Appunti e storie castelvetranesi: La fiera della Tagliata

Redazione Prima Pagina Castelvetrano
Redazione Prima Pagina Castelvetrano
16 Settembre 2018 11:20
Appunti e storie castelvetranesi: La fiera della Tagliata

Sono iniziati ieri mattina i festeggiamenti della Madonna della Tagliata di Castelvetrano. Dopo il pellegrinaggio e le funzioni di ieri oggi il programma prevede le Sante Messe alle ore 9:30, 11:00 ed alle  18:30, mentre Lunedì 17, Martedì 18, Mercoledì 19 settembre le Sante Messe saranno alle 9:30 ed alle  18:30. La chiesa rimarrà aperta ai fedeli dalle 8:00 alle 12:00 e dalle 16:00 alle 21. Mercoledì 19 la Chiesa sarà chiusa dopo l’ultima messa. Di seguito un interessante pezzo di Francesco Saverio Calcara, Aurelio Giardina e Vincenzo Napoli sulla storia della Fiera della Tagliata : In riferimento alla vita economica e sociale nella seconda metà del secolo, è interessante soffermarsi sulla fiera che, si teneva, e si tiene tuttavia, nello spazio antistante l’antica chiesa campestre della Tagliata, fin dal 1759, la terza domenica di settembre.

La diffusione e la concessione delle fiere va considerata nell’ottica di una risposta istituzionale alla crescita dei commerci e alla specializzazione produttiva del territorio; esse si svolgevano prevalentemente al di fuori delle mura della città, in prossimità delle vie di maggiore comunicazione ed erano legate ai cicli produttivi dell’agricoltura. Se dunque la più antica fiera di S. Giovanni, che si svolgeva nel grande slargo, un tempo extra muros, di fronte la chiesa del Santo, era legata al ciclo del grano; la nuova fiera, che ha luogo a settembre, è da porre in relazione al ciclo della vite, coltura che andava sostituendo nel tempo quella cerealicola.

La fiera fu chiesta dal beneficiale della chiesa della Tagliata, don Antonino Spallino, con lettera inviata, a’ 17 agosto del 1758, al viceré, per via del Tribunale del Real Patrimonio. Il reverendo Beneficiale, ricordando che ogni anno, nella prima domenica successiva all’otto settembre, festività della Natività di Maria, si celebrava la ricorrenza della Titolare, e per riuscire detta festa con maggior pompa, aumento e concorso, ha pensato di farsi la fera per cinque giorni continui incominciando dal venerdì antecedente a detta festa per tutto il martedì seguente; quale fera non può riuscire di pregiudizio alcuno alle vicine Università come sono Campobello, Mazzara, Partanna, Santa Ninfa e Salemi ne’ quali non concide altra fera in detti giorni cinque... coll’uso e sorte di Bestiame, Merci, Pannime, argintieri, canapi, ed altri con poter vendere e comprare ogn’uno liberamente ed anco sorte di comestibili, potabili,legumi, vittovagli ed altri e di potere macellare ogni sorta di bestiame anco Bovina e Vaccina inutile e non atta al seminerio, colla franchigia di tutte le gabelle della Università...

[1]. Il Tribunal del Real Patrimonio si attivò immantinente, e con lettera del successivo 20 agosto scrisse ai giurati delle città interessate se cosa in contrario avessero e se l’era di pregiudizio la concessione di sudetta fera. Favorevoli furono le risposte delle Università, a parte la questione sollevata da quella di Partanna che riteneva troppo vicina la data proposta dal beneficiale Spallino rispetto al 15 agosto, giorno nel quale si svolgeva analoga fiera in quel centro.

Si advenne dunque alla scelta della terza domenica di settembre quale data nella quale celebrare la solennità della Vergine della Tagliata, e quale riferimento ai cinque giorni dell’invocata fiera. A seguito di ulteriore richiesta del detto canonico Spallino, del 4 gennaio 1759, il viceré concesse formalmente il permesso di tenersi detta fiera nei giorni decorrenti dal venerdì antecedente alla terza domenica di settembre, sino al martedì dopo tale domenica Furono ancora concesse le richieste franchigie, ma, su istanza dell’Università di Castelvetrano, l’esenzione dalla gabella del pelo fu accordata soltanto per due giorni, vale a dire il giorno della sollennità e la giornata seguente alla stessa. Nel medesimo anno, il detto beneficiale, Antonino Spallino, protestando le esigue rendite della chiesa, limitate a soli tre ducati annui, ed evidenziando le pessime condizioni in cui essa si trovava, indirizzò una supplica al principe per chiedere l’esenzione delle gabelle segreziali nel giorno della festa e in quello della sua vigilia, sui proventi della costituenda fiera di comestibile e putabile ed altri generi immuni delle suddette dogane acciò col provento di qualche elemosina solita a darsi dai Tenditori [i fieranti] potesse l’Esponente rimediare all’espressati bisogni...  Con lettera del 3 agosto 1758, il duca di Terranova accordava da Napoli la sua annuenza, incaricando il segreto di Castelvetrano a esperire gli atti conseguenziali[2].

In seguito, lo stesso sacerdote Spallino, con istanza del 31 agosto 1772, faceva rilevare che la limitazione della franchigia sulla gabella del pelo solamente pei detti due giorni, non ritornava né a vantaggio della chiesa né a vantaggio del commercio. E dunque, in seguito a reclami degli interessati, il detto beneficiale tornava a pregare S.E. e il Tribunale del Real Patrimonio, onde permettere che la fiera franca cominciasse col giorno di sabato, vigilia della festa, e terminasse il mercoledì successivo, e che la franchigia del pelo fosse concessa per tutti i cinque giorni.

