LA CULTURA DELL’AMBIENTE NEL MONDO ANTICO

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
27 Giugno 2018 12:00
LA CULTURA DELL’AMBIENTE NEL MONDO ANTICO

E’ con Posidonio ( nome che circola parecchio al femminile in questi giorni a Castelvetrano e dintorni) che i Romani mostrano di aver recepito quale fu l’idea greca secondo la quale l’ambiente esercita una forte influenza sull’essere umano. Grandi personaggi come Virgilio, Properzio, Varrone ne furono consapevoli, tant’è che si spinsero ad affermare che la grandezza dei Romani scaturisse dall’azione dell’ambiente e da come essi stessi si rapportavano allo stesso. Non a caso ai Romani si devono la centuriazione, irrigazione, realizzazione di acquedotti, di un sistema viario e del limes.

Dall’altro lato solitudines e silvae delimitano lo spazio selvaggio. nella foto il filosofo Posidonio di Apamea detto di  Rodi I Romani  già erano consapevoli dell’enorme impatto ambientale che aveva la deforestazione, vista la sempre nuova conquista di terre per una popolazione che andava via via crescendo. Platone nel Crizia individuò nel disboscamento, nell’errato ed eccessivo sfruttamento delle risorse idriche l’aridità in cui si ritrovò l’Attica, un tempo ricca di pascoli, acqua e foreste.

La distruzione indiscriminata delle foreste favorì l’erosione che talvolta divenne irreversibile. Ed i Romani compresero il problema e cercarono di scegliere luoghi adatti alla costruzione di città, case, fattorie, edifici pubblici (basandosi anche sull’esempio ellenistico). Il locus amoenus ne è la contrapposizione tra città e campagna. Le guerre, la loro frequenza, l’inquinamento delle zone agricole e l’urbanizzazione ostacolarono il rapporto con l’ambiente. Nell’impero romano, in seguito alla conquista delle Gallie da parte di Cesare, prese avvio un processo di “romanizzazione”, grazie a preesistenti insediamenti gallici, gli oppida, in villaggi e città in cui vivevano sia Galli sia Romani.

Fra le colonie fondate dai Romani un ruolo preminente fu esercitato da Lione, Lugdunum, grazie al fatto di sussistere su un luogo strategico, alla confluenza del Rodano e della Saône. Agrippa, stretto collaboratore di Augusto, lo fece diventare il centro vitale del sistema stradale delle Gallie. Durante l’impero di Augusto, Roma era la città più popolosa ed estesa dell’Occidente. Circa 1 milione di abitanti (dei quali 600 mila “liberi” il resto schiavi e stranieri) nel 2 a.C. Quando Augusto salì al potere la città era in estrema crisi: zone degradate, incendi continui, alluvioni.

La grandezza di Augusto fu nel saper sfruttare la situazione per farne uno strumento di propaganda per un progetto piuttosto ambizioso inerente il rinnovamento urbanistico. Fu in quel periodo che vi fu il restauro del tempio di Giove, Giunone, Minerva, dell’antico tempio in onore di Vesta, della Basilica Emilia e del tempio di Saturno. Diede altresì il via a nuove costruzioni quali la nuova sede del senato, il Pantheon ed il tempio di Marte Ultore. Tiberio, che succedette ad Augusto, pose molta attenzione alla pulizia del fiume Tevere.

Istituì un organo composto da 5 senatori il cui compito era di vigilare affinché i cittadini privati non prelevassero l’acqua ed invadessero abusivamente le sponde del fiume, controllare la portata del fiume. A quei tempi arrivò ad avere undici acquedotti. Alla fine del I secolo, stando ad alcune testimonianze, poco meno del 20% dell’acqua prodotta era destinata alla casa imperiale, poco meno del 40% ad alcuni privati, su autorizzazione del princeps, mentre la restante parte alle fontane pubbliche.

Con l’imperatore Claudio proseguirono le opere di bonifica. La più rilevante quella del lago del Fucino in Abruzzo (per grandezza subito dopo il Lago di Garda ed il Lago Maggiore). A causa di frequenti esondazioni, con danni a colture e villaggi, l’imperatore fece costruire un canale dapprima superficiale, quindi sotterraneo per dirigere le acque del lago verso il fiume Liri. Nonostante la sua lunghezza (più di 5 km) la galleria risultò insufficiente e fu ampliata, cosa che portò al prosciugamento del lago.

Col tempo e quindi col progressivo abbandono, il canale non riuscì più ad arginare le acque del lago che tornò a riempirsi. Solo nella seconda metà del XIX secolo, con ulteriori interventi di bonifica il lago fu definitivamente prosciugato.   Elena Manzini

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