Viaggio nella storia dello zolfo di Sicilia, il ruolo di un’importante industria. Prima Parte

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
10 Giugno 2018 08:55
Viaggio nella storia dello zolfo di Sicilia, il ruolo di un’importante industria. Prima Parte

Fin dal II sec. ai tempi in cui erano attive alcune miniere imperiali (I Romani furono i primi ad usare questo materiale per scopi bellici.). Un geografo arabo del XII secolo scriveva: " “lo zolfo giallo di Sicilia, miglior di quello di tutt’altro paese, trovasi sull’Etna… Lo cavano picconieri pratici in così fatto lavoro, ai quali talvolta accadeva che lo zolfo scorresse liquefatto”. Nel medioevo veniva sfruttato dagli alchimisti per la preparazione di alcuni prodotti, se ne fece largo uso in campo medico.

Veniva in genere utilizzato per produrre fiammiferi, polveri, schiarire paglia e carta. Lo sfruttamento delle miniere di zolfo in Sicilia rappresentò un momento importante seppur a costo di molte vite compromesse,  che permise di risollevare l’economia depressa dell’entroterra siciliano della fine dell’ottocento e degli inizi del novecento. Si iniziò intorno al 1740 quando fu messo a punto un procedimento per la produzione per la produzione di acido solforico a cui fece seguito la scoperta del metodo per produrre la soda artificiale per decomposizione del sale comune mediante acido solforico per produrre solfato di sodio.

Uno dei più noti imprenditori dello zolfo fu Ignazio Genuardi,  della zona agrigentina, esponente di una borghesia rampante quanto rozza. Nel 1838, Genuardi aveva sposato Anna Rotulo, unica erede dei signori di Molinazzo, la cui linea maschile di successione si era estinta. L'85% della produzione della Penisola Italiana era ad appannaggio della Sicilia almeno sino al 1890. Lo zolfo siciliano era conosciuto Alla fine dell’800 in Sicilia erano attive circa 800 miniere che arrivano ad occupare circa 40.000 operai con una produzione di oltre 540.000 tonnellate.

La produzione durante i secoli  ha subito cali e riprese, soprattutto dopo lìinizio delle coltivazioni a vigneto...dove poi però di zolfo si fece largo uso per debellare un parassita. Verso il 1830 l'industria estrattiva subì il controccolpo dovuto a nuovi metodi di estrazione dello zolfo meno dispendiosi. Nel 1963 venne creato l’Ente Minerario Siciliano che doveva salvare le miniere di Sicilia contro la concorrenza americana. L’industria solfifera fu definitivamente chiusa negli anni ‘80 del ‘900.

Un'altra famiglia di rilievo dell'industria dello zolfo fu la Pennisi proprietaria vicino Enna del feudo “Floristella”, coltivato in superficie ad agrumi, estraeva in maniera artigianale modeste quantità di zolfo. I fratelli a seguito di successioni ereditarie non divisero l’attività mineraria, ma si costituirono in “condominio”. Il periodo più produttivo la miniera lo raggiunge tra il 1860 e il 1870 con 30.000 tonnellate all’ anno di Zolfo fuso prodotto. Dopo quell’epoca la miniera dovette chiudere per l’esaurirsi di tutta la sezione che non aveva continuazione né in direzione, perché fagliate, né in sviluppo perché le anticlinali successive alle sinclinali coltivate erano erose.

Pertanto la miniera Floristella ridusse nel periodo 1870- 1900 costantemente la sua produzione fin quasi a zero. Si diede così inizio a nuove ricerce fino a scoprire la sezione S.Agostino che venne sfruttata immediatamente. In genere una miniere di zolfo era struttura così: alla stratificazione si giungeva tramite due pozzi e due discendenti. Il primo pozzo, ubicato al centro della stratificazione era scavato nell'argilla e rivestito in muratura di pietra calcarea e malta idraulica di circa tre metri di diametro.

Questa era la via di entrata, di estrazione e di discesa degli operai in miniera. Il secondo pozzo, uguale al primo, si trovava in genere a sud-ovest della stratificazione ed era la via di riflusso ed usato per la discesa dei materiali. Le due vie parallele costituivano l'uscita di sicurezza dei minatori dal sotterraneo e il riflusso della stessa. Vie preziose in caso di emergenza, magari dovuta da una interruzione prolungata dell'energia elettrica oppure per incidenti connessi col lavoro di estrazione.

Se da una parte il lavoro di minatore era rischiso e molto pesante, vi è anche da dire che i proprietari delle miniere pensavano anche alle famiglie dei lavoratori. Attorno ai fabbricati dell'azienda mineraria sorgevano le case degli operai. Le case degli operai erano costruite in pietra calcarea e malta di cemento e copertura con capriate di legno.  Gli immobili aziendali erano invece costituiti da due complessi coperti: uno adibito a sala montaggi e carbonaia, l'altro agli uffici ed abitazioni dei guardiani unitamente alla falegnameria ed alla carpenteria.

Non fa parte dei beni dell’ azienda a conferire il palazzo dove ha sede per lungo periodo la direzione e la strada privata che allaccia i piazzali della miniera. I fabbricati di pertinenza dell’ azienda sono costituiti dalla costruzione sui piazzali della miniera e dalle case operaie. Sui piazzali, infatti, si trovano due complessi di locali coperti facenti corpo tra loro. Uno adibito a sala montaggi e carbonaia, l’ altro adibito ad uffici per i sorveglianti e ad abitazione degli stessi, comprende ancora la falegnameria e la carpenteria.

Elena Manzini (fine I parte)

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