Il Senso del Natale di Francesco Saverio Calcara

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
25 Dicembre 2018 09:58
Il Senso del Natale di Francesco Saverio Calcara

Giorni che rincorrono giorni in una frenesia interminabile tra la nascita e la morte, lasciando sul terreno resti di amori che il vento cancella rapidamente. Giorni che uccidono giorni in un' eterna rinascita senza fine, in un ritmico rincorrersi di emozioni già viste e vissute mille volte. Non basta un Natale per mendicare amore o per credere in un Dio senza volto, non basta un giorno di festa per cancellare una vita sbagliata dove i propositi rimangono tali, giusto il tempo di un rapido scambio d'auguri.

Ferma l'attimo in cui il tuo cuore si emoziona per la nascita di un bimbo qualsiasi in un posto qualsiasi del mondo e nutri la tua anima di quel momento assoluto e personale. Qualcuno potrà chiedersi che senso abbia, oggi, celebrare il Natale dinanzi alle immagini di bambini denutriti, in balìa della guerra o addirittura morti? È possibile parlare di gioia quando gli orizzonti riecheggiano di grida minacciose e sconsolate? Lo scandalo della fame, l’odio razziale, il disprezzo della vita, la pedofilia, l’egoismo di classe oscurano i nostri orizzonti come una minaccia di morte.

Dinanzi a questo incombere di buio, che significato ha il Natale? Non è un controsenso celebrare con gioia una nascita, quando sulla terra un bambino su quattro non riesce a raggiungere l’età adulta? Una bozza di risposta ci è offerta da Dostoevskij. Nel racconto Il fanciullo presso Gesù, lo scrittore russo racconta una «storia» che gli «pare» di aver inventato, ma che in realtà ha sempre avuto l’impressione che sia accaduta realmente, la vigilia di Natale, in qualche immensa città, e con un terribile gelo.

Protagonista è un bambino, di sei anni o anche meno. Un mattino si desta in un sotterraneo umido e freddo. Ha fame e trema; sua madre giace inferma su un misero pagliericcio, immobile. Il buio gli fa paura e il freddo minaccia di assiderargli le dita. Approfittando della scomparsa di un cane minaccioso, esce in strada. Attorno a lui l’atmosfera è desolante: finestre chiuse e neve; ma laggiù ci dev’essere caldo, forse potrà anche trovare un pezzo di pane. Più avanti, una via larga e affollata: «Tutti gridano, corrono, a piedi o in carrozza, e quanta luce, quanta luce».

Dietro un vetro scorge una stanza e, in essa, un abete carico di lumi e di cose belle e gustose. Uno stuolo di bambini ben vestiti si rincorrono allegramente. Il piccolo guarda, incantato; e già gli torna il sorriso, ma deve muoversi perché le dita gli dolgono tanto da farlo piangere. Più in là vede un’altra stanza illuminata, e anche lì alberi e, su tavole, pasticcini di ogni sorta che quattro ricche signore distribuiscono a quanti entrano. Il bambino si fa avanti furtivo, apre la porta, avanza, ma tutti lo sgridano, agitando le mani verso di lui.

Una signora gli mette in mano un copeco e gli apre la porta per farlo uscire. Per lo spavento il copeco gli sfugge di mano, tintinnando sui gradini: non può piegare le dita arrossate per trattenerlo. Dove andare? Ha paura anche di piangere. Un ragazzaccio gli strappa via il berretto, lo colpisce sul capo e lo fa cadere per terra, mentre la gente strepita e grida. Mezzo intontito, si mette a correre, si rifugia in un cortile e si accuccia dietro un mucchio di legna: «Qui non potranno trovarmi, e poi è buio».

Mentre se ne sta raggomitolato e tremante, a un tratto un’onda di caldo lo investe; si addormenta mentre ascolta la sua mamma che si è messa a cantare, sopra di lui. «Vieni da me a vedere l’albero di Natale, gli mormora una voce sommessa. Egli non vede chi l’ha chiamato, ma qualcuno si è chinato su di lui e lo ha abbracciato nel buio; il piccino gli ha teso una mano e... e improvvisamente, oh, quale luce! Oh, che albero di Natale! [...] Dove mai si trova adesso? Tutto riluce, tutto splende, e tutt’intorno non ci sono che fantocci...

ma no, son tutti bambini e bambine, così luminosi, però, e tutti gli turbinano attorno volando, tutti lo baciano, lo prendono e lo portano con loro, e vola anche lui, e vede la mamma che lo guarda e gli ride gioiosamente». Esclamazioni di stupore, di gioia, sussulti di amore per quella folla di bambini che lo attorniano festanti. Chi sono? donde vengono? «Ed egli apprese che tutti quei bambini e quelle bambine erano stati come lui»: assiderati, abbandonati, morti. «E tutti adesso erano lì, in veste di angeli, tutti presso Gesù, ed Egli era in mezzo ad essi e tendeva loro le braccia, benedicendoli insieme con le loro madri peccatrici...

E anche tutte le madri di quei bimbi erano lì, in disparte e piangevano; ciascuna riconosceva il suo bambino o la sua bambina, ed essi volavano verso di loro e le baciavano e asciugavano con le manine le loro lacrime, supplicandole di non piangere, perché essi erano tanto felici... E laggiù, all’alba, il portiere trovò il cadavere del fanciullo che, entrato di corsa, era morto di freddo dietro il mucchio di legna; scovarono anche la sua mamma... Era morta ancor prima di lui, ed entrambi si erano incontrati in cielo, presso il Signore Iddio...» Di fronte a ogni bruttura, occorre dunque avere il coraggio della fede: il coraggio cioè di oltrepassare le nebbie dei nostri orizzonti storici e di fissare lo sguardo oltre.

Scriveva il cardinal Biffi che la luce seguita dai Magi, la luce che svegliò i pastori, è la luce nuova che indica la vita grande e piena che deve tracciare il cammino del cristiano. E’ di nuovo Natale, il giorno in cui non ricordiamo un evento lontano nella Storia ma in cui il Creatore si fa creatura, il giorno in cui la tenerezza di Dio scende sull’Uomo e sul suo cammino. Giunge a noi la Buona Novella che conforta i cuori, che consola gli afflitti e solleva chi è caduto, che dona dolcezza, tenerezza, la forza dell'Amore che s'incarna e trasforma il mondo.

Non il ripetersi di una tradizione e di una ritualità dovuta solo al succedersi degli anni sul calendario, ma incendiata dalla tenerezza del Bambino nella culla che commuove e ci interpella, uno per uno. Questa è la vera essenza del Natale ed è questo l'augurio che di cuore rivolgo ai lettori affinché viva in ciascuno, giorno dopo giorno, il senso stesso della vita. Francesco Saverio Calcara  

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