi soltanto economici la deriva sociale. Ed una economia che guarda solo a se stessa, ha bisogno di masse d’acquisto, non di teste. E no, non va bene, essere in bilico solo per denari. Che dovrebbero tornare ad essere cambiali di un valore, di un'arte, di un sapere.

Non cose per comprare, senza pensare, ma solo allineandosi al presunto gusto collettivo, sempre scarpette nuove.   Giacomo Bonagiuso