La Cassazione conferma la condanna a 12 anni per l'ex deputato Paolo Ruggirello
Con una sentenza che conferma la quasi totalità del verdetto d'appello dello scorso gennaio, la Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva l'ex deputato regionale Paolo Ruggirello a 12 anni di reclusione, per concorso esterno in associazione mafiosa.
Si chiude così il capitolo processuale legato all'operazione antimafia "Scrigno" del 2019, riguardante retroscena e intrecci tra Cosa nostra e certa politica nella città di Trapani.
Il pronunciamento della Suprema Corte non lascia spazio a ulteriori ricorsi per l'ex esponente del PD e, in precedenza, dell'MPA, il quale dovrà ora scontare la pena in carcere.
Dopo essere stato coinvolto nell'inchiesta della Procura di Palermo, Ruggirello torna dietro le sbarre, a conclusione di una parabola politica eccezionale, iniziata nel centrodestra come “enfant prodige” sul finire degli anni Novanta e culminata nel fallito tentativo di elezione al Senato del 2018.
L'inchiesta, coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia, ha svelato un patto elettorale e politico che toccò il suo culmine tra il 2017 e il 2018. Le indagini dei Carabinieri del Reparto Operativo provinciale di Trapani hanno documentato gli stretti e pericolosi rapporti di Ruggirello con i vertici della mafia trapanese, in particolare con il boss Pietro Virga.
L’allora deputato regionale non mantenne la dovuta "distanza di sicurezza" dai mafiosi, cercando attivamente voti e consenso attraverso incontri diretti, anche intercettati, con figure di spicco come l'allora boss campobellese, oggi deceduto, Filippo "Fifì" Sammartano, e con il gotha mafioso della città, tra cui i fratelli Virga e Franco Orlando. Paolo Ruggirello avrebbe favorito gli interessi della cosca in cambio di un massiccio sostegno elettorale, in un contesto dove, come emerge dagli atti, la mafia non si offriva, ma veniva cercata dalla classe politica.
Questa trama di collusioni e mercimonio del voto ha spinto la Cassazione, richiamando principi stabiliti in altre sentenze, a definire ancora una volta il cosiddetto "paradosso della democrazia", in cui il metodo di scelta dei rappresentanti pubblici viene pervertito per rafforzare la sopraffazione dei poteri mafiosi.
Il quadro investigativo ha riportato in primo piano le dinamiche di Campobello di Mazara, il comune che si sarebbe rivelato, solo nel 2023, enclave della mafia potente che curava la latitanza di Matteo Messina Denaro. Qui, Ruggirello era benvoluto, come dimostra un'intercettazione in cui Filippo Sammartano lo definiva "il più serio politico che abbiamo nella provincia di Trapani... il Santo della provincia", per il suo legame con persone vicine alla cosca.
La sentenza definitiva ha colpito anche altri personaggi di primo piano. Confermata la condanna per Nino Buzzitta, per la prima volta intercettato in vesti di boss nonostante sostenesse di essere mafioso "solo sulla carta" per precedenti condanne. Definitiva anche la pena di 16 anni per il settantacinquenne Vito D’Angelo, riconosciuto come il "fondatore" della famiglia mafiosa sull'isola di Favignana, impegnato nel controllo di appalti e acquisizioni imprenditoriali per conto della cosca trapanese. Torna invece in appello il processo per Vito Gucciardi, in precedenza ritenuto colpevole solo di favoreggiamento.
La Cassazione, oltre a rendere definitive le condanne per i mafiosi e per il concorso esterno di Ruggirello, ha confermato i risarcimenti in favore delle numerose parti civili, tra cui l'associazione Caponnetto, il centro studi Pio La Torre, l'antiracket di Trapani, la Presidenza della Regione e i Comuni di Trapani, Paceco, Erice, Castelvetrano, Campobello di Mazara e Favignana. Il processo ha così restituito una fotografia nitida di una mafia che esiste, mantiene il controllo del territorio e ha politici che ne conoscono nomi, cognomi e luoghi per trovarli