Cognomi dei figli, verso una scelta di eguaglianza tra i genitori

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
19 Gennaio 2021 09:32
Cognomi dei figli, verso una scelta di eguaglianza tra i genitori

La nascita di un figlio è sempre un evento bellissimo nella vita di una coppia che lo desidera e al momento in cui si deve dichiarare il nome ed il cognome appare chiaro come il nome sia oggetto di confronto e scelta ma il cognome no, nessun dubbio: il cognome è quello del padre. E’ giusto? Questa prassi è a passo con i tempi? Questa tematica desta interesse da tempo, cinque anni fa il Giudice delle leggi aveva bocciato l’impossibilità di attribuire il cognome della madre ai figli su accordo dei genitori, ed oggi la Consulta affronta il problema alla radice.

Difatti in un periodo in cui si cerca di livellare la disuguaglianza tra uomo e donna anche la scelta del cognome deve essere presa in considerazione e, ovviamente, deve diventare oggetto di disquisizione legislativa. Facciamo un passo indietro. Presso il Tribunale di Bolzano si è instaurato un procedimento civile volto a riconoscere anche alla madre il diritto di porre il cognome sul figlio in accordo con il marito. In quella occasione lo stesso Tribunale aveva chiesto alla Corte Costituzionale di pronunciarsi sul tema e, quindi, di dare un responso circa la costituzionalità o meno dell’art.

262 del codice civile. Articolo regola l’assegnazione ai figli solo del cognome paterno.La Corte nel decidere ha richiamato proprio la precedente sentenza della Consulta, la numero 286 del 2016, con la quale la Corte aveva affermato la possibilità per i figli nati nel matrimonio di prendere anche il cognome della madre in aggiunta a quello del padre se tra i coniugi vi è accordo. Tutto questo, cinque anni fa. Cinque anni fa il Giudice delle leggi aveva invitato il legislatore a porre in essere una riforma organica ispirata a criteri consoni al principio di parità legato alla questione del cognome da attribuire ai figli ma questo invito non è mai stato accolto, il legislatore è rimasto fermo.

Come spesso accade nel nostro Paese. Questo verdetto a suo modo era già rivoluzionario anche perché che era arrivato a quasi 40 anni di distanza dalla presentazione della prima proposta di legge in materia e dopo una condanna all’Italia da parte della Corte di Strasburgo. Oggi la Consulta sfrutta l’occasione per auto-interrogarsi sulla costituzionalità della norma del codice civile e far fare al diritto un passo avanti. La speranza è sempre stata che il Parlamento riuscisse ad intervenire per passare un colpo di spugna sulla impossibilità per la madre di dare al figlio sin dalla nascita il proprio cognome, la Corte intanto l’ha definita “una irragionevole disparità di trattamento tra i coniugi, che non trova alcuna giustificazione nella finalità di salvaguardia dell’unità familiare”.

Quella sentenza ha fatto da apripista per l’affermazione di un principio di parità. Se la Corte anche stavolta si dovesse pronunciare in favore della incostituzionalità dell’art. 262 cc l’Italia si metterebbe in linea con la giurisprudenza della Cedu. Lo Stato infatti ha sottoscritto il Trattato di Lisbona che, tra l’altro, vieta ogni discriminazione fondata sul sesso. E a Corte di Strasburgo ha condannato il nostro paese, ritendendo “discriminatoria verso le donne” e una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo l’inesistenza di una deroga all’automatica attribuzione paterna.

Il cambiamento dei tempi impone che si rifletta anche su un fatto storico a cui siamo abituati e che accettiamo senza tanti problemi e che ha in seno il seme della disparità tra i sessi…e tutto parte da un cognome, primo elemento importante di identificazione di un individuo, quindi tutto fuorchè questione banale… Siamo pronti per questo passo in avanti? La Corte in fondo sta decidendo Maria Elena Bianco

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