La vicenda dei 18 pescatori sequestrati a Bengasi e l’accordo di pesca “rinviato” tra Federpesca ed una società libica legata ad Haftar

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
20 Ottobre 2020 11:49
La vicenda dei 18 pescatori sequestrati a Bengasi e l’accordo di pesca “rinviato” tra Federpesca ed una società libica legata ad Haftar

Sono trascorsi ben 50 giorni dal sequestro, avvenuto il primo settembre, dei due motopesca di Mazara del Vallo, “Antartide” e “Medinea” a circa 35 miglia dalle coste libiche. Oggi, secondo fonti libiche, i diciotto pescatori (otto italiani, sei tunisini, due senegalesi e due indonesiani) che dall'8 Settembre scorso si trovano detenuti nel carcere di el Kuefia, a 15 km sud est di Bengasi, dovrebbero essere sottoposti al processo presso la Procura militare cirenaica con l’accusa di violazione della ZEE libica, istituita unilateralmente nel 2005, e che si estende 62 miglia oltre le 12 delle acque territoriali. Una questione annosa quella della Zona Economica Esclusiva (ZEE) libica che si rifarebbe alla convenzione di Montego Bay del 1982 che però la stessa Libia mai sottoscrisse.

In questi 50 giorni si sono registrati molti appelli per la liberazione dei pescatori e dei motopesca, l’ultimo appello, forte, quello di Papa Francesco domenica scorsa nel corso dell’Angelus. Il Governo italiano da parte sua ha sempre rassicurato familiari ed armatori sia sulla salute dei pescatori che sulla possibilità di risolvere la vicenda senza clamori ed in silenzio visto che in quel Paese non essendoci autorità diplomatiche italiane (l’ultimo rappresentante a Bengasi fu il Console Guido De Sanctis scampato per miracolo ad un attentato alla nostra rappresentanza diplomatica) opererebbe l’intelligence.

La questione dei pescatori in questi 50 giorni si è intrecciata con quella relativa ai 4 libici (riconosciuti in patria come calciatori) condannati dal Tribunale di Catania a 30 anni di carcere perché accusati di essere stati fra gli scafisti che provocarono la cosiddetta “strage di ferragosto” (2015) ove morirono 49 migranti; al di là delle voci sullo scambio fra i 4 libici e 18 pescatori non vi è stata nessuna richiesta ufficiale dal generale Haftar. Non furono credibili invece le accuse che i libici avrebbero costruito ad hoc in merito alla presenza di droga all’interno dei pescherecci, infatti di questo non se ne parlò più.

In molti fin dall’inizio del sequestro, anche che se il Governo e la Farnesina invitava ad non alzare mediaticamente la questione (l’errore commesso anche da rappresentanti istituzionali locali) per non compromettere le trattative (quali?), relazionarono lo stesso sequestro alla visita del Ministro degli Esteri Di Maio poche ore prima a Tripoli per un incontro con il Governo del GNA di El Serraj, riconosciuto dalla comunità internazionale, opposto a quello del generale Khalifa Haftar che attraverso l’LNA comanda in Cirenaica.

La vicenda del sequestro dei due pescherecci e dei 18 pescatori potrebbe essere però collegata ad un’altra questione, più strettamente legata alla materia pesca e al contenzioso sulla ZEE, avvenuta giusto un anno che vide protagonista la marineria di Mazara, Federpesca e le stesse Autorità marittime della Cirenaica. Riavvolgiamo il nastro.

Nella mattinata di sabato 7 settembre 2019 ci recammo presso il porto peschereccio di Mazara del Vallo dove una ventina fra armatori e pescatori manifestavano la loro rabbia per il grave episodio avvenuto nella mattinata del 6 settembre a circa 32 miglia a nord dal porto di Bengasi e che aveva visto un gommone con bordo militari cirenaici sparare in aria dei colpi di mitraglietta per far allontanare da quell’areale di mare un gruppo di nove pescherecci mazaresi: “Anna Madre”, “Grecale”, “Aristeus”, “Medinea”, “Fenice”, “Artemide”, “Gladius”, “Diamante” e “Antartide”; da notare che fra i nove i due motopesca ad oggi sequestrati e anche l’”Anna Madre” sfuggito al sequestro ma il cui comandante Giacomo Giacalone rimasto fra i 18 pescatori sequestrati.

Fortunatamente quel 6 settembre l’intervento in zona di una unità della marina Militare Italiana (il Governo italiano era formato da M5S e Lega) ha evitato il peggio e fatto desistere dal tentativo di sequestro i militari cirenaici. Nel corso del nostro servizio video al porto di Mazara, alcuni armatori oltre che chiedere fortemente un maggior servizio di vigilanza pesca da parte del Governo italiano, ipotizzarono (vi erano anche dei cartelloni affissi nel cancello di ingresso al porto) che l’azione intimidatoria nei confronti dei pescherecci mazaresi da parte di “presunti militari” fosse avvenuta a seguito della stipula di un precedente accordo (firmato il 12 marzo e reso operativo il 15 luglio 2019) fra Federpesca, attraverso una società maltese, con autorità cirenaiche, per permettere, dietro pagamento di una quota mensile e con l’obbligo di sbarco del pescato a Malta, ad un piccolo gruppo di pescherecci mazaresi, associati alla suddetta federazione facente capo a Confindustria, di pescare all’interno della contesa (già teatro di numerosi sequestri e di aggressioni ai danni dei pescherecci mazaresi) ZEE.