Il viceré marchese Fogliani ed il Real Patrimonio, con determinazione dell’8 novembre 1772, disponevano di doversi, a cura dei giurati, farsi distinta e circostanziata informazione al Tribunale del Real Patrimonio su quanto chiedeva il reverendo Spallino, onde successivamente darsi le finali risoluzioni[3]. Giunti che furono tali chiarimenti, fu accordata in pieno la richiesta dello Spallino con dispaccio di S.E. e T.R.P.

del 1 ottobre 1772, come leggiamo al f. 19 del volume degli atti dell’Università, relativi a quell’anno. In una nota del 25 febbraio 1794, il canonico don Benedetto Calcara, rettore della chiesa pro-tempore, lamentando alcuni sconcerti relativi all’ordine della disposizione dei mercadanti nella detta fiera, ci informa della inveterata consuetudine per la quale solevano disporsi più vicini alla chiesa i pannieri, e dell’esistenza di un consuetudinario criterio di avvicendamento nell’eventuale venir meno di uno dei fieranti, per cui a questi subentrava il più prossimo.

Doveva ovviamente esistere una regolamentazione della fiera, se il 10 settembre 1799 il segretario del Real Patrimonio scriveva ai giurati di Castelvetrano per fare la pubblicazione relativa alla fiera della Tagliata, e ciò sulle istanze del sac. Giovanni Lentini, beneficiale della chiesa[4]. E ancora, con lettera del 10 dicembre 1801, il Real Patrimonio, su ricorso del beneficiale della chiesa, regolava i poteri del maestro delle detta fiera[5].

Apprendiamo inoltre che in origine i fieranti erano accolti colla loro merce in apposite logge di legno e che aumentandosi la sudetta fiera, col decorso del tempo pel maggiore concorso delli mercanti e non essendo sufficiente la legname ed attratto per la struttura della fiera... bisognò fare non puoche loggie di fabrica e così sono ben custoditi tutti li generi che si vendono, dall’acqua che potrebbe piovere e delli furti... Che tali strutture già sussistessero risulta confermato da una quietanza di z.

13.15.13, rilasciata dai maestri Vincenzo e Nicolò Palazzotto a don Francesco Castelli, qual tesoriere della chiesa, per la costruzione delle stesse, come per atto in notar Filippo Maria Curti a’ 5 ottobre 1783. L’esistenza delle logge è documentata, ancora agli inizi del secolo scorso, in una immagine devozionale dell’epoca. Tende e logge, dove si vendeva la più svariata mercanzia, sono pure ricordate dal poeta castelvetranese Nino Atria che, nelle Rimi juculani della sua Cialoma del 1909, dedicando una lunga composizione alla fiera della Tagliata, così dice: “Già li tenni su’ davanti, / di li soliti feranti, / cu nziridda e bummuliddi, / p’accurdari picciliddi: / e li loggi sunnu chini / di pignati e cunculini, / di cucchiari e cucchiaruna, / di furchetti e furchittuna; / di rinali e di cannati, / di buttigghi smirigghiati, / di piatta, di latteri, / di biccheri e cannileri; / di cuasetti, di scarpini, / di liacci e di tappini, / di cirotti, di picati / pi li beddi ‘nnamurati: / di spiruna, di stivali, / di siringhi e di vracali.

/ E cchiù sutta, di corpetti, / di pruvigghia e sapunetti; / di fadali riccamati, / pi li fimmini ‘mpupati; / di birritti e birrittuna, / di cammisi e di buttuna, / di cravatti mafiusi / pi li fimmini pastusi[6]. Altra testimonianza della presenza di dette logge ci proviene da alcune citazioni, per le quali su istanza del canonico Giovanni Ampola, rettore della chiesa, l’ufficio della Conciliazione ingiungeva, in data 21 settembre 1912, ai mercadanti Falcetta Giuseppe e Caltagirone Michele di pagare £7,50 per diritti di tre canne di appoggio di loggia presesi in più di quanto gli spettava in occasione della fiera della Tagliata, come da schede da noi rinvenute presso l’archivio parrocchiale di S.

Giovanni. Questa immagine della fiera, che assolveva ovviamente a una precisa funzione economica, si conservò tale fino agli anni Sessanta del Novecento; per ridursi gradualmente, con l’avvento della grande distribuzione e delle nuove dinamiche del commercio, a una mera ricorrenza tradizionale che si tiene, tuttavia, in vita perché legata alla venerazione, ancora profondamente sentita, verso la Madonna della Tagliata. Francesco Saverio Calcara Aurelio Giardina Vincenzo Napoli Stralcio del II volume de La Città Palmosa, di prossima pubblicazione [1] Archivio Storico Comunale (ASC), Atti, 1759-60 [2] ASC, Atti, 1757-58.

[3] ASC, Rollo IV, ff. 672-673. [4] ASC, Rollo VIII, doc. n. 467. [5] Ivi. [6] N. Atria, Cialoma, Tip. Ed. del Progresso P. Vinci, Campobello di Mazara 1909, rist anast. a cura del Circolo della Gioventù Soc Coop. r.l. e della Banca di Marsala SpA col patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Castelvetrano, 1989, p. 34. Foto per gentile concessione di Nino Centonze

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