“Una Punta di Sal”. La violenza contro le donne: da Dante al Verismo…

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
25 Novembre 2020 09:03
“Una Punta di Sal”. La violenza contro le donne: da Dante al Verismo…

La violenza sulle donne o peggio ancora il femminicidio, non è dramma di oggi ma è antichissimo. Uno dei canti più suggestivi e famosi della “Divina Commedia” di Dante Alighieri presenta un caso di femminicidio. Stiamo parlando del Canto V dell’“Inferno”, in cui la protagonista Francesca da Polenta (o da Rimini) commette adulterio innamorandosi del cognato Paolo Malatesta e per questo viene uccisa con violenza dal marito, tra il 1283 e il 1285.In questa storia, si possono chiaramente notare gli effetti dell’articolo 587 del codice penale del tempo, “Delitti d’onore”, che recitava: «Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre e sette anni.

Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.» Attraverso questa legge, le pene degli uomini, rei di avere ucciso la donna, venivano così drasticamente ridotte, rispetto a quelle applicate per qualsiasi altro omicidio. Lo stesso Dante Alighieri, negli stessi versi, sottolinea il potere della letteratura, che è presentata come causa dell’adulterio: «[…] Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante […]» Paolo e Francesca, stavano leggendo il celebre romanzo francese di Chrétien de Troyes  i cui protagonisti sono Lancillotto e Ginevra.

Lancillotto era uno dei cavalieri della tavola rotonda, che si era innamorato della Regina Ginevra, moglie di Re Artù. In particolar modo i due cognati, si erano soffermati sulla scena del bacio, che aveva avuto in loro lo stesso esito: «[…]Quando leggemmo il disiato riso/esser basciato da cotanto amante,/questi, che mai da me non fia diviso,/la bocca mi basciò tutto tremante […]» Il Principe Galeotto era colui che aveva consigliato a Lancillotto e a Ginevra di dichiararsi il loro amore.

Nel Canto della “Divina Commedia”, infatti Galeotto diviene il libro letto e l’autore. (in foto copertina un'illustrazione del V Canto dell'Inferno in cui Dante incontra Paolo e Francesca) Da Dante al Verismo. Una delle novelle meno conosciute di Giovanni Verga, “Tentazione!”, presenta il tema dello stupro e quindi un femminicidio. La violenza sessuale nell’Ottocento, non doveva essere trattata dalla letteratura, ma egli era lo scrittore della Verità e in quanto tale, non poteva tralasciare questo argomento.

Nell’opera, non vi è alcuna condanna morale da parte dell’autore. Questi voleva invece sottolineare come la violenza non fosse prerogativa delle menti predisposte al crimine, ma riguardasse chiunque.I protagonisti sono tre ragazzi normali, che si recano a una festa serale a Vaprio, nei pressi di Milano. Lo stupro avviene su una strada buia e silenziosa, che i tre prendono come scorciatoia per tornare a casa. La vittima è una contadina, della quale lo scrittore non accenna all’abbigliamento o alla bellezza fisica, poiché la donna è considerata in ogni caso una tentazione.

Verga si fa così portatore dell’idea di una visione degradante della donna, della pericolosità della creatura femminile. La novella è un racconto-confessione del trauma subito da chi compie il femminicidio e il suo punto di vista coincide con quello di uno dei tre ragazzi protagonisti. L’autore del misfatto, non riesce a capire come sia successo e gli pare d’impazzire. E’ cosciente del fatto che non esista una causa evidente. In tal modo viene fuori in Verga la concezione di un eccesso di passione istintiva, una sterzata improvvisa che riporta l’individuo a comportamenti primitivi.

I tre protagonisti, non solo compiono violenza carnale sulla donna, ma poi la uccidono e ne tagliano la testa, per riuscire a nascondere il corpo in una fossa. La violenza di gruppo annulla ogni responsabilità individuale. Verga mette in risalto come in branco sia facile rendersi autori di azioni efferate,  per poi trovare protezione nella potenza e nella non responsabilità del gruppo. “Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto questo: in piedi Signori, davanti a una Donna!”(William Shakespeare) “Essere donna è così affascinante.

È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non finisce mai”. ( Oriana Fallaci) Salvatore Giacalone  

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