“Trapani Urbs Invictissima”: alla scoperta di Via Catito

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
24 Maggio 2020 12:15
“Trapani Urbs Invictissima”: alla scoperta di Via Catito

Seconda puntata della rubrica storica che approfondirà le origini dei quartieri trapanesi: un ritorno al passato per conoscere meglio la storia della città dei due mari e delle strade che quasi ogni giorno percorriamo. Il Quartiere San Pietro si compone di tantissime vie ad oggi abbandonate ma che, in passato, erano il cuore pulsante della città. Una di queste è Via Catito, considerata il punto di incrocio di una zona abitativa che fu condivisa da ebrei e trapanesi.

Ci si può accedere da via XXX gennaio, da via Giudecca, da via degli Ebrei o da via Calvano. È una strada larga tre metri, tortuosa ma piena di cultura e storia trapanese. Anticamente la zona era costituita da abitazioni a due o tre piani, dove si viveva e si lavorava (da qui deriva il detto trapanese «casa e putia»). Volgarmente chiamata U’ Catito deriva dal latino Catonium e dal greco κάτω, che significa luogo peggiore o inferiore.

Via Catito, insieme alla sua omonima piazza, era punto centrale del cuttigghio trapanese. Le abitazioni piccole, infatti, non permettevano il pieno svolgimento della vita sociale durante il giorno e ciò portava i cittadini a vivere la vita comune di vicinato nelle strade. Proprio per questi motivi nasce la parola Catitara, termine usato solamente nella città di Trapani con cui si descrive una donna con un’evidenziata litigiosità e un tono di voce molto alto.

Via Catito, però, non è soltanto un luogo che ha dato spunto ad alcune parole trapanesi che tutti noi utilizziamo ogni giorno. Solo attraversandola, infatti, possiamo vivere in pieno l’essenza della sua storia: gli slarghi selciati in cui cresce muschio tra le pietre riporta alla dominazione araba; un vecchio lavatoio ricorda le antiche usanze. Al centro della piazza, inoltre, si può notare ciò che rimane di una fontana da cui le famiglie si approvvigionavano per bisogni casalinghi.

Essa non venne più usata quando il comune erogò l’acqua direttamente nelle abitazioni. Questa situazione causò però numerosi problemi alle donne che, dimenticando i rubinetti aperti, si ritrovavano le case allagate (da qui deriva il detto trapanese «Si misi l’acqua rintra»). Ad oggi semi abbandonata, solo attraversandola si ha la sensazione di ritornare in una Trapani antica, dove si faceva della propria casa una putia e si viveva l’essenza di essere davvero comunità. Chiara Conticello

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