Pescatori finalmente a casa, gli abbracci non potranno essere scalfiti da nessuna violenza…

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
21 Dicembre 2020 11:20
Pescatori finalmente a casa, gli abbracci non potranno essere scalfiti da nessuna violenza…

Nel pomeriggio di ieri, presso la caserma della locale Compagnia dei carabinieri, dopo che in mattinata era approdati con i due motopesca Antartide e Medinea nel porto di Mazara del Vallo, sono iniziati gli interrogatori da parte del Ros, su delega della Procura di Roma diretta da Michele Prestipino, in merito alla prigionia e sulla dinamica del sequestro per i diciotto pescatori sequestrati a Bengasi per 108 giorni e liberati giovedì scorso. Fra i primi ad essere ascoltati, per diverse ore, sono stati Dino (Bernardo) Salvo e Giacomo Giacalone che in quella drammatica serata del primo settembre erano stati costretti con armi puntate dai militari cirenaici a bordo di una motovedetta (una di quelle donate qualche anno fa dall’Italia alla Libia per il contrasto dell’immigrazione clandestina) a scendere dai loro pescherecci, il “Natalino” e l’”Anna Madre” su un gommone nei quali già a bordo i comandanti dei due motopesca “Antartide” e “Medinea”, cioè Michele Trinca e Pietro Marrone.

Intenzione dei libici era quella di portare a bordo della motovedetta i comandanti dei quattro pescherecci (Dino Salvo era sceso sul gommone al posto del comandante del “Natalino”) e costringere pertanto le imbarcazioni a fare rotta su Bengasi. Ad un certo punto però il “Natalino” e l’”Anna Madre” si sono allontanati sfuggendo al sequestro. I miliziani di Haftar non avendo digerito la fuga dei due motopesca se la sono presa con proprio con Dino Salvo e  Giacomo Giacalone che sono stati picchiati.

Già prima del loro arrivo a Mazara del Vallo, via radio, erano emersi alcuni racconti di violenze subite nel corso della prigionia. Adesso vengono fuori altri particolari. Lo stesso Dino Salvo ha così raccontato a Salvo Palazzolo de La Repubblica:  “Un giorno, ci hanno fatto mettere di spalle, tutti in fila contro un muro. E hanno iniziato a urlare, abbiamo temuto il peggio. Poi hanno sparato in aria. Facevano segno che mi avrebbero tagliato la gola se non facevo tornare i due pescherecci che erano riusciti a scappare.

Un libico –ha continuato Salvo- ha cominciato a picchiarmi, con schiaffi in faccia e colpi alle gambe. Per tre giorni, ho zoppicato”. Lo hanno obbligato a chiamare il “Natalino”. “Li ho chiamati per radio, ho detto: 'Tornate, vi prego tornate, che qui mi consumano'. Ma non sono tornati. “Volevano vendicarsi su di me e su Giacomo Giacalone, il comandante dell’altra imbarcazione fuggita, l’Anna Madre”. Come dicevamo anche Giacomo Giacalone ha subito violenze fisiche e la prima ad accorgersene è stata fin dalle prime ore del sequestro la moglie Marika Calandrino.

 “il giorno dopo il sequestro dei pescherecci  –ci ha raccontato Marika- ho ricevuto una foto di mio marito e ho visto che aveva l’occhio destro semichiuso e la guancia arrossata, segno che aveva subito violenze”. Marika Calandrino conserva la foto con il volto del marito, “ma non posso mostrarla”, dice. “Mio marito è stato picchiato, i segni sono evidenti, inoltre gli hanno anche preso la fede che indossava al dito dal giorno del nostro matrimonio e che non si è mai tolta”. Marika Calandrino ieri mattina al porto di Mazara del Vallo ha seguito con lo sguardo fisso il peschereccio a bordo del quale stava tornando Giacomo tenendo in braccio la piccola Gaia, la figlioletta di un anno e 5 mesi, Il 20 agosto la bimba quando il suo papà era partito per la battuta di pesca ancora non camminava e parlava adesso fa entrambi le cose e saluta con il manina il suo papà finalmente a casa.

Non vuole più staccarsi da lui da quando è arrivato, ha paura di perderlo nuovamente per molto altro tempo. Pertanto siamo riusciti, a fatica, a strappare un abbraccio fra Marika e Giacomo proprio all’ingresso della loro abitazione nel quartiere Trasmazaro. Un abbraccio che racchiude moltissimi sentimenti. Bellissimo. Un altro bellissimo abbraccio quello a casa della famiglia Salvo dove Dino ieri mattina è stato accolto a gran festa dalla moglie Cristina, dai suoi tre figli e dai parenti più stretti.

E’ stato accolto con uno striscione, dal fondo tricolore e con due grossi cuori, dove su scritto: “Il tuo posto è nella tua casa dove ti aspetta l’amore che ti meriti. La tua famiglia”. Poi è stata la stessa Cristina, in questi mesi divenuta la portavoce dei familiari dei pescatori sequestrati, a postare sul suo profilo facebook una foto con il marito con alle spalle un albero di Natale. Questi abbracci (in foto collage di copertina l’abbraccio fra Giacomo e Marika e quello fra Dino e Cristina) come tutti gli altri dei 16 pescatori con le rispettive mogli e figli, non potranno mai essere scalfiti dalla cattiveria degli uomini e dalla miopia dei governanti che nel tempo hanno permesso che dei semplici lavoratori possano essere fatti prigionieri, umiliati e calpestati i loro diritti.

Soltanto chi è stato al loro fianco per 108 drammatici giorni può comprendere il valore di questi abbracci (il resto fa parte del giornalismo spettacolo che a noi certamente non appartiene). All’indomani della grande festa ci sarà molto da lavorare affinchè i suddetti fatti violenza non possano più accadere. Francesco Mezzapelle

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