Storie di cortei, di riscatto, di orgoglio e di no gridati in faccia alla mafia, di veleni e di mezzi uomini

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
18 Giugno 2018 09:44
Storie di cortei, di riscatto, di orgoglio e di no gridati in faccia alla mafia, di veleni e di mezzi uomini

#sonocastelvetranesenonsonomafioso, questo l’hashtag lanciato il 1 giugno dall’avvocato Mariella Cardinale su facebook e che si è rivelato come un fulmine a ciel sereno svegliando dal torpore una comunità. Da quel messaggio nei giorni successivi si è sviluppato un movimento di pensiero ed un’incredibile voglia di aggregazione che ha portato alla giornata di sabato 16 giugno che rimarrà impressa indelebilmente nel cuore e nella mente di tanti, da chi ci ha creduto costituendo un comitato spontaneo, a chi ha deciso di partecipare, ha chi non lo ha fatto ed ha seguito le dirette su primapaginacastelvetrano o su facebook e poi si è pentito, a chi ha osteggiato con pensieri,  parole, opere e veleni una manifestazione che non aveva nulla di critico, di politicizzato o di strumentale, ma che voleva essere soltanto un segnale, un sasso lanciato nello stagno, un semino piantato in un terreno che speriamo sia fertile, un esperimento che poteva rivelarsi un flop, una scossa ad un paese sonnolento e ripiegato su stesso, un tentativo di riappropriarsi di una dignità e di un senso di appartenenza che tra divisioni ed individualismi sembrava essere andato smarrito.

Eppure sin dall’inizio qualcuno poco attento, qualche altro disonesto intellettualmente, qualche altro perché forse si è sentito violato ha provato a dettare un’altra linea, interpretando a proprio piacimento e istituendo un processo alle intenzioni così virulento da non avere precedenti. Invece di provare a comprendere le ragioni e magari dare appoggio a una manifestazione che potrebbe sancire quel cambiamento di mentalità, da tutti auspicato e da pochi praticato, si è partiti con accuse, egoismi e supponenza.

Qualcuno forse temeva di perdere lo status di antimafioso, che per alcuni è un posto di lavoro, per altri una rendita di posizione, per altri ancora la chiave per accedere alle stanze del potere, anche di quello giudiziario, per altri una battaglia ideologica nobile e veritiera ma che non può certamente avere il carattere di esclusività, poiché i martiri mafiosi non appartengono solo ad alcuni, ma a tutta la gente onesta, anche di quella che magari si è svegliata più tardi di altri, maturando dopo sensibilità e sacrifici che altri hanno compiuto prima, ma che ha tutto il diritto di decidere di cambiare, o di provare a farlo, anche la città nella quale ha scelto di vivere.

  Eppure in tanti, partiti, sindacati, uomini dello Stato e delle Istituzioni non hanno voluto credere in questa voglia epocale di cambiamento, preferendo le verità che altri avevano deciso di far passare come dogmi, eppure sarebbe bastato poco, sarebbe bastato leggere i comunicati ufficiali, e non le baruffe personali sui social, o provare a incontrare gli organizzatori per comprendere che non era un corteo contro la Commissione Straordinaria, né contro le Istituzioni, né contro lo Stato, il corteo era il primo passo di un percorso che il comitato organizzatore vuole compiere, mettendosi al fianco della commissione per affrontare alcune delle problematiche più sentite dalla popolazione.

A tal proposito è stato già stilato un primo elenco di proposte di collaborazione, che saranno sottoposte alla Commissione Straordinaria nelle prossime settimane, e che avranno per oggetto temi come la raccolta differenziata, il funzionamento del canile, il mercatino di Triscina e la mensa scolastica. Sarebbe bastato fare due passi insieme al migliaio di cittadini che hanno deciso di metterci la faccia, leggere nei loro volti la voglia di riscatto, vedere l’allegria con la quale hanno partecipato mamme con i passeggini, nonni, famiglie al completo, giovani di tutte le età, professionisti e persone comuni, moltissime delle quali si sono aggregate strada facendo, leggere la commozione negli occhi di tutti quando è stato innalzato il tricolore o quando è stato intonato l’inno nazionale, o quando Don Giuseppe Undari ha ricordato le vittime della mafia o quando ha invitato all’unità cittadina per trovare le soluzioni ai problemi e per ripartire , o quando due giovani scout coraggiosi come Federico Ferreri e Giovannella Elia hanno gridato con forza il loro No al superlatitante Matteo Messina Denaro ed hanno condannato, senza se e senza ma, lui, i suoi sodali, il mondo e la sottocultura che essi rappresentano, tra gli applausi del pubblico.