 

In merito all’accordo il sottoscritto contattò nelle ore successive alla manifestazione l’armatore Santino Adamo, presidente di Federpesca Mazara.“L’accordo –spiegò Santino adamo- è stato fatto da Federpesca con il Comando marittimo della Cirenaica, una società di intermediazione di Malta garantirebbe il rispetto dell’accordo. L’accordo vale 5 anni –ha aggiunto Adamo- prevede la pesca in quelle acque per 8 mesi l’anno, a bordo di ogni peschereccio ci sarà un osservatore.

In cambio la società proprietaria del peschereccio autorizzato a pescare in quelle determinate zone verserà 10.000 euro al mese ed 1,50 euro per ogni chilo di pesce pescato”. Santino Adamo infine ci ha disse che a ricevere l’autorizzazione fossero stati una decina di pescherecci, alcuni dei quali (“Filippo Adamo”, “Borriello”, “Francesco Giacalone”, “Andromeda”, “Aliseo” ed “Antonino Maria”) sarebbero stati già pronti a dare attuazione all’accordo.

Questo accordo –concluse il presidente di Federpesca Mazara- potrebbe essere l’apripista per altri accordi con altri Paesi rivieraschi, penso ad esempio all’Egitto. Bisogna prima conquistare la fiducia delle Autorità marittime di quei Paesi; con questo speriamo di avviare un dialogo di pace, bisogna mettere fine alla guerra del pesce”.

Nei giorni successivi da diversi rappresentanti armatoriali ed associazioni, vedi anche il Distretto Pesca, si sollevarono molti dubbi e preoccupazioni sulla possibilità di quell’accordo con una autorità internazionalmente non riconosciuta dimenticando la competenza esclusiva della Unione Europea in materia di pesca, pena una procedura di infrazione. Furono anche evidenziate preoccupazioni circa la sicurezza e l’incolumità dei marittimi e degli armatori che stavano peraltro rischiando sulla propria pelle pene molto severe per il loro operato

A tal proposito rispose lo stesso presidente nazionale di Federpesca, Luigi Giannini (in foto di copertina con le autorità militari cirenaiche in occasione della stipula dell’accordo), il quale rispondendo all’Agenzia Nova disse: “L’accordo “privato” tra Federpesca e la Libyan Military Investment and Public Works, agenzia d’investimento legata all’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) del generale Khalifa Haftar, “e’ perfettamente valido” e i primi pescherecci di Mazara del Vallo nelle acque antistanti la Cirenaica sono in arrivo.

Un accordo –tenne a sottolineare Giannini- di natura prettamente privata e sottoscritto autonomamente. Non poteva esserci un coordinamento (con le autorita’ italiane) per una ragione. Gli Stati membri dell’Unione Europea non possono negoziare ne’ concludere accordi di pesca perche’ c’e’ una riserva esclusiva da parte dell’Unione europea. Quindi non possono essere gli Stati membri, ma l’Ue o i privati a dover fare questi accordi. E Federpesca e’ un ente privato”.

Qualche giorno dopo, il 12 settembre, arrivò la notizia del “rinvio” dell’accordo tra Federpesca e l’autorità libica (ritenuta “illegale” dalla diplomazia di Tripoli); chissà che il Governo italiano non abbia “redarguito” la stessa Federazione ed invitato a “rinviare” (forse proprio a sospendere) l’accordo raggiunto con la Libyan Military Investment and Public Works, agenzia d’investimento legata all’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) di Khalifa Haftar.

Mentre i primi pescherecci mazaresi ormeggiavano nel porto libico di Ras-Al-Hilal come programmato dall’accordo sulla filiera pesca promosso dall’Investment Authority di Bengasi e da Federpesca -si legge in una nota di Federpesca sul suo sito- abbiamo considerato l’insorgere di molteplici e diverse sensibilità che avrebbero potuto compromettere il buon esito dell’iniziativa. Da un lato una inaspettata evoluzione del contesto, dall’altro una distorta e capziosa lettura dell’unica iniziativa civile posta in essere in una realtà cosi travagliata.

Con grande senso di responsabilità, abbiamo quindi convenuto sulla decisione di rinviare l’operatività dell’accordo”.

Non vorremmo che fra le cause del sequestro dei motopesca “Antartide” e “Medinea” (sfuggiti insieme ad altri 7 motopesca mazaresi al sequestro il 6 settembre 2019) e dei 18 pescatori non vi sia anche una sorta di “ripicca” delle Autorità marittime cirenaiche per il “rinvio” di quell’accordo con Federpesca.

Francesco Mezzapelle

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