Conclusi i lavori di restaturo alla Porta di Mare, gli operai smontano le impalcature. La storia raccontata da F.S. Calcara

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
08 Ottobre 2019 07:36
Conclusi i lavori di restaturo alla Porta di Mare, gli operai smontano le impalcature. La storia raccontata da F.S. Calcara

Ieri sono iniziati i lavori di smontaggio delle impalcature che erano state montate per consentire i lavori di restauro della Porta di Mare,  che era stata interessata da alcuni crolli di calcinacci che avevano portato alla chiusura dell’importante asse viario per qualche mese. Poi l’intervento della Soprintendenza che ha finanziato l’opera per un costo di circa 80mila euro, con lavori che sono stati diretti dall’architetto Vito Vaiarello e realizzati  dall'impresa Marino Rosario di Mazara del Vallo.

Di seguito un contributo che è uno stralcio da “La Città Palmosa” II vol. di prossima pubblicazione scritto da Francesco Saverio Calcara, Aurelio Giardina, Vincenzo Napoli A proposito di Porta di Mare: A Castelvetrano non esiste nessuna porta Garibaldi, giacché nessun atto amministrativo designa così quella che deve essere, invece, chiamata Porta di Mare, costruita sotto il principe Diego d’Aragona nel 1626, così detta perché da essa si raggiungeva, attraverso la via di Bresciana (con le sue diramazioni: di Sotto, e di Sopra) o la via della Torre di Polluce (oggi via Errante Vecchia), il litorale su cui la città esercitava – da Torretta a Porto Palo – la sua giurisdizione.

Essa era anche denominata Porta San Francesco d’Assisi, per via dell’omonima chiesa e annesso convento che sorgevano appena fuori di essa, o anche Arco dell’Immacolata a motivo del culto zelato dai Francescani nella predetta chiesa. Giova precisare che – contrariamente a una certa vulgata – Garibaldi non ebbe mai a passare sotto questa porta, essendo arrivato a Castelvetrano il pomeriggio del 21 luglio 1862 dalla via di Trapani ed essendo ripartito poco dopo per la via di Palermo (zona nord della città).

La realizzazione della porta venne a costare onze 186.6., e si deve al murifabbro Vito Lasparacia che si aggiudicò l’asta pubblica tenuta nella casa giuratoria l’8 marzo 1626. L’anno successivo, si collocarono due belle colonne in pietra di Trapani da servire a riparo alla sudetta porta per non infrontarsi carrozze e guastarsi . Nel tempo, la porta subì vari danneggiamenti, tra cui ricordiamo quelli causati da un fulmine l’8 settembre 1791 , cui seguirono pronti ripari, e altri che lentamente ne avevano compromesso la stabilità, tanto che, nel 1847, il Comune dové intervenire, incaricando l’architetto Gaspare Viviani a redigere apposita perizia pei necessari restauri.

Dieci anni prima, nel 1837, essendo stata Castelvetrano preservata dal colera per l’intercessione, come si disse, di S. Giovanni Battista, suo principale protettore, parecchie edicole, a spese del popolo, sia in città che in campagna, furono dedicate al Santo. Fra queste, una fu addossata alla muraglia laterale della porta, ad opera dei maestri Pietro Curiale, Giovanni Bruno e Gaetano Maggio, come attesta un documento della Curia Foranea di Castelvetrano del 3 novembre di quell’anno. Successivamente, il vescovo Luigi Scalabrini assentì a che detta edicola e sua immagine fossero benedette, assegnando 40 giorni di indulgenza a quanti, avanti ad essa, avessero divotamente recitato un Pater, Ave e Gloria, come fu inciso su una pietra bianca posta al centro dello zoccolo di detta cappelletta.

Oggi, di tale edicola si è persa ogni traccia, essendo stata smantellata, forse negli anni Venti del secolo scorso, giacché tracce di essa si vedono ancora in una rarar foto del 1917. La porta è costituita da un arco a tutto sesto con bugne alternate, verrucate e lisce. Lateralmente, su un alto basamento, presenta due lesene che finiscono con due capitelli compositi, collegati in alto da architrave, fregio e cornicione. Su di essi poggia un coronamento con pennacchi e due volute laterali di raccordo.

I fornici sottostanti, aperti a metà Novecento, costituiscono elementi complementari che conferiscono ulteriore risalto a quello centrale. La facciata interna non propone elementi di particolare rilievo. Su quella esterna, fu apposta una lapide marmorea che così recita: DEO OTP. MAX.MO PHILIPPO IV REGE DIDACO P.O CASTR.NI PRI.PE PALMOSA SELINE DELETA, FVGACES N(OST)RIS VETERANIS IVRE SE CÕ(N)CIVES DEDERV˜(N)T. QUA P(RO)P(TER) INSIGNIA, AQUARV˜(M)QUE P˜(RO)FLVVIA REASSVMẼ(N)DA PRISCI, NV˜(N)C AD P˜(RAEDICT)OS EX- CELLẼ(N)TISSIMOS INGRESSVS MOENIA, AC PV- BLICAE OFFẼ(N)SAE TVTELÃ(M), ADITV DECO- RATA DR.

PETRVS FIMIA Ã(N)TONIVS MANGIA- PÃ(N)E GASPARE Ã(N)CONA Ã(N)TONINVS MAIO P(OPULO) P(ROPUGNANTE) INGENIOSE CVRARV˜(N)T A.D. MDCXXVI L’iscrizione si pone in ideale continuità con quella dell’epigrafe della fontana della Ninfa, riprendendo enfaticamente il motivo della filiazione castelvetranese dalla distrutta Selinunte, secondo uno stereotipo caro ai castelvetranesi del tempo, destinato a divenire uno dei luoghi comuni, seppure incerto, della locale storiografia. Il testo è poi interessante, in quanto contiene uno dei rari accenni, stante la documentazione ad oggi disponibile, alla esistenza di una cortina muraria (moenia) attorno alla città.

Ne proponiamo una possibile traduzione: A Dio Ottimo Massimo. Essendo re Filippo IV, Diego I principe di Castelvetrano. Distrutta la palmosa Selinunte, i fuggiaschi a buon diritto si fecero concittadini dei nostri veterani. Per la qual cosa, se gli antichi curarono cose mirabili recuperando i corsi delle acque, ora, rispetto ai predetti eccellentissimi esordi, il dott. Pietro Fimia, Antonino Mangiapane Gaspare Ancona, Antonino Maio, propugnandolo il popolo, si occuparono con perizia delle mura a tutela dal pubblico pericolo, avendone adornata la porta, nell’anno del Signore 1626 Va detto che la costruzione della porta, quale quinta urbana, si inserisce, come fastoso elemento di uno scenario continuo, forse spontaneo, forse programmato e voluto dall’ultimo grande principe dei Tagliavia Aragona, don Diego, che molto contribuì a dare assetto definitivo al territorio di Castelvetrano e alla sua organizzazione urbanistica, rimasta da allora, nonostante gli sfregi perpetrati soprattutto negli anni Settanta del secolo scorso, sostanzialmente immutata.

 

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