Elena Manzini continua a raccontarci delle violenze subite da Alice…

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
18 Novembre 2019 08:40
Elena Manzini continua a raccontarci delle violenze subite da Alice…

La vita di Alice non è stata facile sin dalla tenera età (così come quella della sorella Alessandra) unitamente a quella della madre (Virginia) ,quest’ultima dovette sposare (per quegli usi e consuetudini che diventano come leggi, tipiche dell'ignoranza) una persona di cui non era affatto innamorata, troppo distante da lei per il modo di vedere la vita. Nonostante tutto la madre di Alice acconsentì a questo matrimonio combinato (non stupiamoci di quando ci viene riportato dai media per quanto accade in Pakistan, Afghanistan, capitò e capita ancora pure in Italia), cercando di essere una buona moglie ma ancor più una brava madre.

Purtroppo (è il caso di scrivere, perché il peggio lo si scoprirà leggendo) da quel matrimonio di finto amore nacquero due belle bambine. Alessandra e dopo un anno e mezzo Alice. Non sia mai!!!! "Masculi doveva partorire!!!" Così potevano aiutare in campagna. Come se le donne non ne fossero capaci. Mi si passi l'esclamazione..."O pirla!" Certo è un tipo di lavoro che deve piacere, ma a delle bambine può anche non piacere...è normale che preferiscano giocare con le bambole, stare con le amichette, giocare come fanno tutti i bambini.

Ho voluto porre alcune domande ad Alice perché mi risulta incomprensibile che per tanto tempo nessuno abbia fatto nulla per queste tre donne, nessuno si sia scandalizzato...come se la violenza in famiglia fosse cosa "normale". "Che ricordi hai della tua infanzia?" " Non ho tutti i ricordi della mia infanzia, perché, secondo me, molte cose le ho rimosse come per annullare la presenza dell'orco. I ricordi più belli sono legati al rapporto con mia sorella e mia madre.

Mi ricordo che quando eravamo in casa noi tre, noi figlie chiedevamo sempre: "Ma papà dov'è?". Il papà non c'era mai: o era in servizio (faceva il ferroviere), o in campagna, o dai fratelli o dalla madre. Era un padre latitante.” "Come si comportava con tua madre?" "Il loro rapporto era fatto di profonde incomprensioni. Mia madre è una donna molto sensibile, introversa, che ama l'arte, la cultura. L'unica cosa che lui ama è la campagna" "Che tipo di matrimonio è stato?" "E' stato un "matrimonio portato".

Ai tempi si usava che l'uomo innamorato di una donna andasse dal padre della donna e chiedesse di fidanzarsi per poi sposarla. Mia madre però era innamorata di un altra persona. I miei nonni non gradivano quella relazione. Così mia madre, delusa, pensò "qualsiasi uomo verrà io amerò sempre uno, lo stesso", cosa che ci confidò anni dopo. Il problema sorse quando nacquero due figlie: quel padre non ha mai sopportato questa cosa. Ci faceva portare dal parrucchiere per farci tagliare i capelli perché lunghi non andavano bene.

Come se odiasse la nostra femminilità.” "Vi portava in campagna a lavorare?" "Capitava, il suo intento era quello di condurci a lavorare come lui. Non che ci fosse nulla di male, ma per noi la campagna era quella cosa che ci portava via nostro padre. Anteponeva la campagna, il lavoro alla famiglia. Anche durante le feste come Natale, Capodanno, Pasqua lui arrivava sempre dopo, con la scusa che era passato a vedere la campagna.” "Vi ha mai fatto qualche complimento vostro padre?" "Mai, mai, mai.

Ricordo che prima che diventasse violento contro di me, si scagliò contro mia sorella. Nella fase dell'adolescenza lei aveva avuto accenni di anoressia. Soffriva per questo atteggiamento da despota, da tiranno, le liti, i maltrattamenti psicologici nei confronti di mia madre. Mio padre non la sopportava per tutto quello che lei era, quella persona amante dei libri, delle cose belle, della cultura, della musica." "La vostra vita poteva considerarsi tranquilla quando?" "Noi stavamo bene quando lui non c'era.

Quando lui ritornava a casa io e mia sorella scappavamo nella nostra camera. Quasi mai si pranzava o si cenava assieme. Mia madre era considerata una serva. A volte, anche di notte sentivamo urla perché lui voleva avere rapporti sessuali. Mia madre però non sopportava più la vicinanza di quell'uomo, di quel corpo.” "Le violenze quando sono iniziate?" "La prima vittima fu mia sorella di un anno e mezzo più grande di me. Nell'età dell'adolescenza: la ferocia con cui la colpiva con le mani...incredibile.

Una volta lei spaventatissima salì al quarto piano del palazzo dove abitiamo e dove abitava mia nonna. Lui salì, la fece cadere dalle scale, la portò in casa, la picchiò e le tagliò tutti i capelli con le forbici. Io ero come inebetita...nessuno fece nulla. Io, essendo piccola non capivo il significato di certe parole ma dicevo a mia madre: "Mamma ci sta facendo violenza carnale", ma lei, soggiogata e terrorizzata da questo personaggio, mi rispondeva che non era così. A causa del malessere che ci portavamo dentro abbiamo avuto problemi con la scuola, i rapporti con l'altro sesso erano problematici.

Il mio "turno di violenze" iniziò quando, come qualsiasi altra ragazza o ragazzo, cominciai ad uscire con gli amici e magari andavo in discoteca e facevo un po' tardi; al mio ritorno mi attendeva il classico massacro. Una volta nutrivo una simpatia per un ragazzo, si usciva assieme...ed erano sempre botte. Nessuno ci ha mai aiutato a denunciare queste cose, non c'era la cultura, era come legalizzato subire percosse. Poi per qualche anno non accadde più. Ma il peggio doveva ancora venire...” "Cosa intendi dire?" "Un giorno incontrai una persona, Saverio, che seppe restituirmi la fiducia negli uomini.

Si scatenò la furia paterna. Saverio aveva avuto problemi con la giustizia. E mio padre me lo rinfaccia ancora. Io ero ribelle e forse lui temeva avessi scoperto i suoi lati deboli. Ma in Saverio e nella sua famiglia avevo trovato quell'affetto che mi era sempre mancato, quel rapporto familiare che avevo sempre sognato. Tutta la famiglia di Saverio mi trattava come una figlia, mi hanno amato e protetto. Io e Saverio affittammo una casa a qualche chilometro da Omertopoli. La nostra relazione durò 10 anni.” "L'abbandono della casa di famiglia cosa provocò in tuo padre?" "Dopo i primi tempi, decise di lasciarmi in pace, soprattutto per un suo tornaconto.

Non mi doveva mantenere, non ero più un peso. Se ne poté lavare le mani di me. Con mia sorella invece, crescendo, cambiò l'atteggiamento: lei porta il nome della nonna paterna e quindi n un certo senso un privilegio. Le comprò l'automobile, le pagò il matrimonio." Elena Manzini (Fine Seconda parte segue)

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