Sarebbe bastato questo per comprendere la grande voglia dei castelvetranesi onesti di cambiare, mai negli ultimi 50 anni si era rinnegata la mafia attaccando senza paura la famiglia mafiosa locale ed i suoi sostenitori, e per un corteo che non doveva lasciare tracce crediamo proprio che più che una traccia si sia scavato un vero e proprio solco che dovremo essere bravi a far diventare una voragine dove cacciare dentro il malaffare e da dove riemergere con un animo nuovo. Questa è la sfida che abbiamo lanciato, e che ci piacerebbe venisse raccontata anche da quella stampa prodiga a sottolineare le storture, e che in futuro speriamo saprà registrare i cambiamenti che ci saranno.

P.S. : Il presidente della Pro Loco Pier Vincenzo Filardo ha deciso di donare alla civica amministrazione un murale realizzato su legno, dalla moglie Lia Calamia, recentemente scomparsa, perché possa essere collocato in un locale comunale a futura memoria di questa giornata e dei frutti che potrebbero arrivarne. Per dovere di memoria va ricordato che questo quadro venne realizzato qualche anno, fa nel corso di una manifestazione organizzata da Libera, allora presieduta dalla dottoressa Teresa Nardozza Buccino, insieme ad altri murales realizzati invece sulle mura perimetrali del parcheggio comunale Salinas di via Filippo Cordova.

  Questa parte dell’articolo è strettamente personale e mi scuso con i lettori se parlerò di una vicenda personale, ma mi impegno a rispettare il patto con chi mi legge che sarà la prima e unica volta, chi volesse proseguire nella lettura potrà farlo o meno. Sono stato a lungo combattuto se scrivere o meno queste righe, poiché non è mio costume entrare in polemiche sterili e improduttive , perché una cosa è la naturale diversità di opinione e la libertà di poterla esprimere, sancita dalle leggi morali e da quelle dello Stato, altra cosa sono gli attacchi ed i tentativi di far male ad una persona ed alla sua famiglia con bassezze e insinuazioni che poco hanno a che fare con la normale dialettica alla quale non mi sono mai sottratto, ospitando su queste pagine chiunque esprimesse con garbo ed educazione il suo pensiero.

Eppure ci sono state persone, alcune delle quali consideravo amiche, che non essendo riuscite a farmi derogare dalla consegna del silenzio, hanno deciso di attaccare mia moglie, estrapolando un commento ad un altro commento, da un vecchio post nel quale la stessa  stigmatizzava degli articoli giornalistici offensivi nei miei confronti, facendolo passare per una valutazione nei confronti di un componente della commissione straordinaria, che mai si è sognata di criticare. Qualcuno l’ha definito addirittura mafiosa, qualcun altro ha detto che da madre di figli non poteva non inorridire al pensiero degli omicidi di mafia e tanto altro veleno, del quale i responsabili risponderanno nelle opportune sedi giudiziarie.

Addirittura un giornalista, regolarmente iscritto all’ordine, ha riportato questa sciocchezza immane, in un suo articolo dimenticandosi la prima regola che un giornalista deve osservare che è quella di verificare la veridicità delle notizie che pubblica.  Mi auguro che gli autori di tali nefandezze, abbiano almeno il coraggio di chiedere scusa per il male che hanno arrecato ad una persona che nulla aveva a che fare con l’organizzazione di questa manifestazione e che è una delle persone migliori che abbia mai conosciuto, e non lo dico certamente perché sia mia moglie.

Scusate se mi dilungo ancora ma voglio chiarire un’ultima cosa, faccio sempre con entusiasmo, e senza timore di metterci la faccia,  le cose in cui credo. Non ho mai delegato nessuno e non sono mai stato ostaggio di nessuno. Ho avuto la fortuna di essere un uomo libero, spero di continuare ad esserlo. In questi giorni mi è stato dato del fantoccio, del coordinatore di volontà altrui, di chi strumentalizza le cose per un suo tornaconto. Che lo abbiano fatto persone comuni o rappresentati di partiti o associazioni passi, ma che nel giochetto siano caduti anche  certi giornalisti, pur di strumentalizzare un corteo riuscito poi nel migliore dei modi e che ha fatto incontrare la gente perbene di questa città che ha detto con forza No alla mafia, è molto più grave.

Non ho voglia di polemizzare con nessuno ,  ho apprezzato  la pacata nota dei Commissari, nella quale viene mostrata la volontà di aprirsi al territorio e non ho paura a scrivere dell’immutata stima per Felice Errante, uno degli amici più cari che ho, non foss’altro per la riconosciuta sua correttezza ed integrità morale. Le oramai rare volte in cui ci incontriamo, non parliamo di vicende legate al Comune, che a lui non interessano più da oltre un anno (vai a dargli torto) e delle quali invece io mi occupo giornalmente per il lavoro che faccio.

Non si occupa di cortei e di manifestazioni pubbliche, non mi detta l’agenda, non gli chiedo consigli e non attendo il suo parere per quello che faccio. Si rassegnino i mezzi uomini che scrivono maliziosamente il contrario, da oggi non rientreranno più tra le mie letture quotidiane. Ad maiora   Alessandro Quarrato

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