L’elzeviro di Bonagiuso: Lei non sa chi sono io e la munnizza

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
30 Luglio 2020 08:14
L’elzeviro di Bonagiuso: Lei non sa chi sono io e la munnizza

Sono di queste ore le vibranti dichiarazioni del sindaco Enzo Alfano, in merito alla gestione - per così dire - dei rifiuti da parte di "alcuni notabili" di "alcune ville" che da Triscina e da Selinunte non solo non conferirebbero in modo corretto (il condizionale in questi casi è sempre un obbligo) ma che addirittura ricorrerebbero ad intimidazioni nei confronti degli operatori ecologici tramite la più classica delle frasi: "lei non sa chi sono io". Si tratta, scavando tra le dichiarazioni e gli articoli di stampa, nientedimeno, che di membri della pubblica amministrazione i quali, di fronte all'evidenza di uno o più sacchetti di differenziata mal differenziata, avrebbero preteso lo stesso il ritiro del rifiuto minacciando l'operatore ecologico tramite il più classico degli principi di autorità.

Ma sembra che stavolta il lavoratore non si sia lasciato intimidire e abbia fatto presente l'accaduto. Non sono tardate le reazioni piccate del primo cittadino, i titoli sui giornali on line, i commenti dei followers, le maledizioni dei soliti heaters e le ulteriori lagnanze di assessori ed esponenti politici. Togliendo il condizionale, e dando per buona la versione offerta alla pubblica opinione, certamente anche noi saremmo tentati di aggiungere reprimende alle reprimende e stigmatizzare un fatto che è di per sè davvero deprecabile.

Non tanto quello di sbagliare nella differenziazione, che può capitare a chiunque, notabile o meno, ma quello di non volersi render conto dell'errore e quindi porre idoneo rimedio, ma anzi, alzare la posta e "buttarla in caciara" come direbbero in Accademia. Certo, non era da molto tempo che non sentivamo dire "lei non sa chi sono io", e ogni volta che riecheggia questa frase, scopriamo nuovamente che qualcosa nella pubblica amministrazione e nel senso civico non funziona, e che qualcuno si sente sempre più in alto delle regole stesse.

Ci sentiamo vicino quindi alla Amministrazione e alla collettività, e anche all'operatore che esercitando bene il suo lavoro è incappato in una tale volgare esperienza. E questo senza se e senza ma. Eppure, siamo uomini di mondo, e sappiamo bene che dietro quei numeri esposti dal sindaco (200 persone irresponsabili, i notabili delle ville, etc..) si cela il caso isolato, l'episodio, che assurto ad esempio pedagogico rischia di fomentare odio sociale più che senso di responsabilità. Comprendiamo che il caso non possa essere esposto, perché nessuno ha titolo a togliere il condizionale se non una autorità giudiziaria preposta, e quindi concordiamo nella "strategia" di volerne fare un caso pedagogico, esemplare.

Però, ci chiediamo, se dietro quella invettiva a qualche notabile, non si celi anche un po' di populismo che, forse, lo diciamo timidamente, non sia un motore di odio piuttosto che di pacificazione sociale. Se è vero che la differenziata va bene e che il 99% della popolazione sta seguendo le regole, perché tanto nervosismo fino a battere i pugni sul tavolo per pochi casi? Se questi notabili sono una minoranza così marginale forse non sarebbe il caso di affrontare le eccezioni come eccezioni? Ora non vorremmo che questa riflessione sembrasse una difesa degli incivili.

Non lo è. Anzi ne chiede una dura condanna non verbale ma amministrativa. È che forse in questa città non abbiamo bisogno di tigri da cavalcare, ma di muli e carri da trainare tutti nella stessa direzione. L'odio sociale è già stato manovrato e ha condotto a corde fin troppo tese. Forse è tempo di non cavalcare altro. Giacomo Bonagiuso

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