Si chiude il premio Veneziano con la proiezione di Migrantes, un docufilm sull’immigrazione

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
31 Agosto 2018 08:41
Si chiude il premio Veneziano con la proiezione di Migrantes, un docufilm sull’immigrazione

Si chiude questa sera, Venerdì 31 agosto,  la quattordicesima edizione del Premio Pino Veneziano con la proiezione di Migrantes, un ispirato docufilm della giornalista e fotografa Anna Maria Del Ponte che converserà col Prof.

Karim Hannachi dell’Università Kore di Enna, con Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo, con Giacomo Tranchida, Sindaco di Trapani e con Valentina Richichidell’Istituto Euro Arabo.

Questo lavoro di Anna Maria Del Ponte” - dice Umberto Leone, Presidente dell’Associazione Selinunte Cunta e Canta – raccontale migrazioni come atti naturali di tutti i processi di cambiamento non solo nell’evoluzione umana ma anche in quella animale e vegetale. Un punto di vista molto interessante su cui ci sembra significativo non farsi sfuggire l’occasione di discuterne”.

Nel corso della serata, per la sensibilità dimostrata sul problema dell’immigrazione attraverso le dichiarazioni  di apertura dei porti alle navi che soccorrono i migranti, verrà conferito un riconoscimento speciale ai Sindaci delle città  di Palermo e di Trapani.

L’appuntamento è alle ore 21,00 nel giardino della galleria Pensiero Contemporaneo, sede dell’Associazione, situata davanti l’ingresso del Parco Archeologico di Selinunte in via Pirro Marconi.

Notizie e approfondimenti: www.premiopinoveneziano.org

Infoline: 339 5910804.

 

RICORDI “ECCELLENTI”

tratti  da  Di  questa  terra  facciamone  un  giardino,  tributo  a  Pino  Veneziano,  a  cura  di Rocco Pollina e Umberto Leone.

Vincenzo Consolo:

«Mentre Buttitta e la stessa Balistreri cantavano una Sicilia e un’Italia del secondo  dopoguerra,  delle  lotte  contadine  e  dei  sindacalisti  uccisi  dalla  mafia,  della  seconda grande  migrazione  nel  centro  Europa  di  masse  di  braccianti,  Pino  Veneziano  cantava  l’atroce Italia  dei  roventi  anni  Settanta,  del  regime  democristiano,  della  corruzione  e  delle  stragi perpetrate dai fascisti»

Ignazio Buttitta:

«Un cantastorie che fa politica e la sublima con la poesia. Il suo discorso è semplice, popolare,  ma  convincente.  E  riesce  a  farsi  capire  dai  braccianti,  in  maggioranza analfabeti  e  semianalfabeti.  Gli  argomenti  sono  la  verità  cantata  da  popolano  a  popolano, senza inganni».

Ascanio  Celestini:

«La cosa che mi colpisce di Pino Veneziano è che uno di quei cantanti - artisti della cultura orale che in altre nazioni, per esempio gli Stati Uniti d’America, sarebbero diventati oggetto di culto, un po’ come Woody Guthrie o i padri del blues. Purtroppo in Italia si è perso questo legame con i nostri padri musicali della cultura orale».

Gaetano  Savatteri:

«La voce di Pino Veneziano fa affiorare l’incanto delle notti stellate, la risacca del mare, le poche case affacciate sulla spiaggia, la forza selvaggia di una natura che prendeva  il  sopravvento perfino  sulle  rovine  antiche.  Un  mondo  che  non  c’è  più.  Un mondo scomparso. La voce di Pino ci parla di quel mondo, di quel tempo. Ma non è una voce spenta.Non è una voce sopraffatta. Ci parla ancora. Ci cunta ancora canzoni».  

Enrico Stassi:

«Per molti di noi negli anni Settanta, Pino e Marinella di Selinunte erano  la stessa  cosa  e  potevamo  dire  allo  stesso  modo:  “Andiamo  da  Pino”  o  “Andiamo  a  Selinunte”. Sapevamo come sarebbe andata: avremmo mangiato da dio, alzato un po’ il gomito, avremmo ascoltato  le  canzoni  di  Pino,  suonato  e  cantato  insieme  a  lui, ci  saremmo  sentiti  ancora  una volta con un futuro davanti e tutto per noi.

Ma allora si viveva ull’onda e sulle emozioni del momento: il tempo dell’azione superava sempre quello, più lento, della riflessione. Ecco perché solo  in  questi  ultimi  anni,  tornando  indietro  nel  ricordo  e  grazie  al  contributo  di  Umberto (Leone)  e  dei  tanti  amici  di  Pino,  ci  si  è  resi  veramente  conto  di  quale  sensibilità  umana  e politica  fosse  ricco  il  suo  mondo  poetico,  di  quante  insospettabili  e  importanti  frequentazioni fosse punteggiata la sua vita, di quanto fosse necessario provare a raccontarlo e ricantarlo.

La memoria  di  Pino  Veneziano,  in  fondo,  è  la  nostra  memoria,  e  rimane  un  inutile  esercizio stabilire se eravamo la “meglio” o la “peggio” gioventù».  

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