Sequestro motopesca mazaresi in Libia, secondo l’A.P.I. il rilascio potrebbe essere legato ad un mistero…

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
06 Settembre 2020 10:48
Sequestro motopesca mazaresi in Libia, secondo l’A.P.I. il rilascio potrebbe essere legato ad un mistero…

In merito al sequestro dei due motopesca di Mazara del Vallo “Antartide” e “Medinea”, avvenuto lo scorso primo settembre a 35 miglia a nord di Bengasi da parte di una motovedetta libicai, abbiamo ricevuto una nota da parte dell’A.P.I. Associazione Progetto Isola “PRESENTE” che in questi giorni sta seguendo la vicenda da vicino grazie ad alcuni emissari del posto. Qualche giorno fa la stessa Associazione aveva ricevuto, in esclusiva, e pubblicato le foto di alcuni marittimi (complessivamente sono diciotto i marittimi mazaresi in stato di fermo, compresi Giacomo Giacalone e Salvo Bernardo dei due motopesca “Anna Madre” e “Natalino” che erano riusciti a sfuggire al sequestro) ) in compagnia di poliziotti bengasini, adesso la stessa A..P.I.

ha fornito le foto dei due motopesca ormeggiati a nel porto Bengasi (in foto copertina il m/p “Antartide”). Seconda la nota dell’A.P.I. la vicenda dei due motopesca e del loro possibile rilascio è legata ad un caso di cronaca  relativo al drammatico business dei migranti. Ecco quanto si legge nella stessa nota: “Sembra evidente lo scopo del sequestro, legato non tanto alla posizione delle barche nel preciso momento del fermo, notoriamente riconosciuta dagli arabi come ZEE libica, quanto al presunto “sgarbo Istituzionale” compiuto dal Ministro degli esteri Italiano Di Maio.

Poche ore prima del sequestro, infatti, il Ministro era a Tobruk (Cirenaica) in visita Istituzionale al Presidente del Parlamento Libico, Aguila Saleh ,“snobbando” il Generale Haftar, e causando così la presunta ritorsione. I nostri interlocutori Libici ci confermano ancora oggi le buone condizioni di salute dei marinai mazaresi i quali alloggiano, in stato di fermo, in una villa a pochi chilometri da Bengasi e separati dagli altri loro colleghi marinai di origine Tunisina. Ci informano altresì che la liberazione di equipaggi e barche potrebbe essere questione di pochissimi giorni (il condizionale è d’obbligo in questi casi) e probabilmente con multe che non dovrebbero esose, mentre di certo vi è che il pescato a bordo delle due navi è stato totalmente requisito dalle Autorità e già venduto nel mercato di Bengasi. Una questione pero sembrerebbe adombrare, in queste ultime ore, il percorso che dovrebbe portare alla conclusione positiva dell’intera vicenda ed è - come riportatoci dalla nostra fonte - la pressione che un gruppo di libici sta esercitando sulle milizie libiche del generale Haftar affinchè tengano in stato di fermo i nostri marinai fino a quando lo Stato Italiano non libererà dalle proprie carceri quattro uomini libici imprigionati. I fatti : quattro uomini, giocatori di calcio del campionato libico, sono attualmente detenuti presso le patrie galere Italiane, ingiustamente condannati, a dire dei libici, dal tribunale di Catania nel 2015 perché ritenuti responsabili del reato di tratta di essere umani e immigrazione clandestina in uno dei loro viaggi con i barconi. Tale notizia ha già fatto il giro a Bengasi e l’impressione che circola in città – sempre secondo la nostra fonte – è che tale pretesa(o forse sarebbe meglio parlare di ricatto), in qualche modo possa far allungare i tempi per l’agognata liberazione dei nostri connazionali”. Francesco Mezzapelle  

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